di Gian Vincenzo Fracastoro| Politecnico di Torino, dipartimento di Energetica
Un futuro senza più la preoccupazione di dover reperire approvvigionamenti energetici adeguati per un livello di vita accettabile, nonostante le turbolenze geopolitiche. Senza più cieli grigi di polveri velenose, senza depauperare le risorse della Terra e senza alterare delicati equilibri climatici planetari. Questo scenario idilliaco ad alcuni appare già a portata di mano, mentre ad altri sembra ancora remoto e forse irraggiungibile. Ad altri ancora, perfino non desiderabile.
Ma quando si aprirà davvero l’era delle rinnovabili? Quando, cioè, esse ricopriranno una quota apprezzabile o addirittura prevalente del fabbisogno mondiale di energia? Cominciamo col dire che nel 2009 le rinnovabili erano rappresentate ancora prevalentemente dalla fonte idroelettrica, che da sola copriva il 16,1 per cento del fabbisogno elettrico mondiale, ovvero circa il 6 per cento del fabbisogno energetico planetario. Tutte le altre rinnovabili elettriche messe assieme raggiungevano il 3 per cento del fabbisogno elettrico. Nell’ordine: l’eolico l’1,3 per cento, le biomasse l’1,2 per cento, il geotermico lo 0,3 per cento, i rifiuti lo 0,2 per cento e il solare fotovoltaico meno dello 0,1 per cento.
È più difficile conteggiare gli usi termici delle fonti rinnovabili perché sfuggono spesso alle statistiche. La prima e spesso l’unica fonte di energia (rinnovabile e non) dei Paesi poveri rimane la biomassa, che in diverse forme fornisce il 4 per cento circa dell’energia mondiale. Davvero trascurabile il contributo della geotermia e del solare termico.
Da questi dati il ruolo delle rinnovabili sembrerebbe essere quasi irrilevante, non soltanto oggi ma anche in prospettiva, considerando il modesto potenziale di crescita di idroelettrico e geotermico e i limiti della biomassa, legati alla competizione con il settore alimentare. Tuttavia, queste considerazioni potrebbero essere facilmente smentite da altri dati, statistici e non. Vediamone alcuni [...].
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