Pubblica utilità e disponibilità dei terreni
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di Giovanni Battista Conte | avvocato in Roma




Com’è noto, gli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile sono opere di pubblica utilità e pertanto possono, ove occorra, giovarsi della possibilità di ricorrere all’istituto dell’espropriazione. Il principio è dettato per la prima volta nell’art. 1 comma 4 della l. 9 gennaio 1991, dove si stabilisce che l’utilizzo delle fonti di energia (che in quella norma sono individuate come: sole, vento, energia idraulica, risorse geotermiche, maree, moto ondoso e trasformazione di rifiuti organici o di prodotti vegetali) è considerato di pubblico interesse e di pubblica utilità e le opere relative sono equiparate alle opere dichiarate indifferibili e urgenti ai fini dell’applicazione delle leggi sulle opere pubbliche. Il principio è stato poi ripreso dall’art. 12 del d. lgs. 29 dicembre 2003 n. 387, ma con la legge 23 luglio 2009 n. 99 – ferma restando la pubblica utilità per le opere di connessione – si è inserito l’obbligo di dimostrare la disponibilità dei terreni per gli impianti fotovoltaici e quelli a biomassa. La norma non brilla per chiarezza, in quanto non modifica le precedenti che hanno portata generale ma è chiaro il principio ispiratore che porta a tutelare la proprietà privata a fronte di impianti che non hanno una localizzazione necessitata, come potrebbero essere quelli idroelettrici.

Inoltre, il principio della pubblica utilità degli impianti di energia da fonti rinnovabili ha subito un nuovo colpo con l’approvazione delle linee guida nazionali (d.m. 10 settembre 2010) che impediscono l’accesso alla pubblica utilità per i proponenti che vogliano utilizzare la Denuncia inizio attività (DIA), ma oggi applicabile alla Procedura abilitativa semplificata (PAS), punto 11.4.
Tuttavia, in questo periodo la Regione Emilia Romagna ha ritenuto opportuno che già nel corso dell’istruttoria relativa alla domanda di concessione di derivazione d’acqua a scopo idroelettrico venga documentata da parte del richiedente di avere titolo sulle aree o sui beni interessati dalle opere e dalle infrastrutture connesse. Addirittura la prova della disponibilità dei terreni è richiesta a pena d’improcedibilità della domanda di concessione.

Ebbene, quanto affermato sembra frutto di un errore di interpretazione della normativa in materia di energie rinnovabili e andrebbe pertanto contestato. La Regione, infatti, confonde una procedura destinata al perseguimento di un obiettivo di derivazione comunitaria quale è la semplificazione degli iter amministrativi, e la trasforma in un ostacolo per lo sviluppo delle rinnovabili. Se la PAS costituisce un’alternativa più rapida dell’autorizzazione unica nel caso in cui si voglia realizzare un impianto idroelettrico e non si disponga del terreno, non si comprende perché non si potrebbe intraprendere comunque il procedimento dell’autorizzazione unica più lenta ma che può dar luogo alla dichiarazione di pubblica utilità e, in ultimo esame, alla costruzione dell’impianto. In realtà, in questo caso, l’Amministrazione si spinge ancora oltre, bloccando già il procedimento di concessione di derivazione d’acqua che è prodromico al successivo procedimento che consente la costruzione e l’esercizio della centrale.

Sembra, sinceramente, che i principi generali dettati dallo Stato in questa materia debbano essere interpretati in modo diametralmente opposto. La concessione di derivazione d’acqua deve essere assentita a prescindere dalla disponibilità dei suoli e successivamente sarà l’operatore interessato a decidere se sia il caso di avviare un procedimento amministrativo più lento ma che conduce, fra l’altro, alla dichiarazione di pubblica utilità o, invece, trovare un accordo con i proprietari dei terreni e procedere poi con maggiore speditezza.
Si noti che già la Regione Veneto aveva inserito in un regolamento la necessità di dimostrare fin da subito la disponibilità dei terreni (d.g.r. 1000/2004) ma è successivamente tornata sui propri passi rimuovendo quel requisito da quelli necessari per la richiesta delle concessioni. Si spera che anche l’Emilia Romagna si allinei rapidamente.