Politiche ambientali e democrazia non vanno [sempre] a braccetto
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di Carlo Andrea Bollino



Non sempre la politica ambientale ottimale e il processo decisionale democratico vanno a braccetto. Talvolta, anzi, il processo decisionale di tipo democratico porta a risultati sicuramente peggiori di quello che sarebbe la soluzione ottima secondo la teoria economica.
Queste, in rozza sintesi, sono le implicazioni di un sofisticato filone di ricerca teorica condotto da Alberto Alesina e recentemente oggetto di un interessante dibattito al quale ho contribuito con un mio lavoro empirico (On the relative optimality of environmental policy instruments: An application of the work of Alberto Alesina, di Carlo Andrea Bollino e Silvia Micheli) alla Conferenza della International Atlantic Economic Society dell’aprile 2012.

La conclusione è sicuramente importante in linea generale per una migliore comprensione dei meccanismi di formazione delle politiche di intervento pubblico, ma è anche importante in linea pratica per il nostro Paese, visto che il professor Alesina esercita anche una considerevole influenza come opinion leader sulla stampa e usa la tribuna del Corriere della Sera per redarguire il Governo del professor Monti quando sbaglia.

Ebbene, il lavoro teorico succitato analizza quali sono gli strumenti di politica ambientale disponibili e con quale intensità verrebbero scelti da una maggioranza in una votazione di tipo democratico. Gli strumenti disponibili sono di due tipi: interventi basati sul prezzo, ad esempio tassazione; ed interventi basati sulla quantità, ad esempio vincoli, regole e permessi di emissione.
Il problema è che dal punto di vista della teoria economica un intervento di tassazione è in generale migliore di uno strumento vincolistico sulle quantità, ma una votazione democratica di un gruppo di agenti (con preferenze distribuite secondo un criterio ben definito) porterebbe a scegliere uno strumento sub-ottimale come quello del vincolo di quantità. Per chiarire con un esempio... [...]



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