Così si innova l’idroelettrico
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di Antonio Negri e Guido Mazzà | RSE Spa, Ricerca sul Sistema Energetico



Le specificità dell’idroelettrico
Quello della generazione idroelettrica è un settore tradizionale e di tecnologia consolidata, tuttavia il suo mantenimento come primaria fonte energetica rinnovabile è legato al miglioramento delle prestazioni ambientali e in generale alla sostenibilità. Esso si inserisce infatti in un contesto sociale, politico e culturale in costante evoluzione, ed è necessario adeguarne la funzionalità ad esigenze e obiettivi in continuo cambiamento. Con il mutamento della disponibilità idrica (anche in relazione ai previsti cambiamenti climatici) e l’aumento del fabbisogno idrico, sono in crescita le situazioni conflittuali sull’utilizzo della risorsa acqua, mentre l’evoluzione socio-culturale e normativa pone standard di qualità ambientale sempre maggiori.
Di conseguenza, nonostante il riconosciuto elevato livello di maturazione del settore, esistono importanti fronti di sviluppo conoscitivo, di cui la ricerca scientifica si deve fare carico.
A livello europeo si è preso atto di tale necessità introducendo nella normativa (la Direttiva Quadro sulle Acque, o Water Framework Directive, WFD) l’invito all’adozione di un approccio multidisciplinare, indicato come “gestione integrata della risorsa idrica” (IWRM, Integrated Water Resource Management). Tuttavia l’IWRM, per come è stato introdotto, rappresenta un concetto piuttosto generale che necessita di una specificazione e di un approfondimento perché possa essere tradotto in pratica. Lo sviluppo e l’applicazione sperimentale di metodologie per la realizzazione fattiva della gestione integrata, multidisciplinare e condivisa della risorsa idrica, sono il tema principale delle più recenti call dei Programmi di ricerca europei, nonché di progetti già in corso, a cui RSE partecipa attivamente fornendo know-how multidisciplinare e strumenti innovativi.

Importanti prospettive di sviluppo sono assunte per il mini-idroelettrico, sul quale però risultano carenti gli studi di ampio respiro (a scala di bacino imbrifero o a scala nazionale) volti alla valutazione delle effettive potenzialità. Lo sviluppo del mini-idroelettrico non è tuttavia esente da problematiche di impatto ambientale e di utilizzo delle risorse e del territorio, come del resto - in misura maggiore o minore - tutte le fonti rinnovabili. Particolarmente sentita è dunque l’esigenza di disporre - da un lato - di strumenti agili, ma rigorosi e completi, di quantificazione degli impatti e - dall’altro - di metodologie per la valutazione comparata delle richieste di concessione, spesso concorrenti.

Per quanto riguarda la sicurezza delle infrastrutture idroelettriche, considerando che gran parte delle dighe esistenti ha ormai raggiunto o è prossima al termine della propria vita utile, con conseguente invecchiamento e degrado strutturale, è sempre più stringente la necessità di un’attenta e continua valutazione delle effettive condizioni di sicurezza, alla luce delle catastrofiche conseguenze che si potrebbero determinare a seguito di un eventuale collasso strutturale. Le metodologie e le pratiche di valutazione della sicurezza correnti necessitano di una profonda revisione e aggiornamento, soprattutto alla luce dei progressi ottenuti grazie allo sviluppo di metodi e di strumenti di indagine sempre più potenti, che hanno consentito al contempo di estendere il perimetro di indagine e di addentrarsi sempre più in profondità nella comprensione del comportamento dei materiali di cui sono costituite queste strutture. A conferma di ciò, la nuova normativa sulla sicurezza delle dighe, che sostituirà quella vigente dal 1982 ed è attualmente in fase di approvazione, prevede adempimenti molto più impegnativi ed onerosi e comporterà necessariamente un aggiornamento culturale da parte degli operatori.

Un altro importante aspetto da considerare, sia per quanto riguarda la sicurezza ma soprattutto per la gestione ottimale della risorsa e per lo sviluppo sostenibile dell’idroelettrico, è legato al progressivo interrimento dei serbatoi. La dimensione del problema si può leggere nelle stime relative alla perdita di volume utile provocata dall’accumulo di sedimenti negli invasi italiani, la quale oscilla fra lo 0,5 e l’1,1 per cento annuo, con picchi, in alcune situazioni, superiori al 10 per cento. Ciò rappresenta una perdita di 72 milioni di metri cubi l’anno, riferita ad un volume di acqua invasata per l’intero settore idroelettrico di circa 9 miliardi di metri cubi. Sono pertanto necessari periodici interventi di rimozione e smaltimento del materiale di interrimento, che comportano in generale rilevanti oneri, sia per i vincoli di gestione dell’invaso, sia per le conseguenze ambientali prodotte.
È quindi necessario lavorare allo sviluppo di nuove strategie, basate su tecniche innovative, per il recupero ottimale della capacità d’invaso dei nostri serbatoi, considerando tutte le problematiche (di carattere idraulico, strutturale, geotecnico e ambientale) che richiedono di essere valutate prima di qualunque tipo di intervento. Rimanendo ancora in tema di sicurezza, non vanno dimenticate le limitazioni all’esercizio dei serbatoi idroelettrici legate alle esigenze di laminazione delle eventuali piene: gli invasi artificiali creati dalle dighe, infatti, oltre alla funzione di serbatoio per la produzione idroelettrica, qualora abbiano un sufficiente volume possono costituire un mezzo per limitare gli effetti degli eventi di piena sul territorio a valle, fungendo da polmone, a spese tuttavia della piena capacità dell’invaso stesso e dunque della produzione. In questi casi, la disponibilità di uno strumento per la previsione delle piene consente di ottimizzare la loro gestione in modo da assolvere alla funzione di protezione, limitando nel contempo le perdite di produzione di energia. La previsione delle piene anche per invasi che, per limitate dimensioni, non possono effettuare laminazione, è comunque di utilità al gestore ai fini della sicurezza dell’opera.

La liberalizzazione del mercato elettrico ha da tempo imposto agli operatori una gestione degli impianti sempre più attenta alla valorizzazione dell’energia prodotta, accrescendo così le esigenze di previsione operativa della produzione. Per gli impianti idroelettrici ad acqua fluente (che garantiscono una quota rilevante, oltre il 40 per cento, del totale prodotto) questa esigenza è particolarmente sentita, anche se le soluzioni appaiono complesse, dipendendo dalle variabili meteorologiche, dal regime idrologico del territorio, dagli utilizzi dell’acqua a monte.
La crescente penetrazione di fonti variabili e non facilmente prevedibili, come ad esempio il vento, nei sistemi elettrici pone ormai ai gestori di rete problemi e costi crescenti per il bilanciamento dei carichi, la regolazione della frequenza, in particolare richiede la disponibilità di una quota crescente di generazione di riserva particolarmente flessibile per far fronte all’intermittenza della produzione eolica.
Dal momento che gli impianti idroelettrici, per le loro caratteristiche, sembrano i più adatti sia a fornire tale flessibilità d’intervento che ad accumulare nei serbatoi l’energia elettrica da fonte eolica prodotta in eccesso nei momenti di vento intenso e bassi carichi, diversi operatori del settore elettrico stanno valutando i vantaggi tecnici ed economici che un’integrazione ben studiata tra queste fonti rinnovabili potrebbe apportare sia al servizio elettrico sia alla gestione delle risorse idriche. Naturalmente questa valutazione richiede in primo luogo l’identificazione di quei problemi (impiantistici, d’impatto ambientale, di sostenibilità e di conflitto nell’uso della risorsa) che devono essere risolti affinché tale integrazione possa essere attuata in modo ottimale.


Gli obiettivi del Progetto Rinnovabili
Se osserviamo le analisi e le previsioni contenute nel Piano Nazionale d’Azione per lo sviluppo delle fonti rinnovabili si comprende agevolmente che, per il nostro Paese, accanto al supporto per lo sviluppo dell’eolico e delle biomasse (20 per cento ciascuno dell’energia elettrica prodotta al 2020), il mantenimento della generazione idroelettrica (i due terzi del totale al 2010 e ancora oltre il 40 per cento al 2020) deve costituire una sicura priorità.
Nei programmi di ricerca avviati nel 2009, finanziati dal Fondo Ricerca di Sistema, accanto a due progetti dedicati uno all’utilizzo energetico delle biomasse e l’altro allo sviluppo di celle solari a concentrazione ad alta efficienza, RSE ha in corso un progetto specifico finalizzato a supportare lo sviluppo delle fonti rinnovabili nel nostro sistema elettrico.
Il Progetto Rinnovabili (da poco entrato nel suo terzo e ultimo anno di attività) si è posto - tra gli obiettivi principali - quello di contribuire al mantenimento della quota di generazione idroelettrica attuale, garantendo altresì una gestione più sicura delle infrastrutture, oltre a quello di promuovere lo sviluppo della generazione eolica su terraferma a basso impatto, inclusa quella mini-eolica, supportando nel contempo la realizzazione di centrali offshore.

Inoltre nel progetto, soprattutto per supportare l’integrazione delle rinnovabili non programmabili nei sistemi elettrici, è riservata un’attenzione particolare allo sviluppo di strumenti di previsione della produzione da impianti non programmabili (idroelettrico ad acqua fluente, eolico, solare PV e a concentrazione) e allo studio delle possibilità di incremento dell’accumulo di energia di grande taglia, soprattutto tramite pompaggio. Un capitolo di attività è anche dedicato ad approfondire le possibilità di generazione di energia dai moti marini (onde e correnti), che - seppur marginale - non va trascurata in un programma di ricerca.


Qualche risultato
Come già accennato, il progetto è finalizzato a fornire agli operatori, agli enti di governo del territorio e alle autorità di controllo, supporti per lo sviluppo sostenibile delle fonti rinnovabili: la realizzazione di banche dati geografiche e numeriche, la messa a punto di metodologie e di strumenti, sia hardware che soprattutto software, la sperimentazione di tecnologie innovative, o comunque poco diffuse ancorché promettenti, rappresentano i principali prodotti e risultati delle attività.
Carattere distintivo del Progetto è il focus sulla dimostrazione dell’utilità e dell’applicabilità dei dati, degli strumenti e delle metodologie sviluppate, tramite contatti, accordi e soprattutto sperimentazioni in campo con i diversi stakeholder, intendendo così innescare una sorta di circolo virtuoso tra ricerca e sviluppo - da un lato - e destinatari/fruitori dell’innovazione dall’altro.
La Figura 1 illustra, con riferimento al comparto idroelettrico, le esigenze cui il Progetto Rinnovabili 2009-2011 intende rispondere e i principali risultati a finire, cui si fa di seguito un breve cenno, rimandando alla trattazione più approfondita che sarà pubblicata su un prossimo numero di Nuova Energia. Lo spazio a disposizione ci permette unicamente di citare alcuni esempi particolarmente interessanti, ovvero:

il sistema HALTFLOOD, finalizzato alla previsione degli eventi di piena, in fase di sperimentazione presso alcuni operatori e la Protezione Civile della Regione Lazio, e una ulteriore versione, tutt’ora in corso di sviluppo e di primi test in campo, per la previsione della produzione, destinata agli impianti ad acqua fluente;
l’esperienza, recentemente avviata presso il lago d’Idro (un bacino naturale regolato), in collaborazione con la Regione Lombardia, la Provincia di Trento e i Comuni rivieraschi, di gestione integrata della risorsa, attraverso l’applicazione di sistemi per l’ottimizzazione dei rilasci dagli impianti idroelettrici a garanzia dell’integrità dei corpi idrici, la salvaguardia della qualità dell’acqua invasata e il mantenimento - nel contempo - di un accettabile livello di produzione idroelettrica;
lo sviluppo di metodologie innovative per lo studio e la verifica di sicurezza delle infrastrutture idroelettriche, basato sulla risk analysis;
l’analisi delle potenzialità residue di pompaggio per gli esistenti bacini idroelettrici e lo studio di nuovi siti sia montani che costieri.