Atomo, silicio e il tricolore
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di Federico Santi



Non posso. Il quarto energumeno consecutivo sul nucleare, proprio no. La sorte lo imporrebbe, ma non posso. La tragedia nipponica arriva pochi mesi prima del referendum ed avrà quindi lo stesso effetto che ebbe Chernobyl. È scontato e inevitabile, si è già visto nelle moratorie europee (peraltro, abbiamo osservato un effetto nuovo: il nucleare, se mal gestito, è in grado di distruggere in poche settimane una compagnia elettrica delle dimensioni di Tepco). Vorrei parlarne, ma non posso: quattro di seguito è troppo, vuol dire tornare sullo stesso tema per otto mesi di fila, non si può. Una sola cosa non posso tacere – mi si perdonerà – ed è un appello accorato alla comunità energetica italiana, di cui faccio parte e a cui ho dedicato la vita: cambiamo direzione! Approfittiamo di questa moratoria forzata per prenderci il tempo che occorre a sviluppare un’industria nucleare veramente italiana, possibilmente orientata a mini-reattori a sicurezza intrinseca.

Smettiamola con le manie di grandeur, con la fretta, con la speculazione, con l’ideologia politica dell’atomo. Poniamo con metodo, trasparenza, condivisione e programmazione le basi per lo sviluppo di un settore che nei secoli a venire senz’altro fiorirà: costruiamo un nucleare Made in Italy. Rimettiamo insieme le competenze, le organizzazioni pubbliche preposte, gli istituti di ricerca, i laboratori, la supply-chain. Creiamo un’accademia nucleare italiana, un centro di eccellenza (uno solo! Già siamo pochi, non cominciamo a disperderci tra poltrone e divani) per lo studio e lo sviluppo dei (mini) reattori. Ridiamo le cattedre agli ordinari di ingegneria nucleare. Integriamo nuovamente le scienze di base con l’applicazione, col fine ultimo, perseguito con forza e determinazione, di creare un sistema italiano per il nucleare. Un’industria nuova. Un metodo nuovo. Posti di lavoro qualificati, ricchezza, rispetto per l’ambiente. [...]

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