Le rinnovabili con il varo del burden sharing
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di Giovanni Battista Conte | avvocato in Roma




Chiunque abbia seguito le vicende inerenti alle autorizzazioni di nuovi impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili ha avuto la netta sensazione che molte Regioni abbiano opposto per anni un rifiuto preconcetto a tali attività, basato essenzialmente su motivi paesaggistici e ambientali, senza tener conto della necessità di rispettare gli impegni che il nostro Paese aveva assunto a livello comunitario e internazionale. In pratica si può dire che abbia spesso prevalso una visione offuscata da localismi e quella sindrome comunemente definita nimby, rispetto ad una visione complessiva di tutela dell’ambiente attraverso una riduzione dell’uso di combustibili fossili.
A fronte di un tale atteggiamento era spontaneo chiedersi dove si sarebbero dovuti realizzare tutti gli impianti che ci avrebbero fatto raggiungere gli obiettivi di energia rinnovabile che l’Italia si era prefissata e, soprattutto, perché alcune zone dovessero sopportare tutto lo sforzo mentre altre persistevano in un atteggiamento di ostracismo.

Fin dal 2007, con la legge n. 244, si era previsto di definire la ripartizione fra Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano della quota minima d’incremento dell’energia prodotta con fonti rinnovabili necessaria per raggiungere l’obiettivo del 17 per cento del consumo interno lordo entro il 2020. Prevedendo, però, che in caso d’inadempimento da parte delle Regioni e delle Province autonome, si sarebbe dovuto attivare un potere sostitutivo da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Finalmente con il decreto 15 marzo 2012 (pubblicato nella G.U. 2 aprile 2012 n. 78) sono stati definiti gli obiettivi regionali per il 2020, prendendo in considerazione consumi elettrici, consumi per riscaldamento/raffreddamento e per trasporto. In questi obiettivi soltanto la Valle d’Aosta ha un obiettivo superiore al 50 per cento mentre Molise, Basilicata e le Province autonome dovranno superare il 30 per cento. Sono stati fissati anche degli obiettivi biennali a partire dal 2012, in modo da poter controllare l’andamento dell’incremento dei consumi di energia da fonte rinnovabile. A tale scopo, entro la fine di ogni anno il Ministero per lo Sviluppo economico dovrà provvedere alla verifica della quota di energia da fonti rinnovabili consumata, in modo da poter costantemente verificare l’andamento dei consumi.

Fra le altre cose, il decreto prevede che ove le Regioni abbiano subdelegato le autorizzazioni uniche ex art. 12 del d. lgs. 387/2003 alle Province, sarà comunque loro compito vigilare sull’applicazione delle norme vigenti in materia e, in caso d’inerzia, attivare i poteri sostitutivi. Tuttavia, secondo le nuove norme, le Regioni e le Province autonome possono inserire dei limiti massimi per ciascuna fonte rinnovabile in misura di 1,5 volte l’obiettivo previsto nel proprio strumento di pianificazione energetica. La disposizione chiarisce che gli obiettivi fissati sono da considerarsi una soglia minima il cui superamento è più che auspicabile e proprio per questo motivo il limite massimo deve essere almeno una volta e mezzo quello stabilito nella pianificazione. Inoltre, è previsto che in caso di forte concentrazione degli impianti da fonte rinnovabile non programmabile, su segnalazione dei gestori della rete circa la sussistenza di problemi di sicurezza per la continuità e la qualità delle forniture, si possano sospendere per un massimo di otto mesi i procedimenti di autorizzazione unica nelle more degli interventi di messa in sicurezza del sistema elettrico. È auspicabile che questa possibilità non venga sfruttata in quanto è noto che le procedure di autorizzazione unica non rispettano quasi mai i 90 giorni previsti e un ulteriore rallentamento non gioverebbe certo al raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Tanto premesso, il provvedimento mette in pratica una previsione che era già stata ampiamente considerata. Ciononostante, si auspica che la nuova normativa possa comunque rappresentare una spinta per le amministrazioni che potranno verificare costantemente lo stato di attuazione degli impegni assunti al fine di poter conseguire, su base nazionale, che il 17 per cento dell’energia consumata sia rappresentata da energia prodotta da fonte rinnovabile.