Fotovoltaico: dal TAR della Toscana alcuni spunti interessanti
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di Giovanni Battista Conte | avvocato in Roma



Sembra utile richiamare per la loro valenza generale una serie di principi giuridici che devono applicarsi nel procedimento di autorizzazione degli impianti da fonti rinnovabili affermati in una recente sentenza del TAR Toscana. Si trattava di un impianto fotovoltaico la cui richiesta di autorizzazione unica è stata rigettata in quanto l’impianto sarebbe stato in contrasto con lo strumento urbanistico. In primo luogo nella sentenza si chiarisce che, ai sensi dell’art. 10 bis della legge 241/1990, nel caso di procedimento di autorizzazione unica l’amministrazione - prima di adottare un provvedimento negativo - deve comunicare a colui che ha fatto la domanda i motivi che ostano all’accoglimento della domanda. A fronte di tale comunicazione il richiedente può presentare osservazioni e documenti. Il TAR afferma che la funzione di detta norma è quella di consentire al richiedente di adeguarsi alle osservazioni o richieste avanzate dall’amministrazione e di evitare il diniego in modo da evitare l’insorgere di un giudizio. La mancata comunicazione preliminare rende illegittimo il provvedimento negativo.

Afferma poi il TAR che l’individuazione di un divieto assoluto e generalizzato di localizzazione di impianti energetici da fonti rinnovabili contrasta con l’art. 12 del d. lgs 387/2003 e con i principi costituzionali che regolano le competenze amministrative. Il regolamento edilizio dovrebbe orientare le proprie scelte discrezionali nell’unica prospettiva consentita del bilanciamento degli interessi in gioco, rifuggendo da visioni monosettoriali e da opzioni volte a far prevalere a priori un valore rispetto ad un altro.
Ma il TAR va oltre l’affermazione di questo principio già più volte esposto dalla giurisprudenza, osservando che il diniego di autorizzazione unica basato unicamente sul divieto posto nello strumento urbanistico deve ritenersi illegittimo anche per un altro motivo. Il diniego, infatti, avrebbe dovuto contenere una specifica motivazione che renda conto del perché non si è ritenuto opportuno esercitare i poteri di variante urbanistica previsti nell’art. 12 del d. lgs 387/2003: il favore della normativa nazionale e comunitaria riconosciuto agli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile impone che sia la conservazione della regola che impedisce la costruzione a dover essere giustificata nella motivazione, e non basti il richiamo ad uno strumento urbanistico che osta all’installazione. Se, infatti, esiste la possibilità di effettuare la variante al piano regolatore, l’amministrazione avrebbe dovuto spiegare il motivo per il quale non ha voluto effettuarla.

Si noti poi che nel caso in esame il ricorrente aveva anche avanzato una domanda di risarcimento dei danni, del cui esito merita dar conto poiché sempre più le società chiedono di far ricorso a questo strumento sia per ottenere un ristoro economico sia per esercitare una pressione sulle amministrazioni procedenti. Ebbene, sul punto il TAR sposa quella linea giurisprudenziale secondo la quale per ottenere il risarcimento occorre dar prova che il provvedimento al quale si aspira debba avere esito favorevole e quindi, in altre parole, si deve dimostrare che al ricorrente spetta l’autorizzazione unica. Il giudice afferma che una valutazione in questo senso è impedita in quanto l’amministrazione può ancora esprimersi rimanendo ancora titolare di un potere discrezionale che non può essere esercitato dal giudice. Secondo il TAR l’esistenza o meno di un danno andrà valutata solo dopo la nuova decisione da parte dell’amministrazione.
Questo ultimo aspetto della pronuncia, a mio avviso, racchiude un rischio non marginale. Se l’amministrazione è consapevole che soltanto nel caso di un provvedimento positivo il richiedente potrà vantare il diritto al risarcimento del danno, non sarà tentata di trovare una buona ragione per emettere un provvedimento negativo?