Pensando oggi al futuro dell'energia |
di Elio Smedile
Tra qualche centinaio di anni gli uomini non bruceranno più né petrolio, né carbone, né gas. Ciò potrà accadere sia perché essi adotteranno leggi che non ne consentiranno più l’estrazione dal sottosuolo per ragioni ambientali; oppure perché le risorse saranno esaurite. Ma questa distinzione è solo un dettaglio.
Così inizia il primo capitolo del saggio Powering the future: how will (eventually) solve the Energy crisis and fuel the civilization of tomorrow [Basic Books, 2011] di Robert Betts Laughlin, premio Nobel 1998 per la Fisica e docente all’Università californiana di Stanford. L’autorevolezza dell’autore e il titolo accattivante hanno fatto sì che nei pochi mesi trascorsi dalla sua pubblicazione il libro abbia suscitato to interesse e sia stato oggetto di numerose recensioni (per lo più positive). Tra le tante, cito per la sua originalità quella del giornalista di Discover Magazine Eric Powell, che lo ha sinteticamente definito un sardonic and vivid exercise in futurology.
E infatti, di una esplorazione nel futuro lontano si tratta, ma con una caratteristica del tutto peculiare: la sua scientificità. Solo uno scienziato qual è Laughlin poteva affrontare, basando le sue avveniristiche previsioni su fondate argomentazioni scientifiche, un tema (serio, ma troppo lontano nel tempo) che sembrerebbe più adatto ad una narrazione di fantascienza. Ed è lo stesso Laughlin che, nel descrivere la sua futuristica colonizzazione del fondo degli oceani da parte di un popolo di robot – operai impegnati in giganteschi cantieri per lo sfruttamento delle risorse energetiche marine – mette a confronto, con sottile ironia, le esplorazioni nell’immaginario dello scrittore ottocentesco Giulio Verne – ad esempio le grandi città sottomarine e le altre creazioni fantastiche (fisicamente impossibili) del romanzo di avventure Ventimila leghe sotto i mari – con gli scenari tecnologici da lui immaginati di una nuova generazione di macchine che operano negli abissi oceanici, comandati a distanza dall’uomo.
Naturalmente la scientificità degli scenari di Laughlin nulla toglie alla ovvia constatazione che due secoli sono un batter di ciglia per la storia dell’universo ma una eternità per l’impetuoso sviluppo tecnologico del nostro tempo. [...]
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