Scenari incerti e scelte difficili (da fare)
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di Edgardo Curcio


Se in Cina questo è l’anno del coniglio, certamente per l’Europa questo è l’anno della civetta e cioè della iattura. Con l’inizio del 2011, infatti, si sono riversati sul panorama energetico e politico europeo - e più in generale occidentale - una serie di eventi negativi la cui portata è ancora di difficile valutazione, che hanno però in comune il ripensamento di alcune opzioni strategiche finora generalmente accettate.


Dal Nord Africa al Giappone
Il primo evento è la crisi politica del Nord Africa, e in particolare della Libia, che sta portando forti sconvolgimenti sul piano economico-diplomatico ma anche su quello della sicurezza degli approvvigionamenti energetici per l’Europa e in special modo per il nostro Paese. Il secondo evento critico è l’incidente alla centrale nucleare giapponese di Fukushima, messa in avaria dal terremoto e dal maremoto che ha portato danni ingenti al Paese, fughe radioattive e soprattutto un ripensamento all’opzione nucleare in quasi tutti i Paesi industrializzati. Il terzo evento è un profondo rischio di blocco allo sviluppo delle fonti rinnovabili in alcuni Paesi. Esaminiamo in dettaglio i tre eventi.

I movimenti di insurrezione contro i governi locali, prima in Tunisia, poi in Egitto, infine in Libia, hanno sicuramente sorpreso la maggior parte degli osservatori dei Paesi europei e occidentali, sia per la rapidità con la quale si sono formati, sia per la forza con la quale hanno posto la richiesta di un cambio di governo e un invito alla cessazione della dilagante corruzione negli apparati pubblici. In Tunisia e in Egitto le richieste dei rivoltosi, dopo un braccio di ferro durato giorni, sono state accolte con la caduta dei rais da lungo tempo a capo dei due Stati.
Il passaggio è stato così abbastanza indolore e non si sono verificati scontri armati e guerre civili ma solo sommosse popolari. In Libia invece - dove Gheddafi, trincerato in un bunker e molto deciso a resistere, non ha lasciato il suo posto di capo dello Stato ma ha dato ordine all’esercito e alla Guardia rivoluzionaria di sparare sugli insorti - la situazione, dopo qualche giorno di incertezza tra manifestanti sicuri di cacciare il dittatore e questi sicuro di reprimere la rivolta, è precipitata in una vera e propria guerra civile con due contendenti che si misurano per la conquista del territorio e delle infrastrutture petrolifere e di gas.

L’intervento europeo, anche se tardivo, ha fatto precipitare le cose trasformando una rivolta in una vera e propria guerra con navi, aerei, blindati e bombardamenti a tutto campo, con il rischio connesso di colpire infrastrutture civili oltre quelle militari e petrolifere. Se l’intervento alleato riuscirà a fermare Gheddafi, la situazione però non sarà più come prima. Fratture insanabili tra alcuni Paesi arabi e l’Occidente si saranno aperte e anche il nuovo Governo libico che dovesse prendere il posto di quello in precedenza comandato dal rais avrà difficoltà a ricostruire e a mettere nuovamente in funzione l’intero sistema petrolifero e del gas del Paese. Possibili ritorsioni di capi tribù fedeli a Gheddafi potrebbero anche mettere a rischio una ordinata ripresa delle esportazioni di olio e gas.

Sul piano geopolitico la situazione è in evoluzione anche in altri Paesi arabi, come il Bahrein, l’Oman, lo Yemen e infine l’Arabia Saudita, dove il re ha dovuto elargire grandi sussidi ai sudditi per placare la loro rabbia contro il dispotismo della casa regnante.
Quindi, sul lato Sud-Est del mondo le prospettive sono molto incerte e possono creare turbamenti e forti oscillazioni alle quotazioni del petrolio e degli altri prodotti energetici.
Nell’estremo Est la tragedia nucleare del Giappone si sta rapidamente trasformando in una vera e propria catastrofe economica e industriale per il Paese, con correlate implicazioni sul versante occidentale per la paura che suscita l’incidente al reattore di Fukushima nei Paesi che detengono centrali nucleari o che le stanno progettando.


Il ripensamento sul nucleare
La crisi giapponese ha peraltro avuto diverse conseguenze. La prima conseguenza è stata il black out elettrico che ha colpito il Giappone per la fermata di alcune centrali nucleari messe in standby dopo l’incidente di Fukushima, che producono un 25 per cento e forse più dell’elettricità necessaria al Paese; ciò ha provocato un razionamento prolungato dell’elettricità e quindi il ricorso ad altre fonti.
In un più lungo tempo, tutto il sistema nucleare giapponese potrebbe poi essere messo in discussione, con la conseguente necessità di utilizzare centrali a ciclo combinato a gas o ad olio in sostituzione di centrali nucleari in fase di revisione e/o chiusura, il che porterebbe ad una maggiore domanda di prodotti petroliferi e gas sul mercato dell’Estremo Oriente. Al riguardo va segnalato che già a pochi giorni di distanza dal terremoto il prezzo del GNL sul mercato asiatico era aumentato del 12 per cento per una maggiore richiesta e per le relative aspettative future di domanda in sostituzione del nucleare.

La seconda conseguenza che sta avendo la crisi giapponese è il ripensamento delle scelte nucleari da parte di molti Stati, con la revisione dei criteri di sicurezza in Europa, la cancellazione di nuove centrali in Asia e in parte in Europa, e soprattutto con lo stop al prolungamento della vita di molte vecchie centrali che dovranno ora essere demolite. Su questa linea si stanno muovendo la Germania, il Regno Unito, la Svizzera e alcuni Paesi dell’Europa orientale. Anche gli Usa stanno rivedendo gli standard di sicurezza applicati alle loro centrali e il calcolo della loro vita media. La stessa Cina, infine, nei giorni della crisi ha dichiarato di pensare al congelamento di 23 centrali in costruzione. Per il nostro Paese la catastrofe nucleare giapponese arriva in un momento molto delicato, perché siamo alle porte con il referendum sul nucleare e su alcune decisioni strategiche che il Governo deve prendere per il rilancio di questa opzione nel nostro Paese. Comunque, è stata decisa una moratoria di un anno.

Una ulteriore conseguenza dell’incidente nucleare di Fukushima è il probabile maggior ricorso al carbone in sostituzione del nucleare. Si tratta, infatti, di una materia prima poco costosa e molto abbondante, anche se non esente da rischi minerari, come testimoniano i numerosi incidenti avvenuti in Cina nel corso degli ultimi anni.
Quindi, con una probabile moratoria sull’energia nucleare nel prossimo decennio, si fanno già i conti con quali fonti l’atomo potrebbe essere rimpiazzato sui mercati mondiali. Si parla di un 50 per cento di gas naturale, di un 35 per cento di carbone più un 10-15 per cento di fonti rinnovabili che potrebbero avvantaggiarsi soprattutto nel settore elettrico. I prezzi di tutte le materie prime energetiche comunque ne risentirebbero pesantemente, in un momento che è già sufficientemente turbolento per la crisi libica e le tensioni del Medio Oriente.
Una brutta sciagura per le economie occidentali che si approvvigionano di petrolio, gas e carbone, con la conseguenza di un innalzamento dei prezzi dell’energia già cara e una possibile ripresa dell’inflazione da importazione in tutti i Paesi consumatori.


Il futuro italiano delle rinnovabili
Il terzo evento che certamente è meno rilevante a livello mondiale nell’attuale panorama energetico, ma che riguarda da vicino il nostro Paese, è l’incertezza che domina sul futuro delle fonti rinnovabili. Mentre si segnalano buoni progressi sul piano tecnologico e anche su quello dei costi degli impianti, il quadro regolatorio si fa, con il passare dei mesi - anzi degli anni - sempre più insicuro e tentennante. Si modificano unilateralmente i livelli degli incentivi, anche per gli impianti già autorizzati e in costruzione; si allungano i tempi per ottenere le autorizzazioni e gli allacciamenti alla rete; si cambiano le regole per il ritiro dei Certificati Verdi e per il funzionamento delle varie iniziative nel settore eolico e fotovoltaico; si eliminano gli incentivi per alcune taglie di impianto e così via. Un piccolo tsunami si abbatte sulle fonti rinnovabili e non solo in Italia, mettendo a rischio lo sviluppo e la redditività di questo importante settore.

Migliaia di operatori sono così preoccupati da una situazione di incertezza regolatoria, che il Governo italiano cerca di minimizzare assicurando che gli incentivi non mancheranno, ma bisognerà comunque ridurre gli oneri delle rinnovabili sulla bolletta elettrica pagata dai consumatori; oneri già elevati, ma previsti in rapida crescita in funzione di una progressione geometrica del numero di impianti e dei kWh che saranno realizzati nei prossimi anni nel settore solare ed eolico.
Così come in una girandola, con l’inizio di quest’anno sono improvvisamente cambiati tutti o quasi i parametri di riferimento per fare delle scelte affidabili per le varie fonti di energia per il prossimo decennio e oltre.


IL PETROLIO
Il petrolio, che è la fonte più usata nel mondo, mostra sempre più il suo lato peggiore. Scarsa offerta, forte vulnerabilità geopolitica, enorme volatilità nei prezzi, incertezza nei future, alto contributo all’emissione di gas serra. Il gas, che sembrava la fonte con il maggiore tasso di sviluppo per i suoi recenti ritrovamenti (shale gas), per la sua maggiore economicità dovuta al disaccoppiamento con il prezzo del petrolio, subisce, a causa della crisi nucleare del Giappone estesa a molti Paesi occidentali, una forte accelerazione di domanda (soprattutto sotto forma di GNL) che ne condiziona sia la disponibilità sia il prezzo, con rapidi rialzi sui mercati spot.

IL CARBONE
Il carbone continua a risentire delle sue innate difficoltà di prodotto ad alto tasso di inquinamento e attende nuovi sviluppi tecnologici che però lo renderanno più caro per l’uso termoelettrico. Le fonti rinnovabili, tra speranze e incertezze, continueranno a svilupparsi, ma con una redditività sempre più bassa che le porrà in una situazione di bassa crescita se non di difficoltà a finanziarsi.
Quali scelte operare? Quali fonti scegliere? Difficile dirlo, in un momento di grande incertezza e tensione sui mercati mondiali a causa di concomitanti eventi negativi. Certamente rimane sempre valida la scelta dell’efficienza energetica e del risparmio, a cui si dovrebbe dare maggiore spazio anche con accurate campagne promozionali da parte del Governo in vista di aumenti generalizzati della bolletta dei consumatori e del Paese. Ma su questo fronte si fa molto poco!

IL GAS NATURALE
Fra le varie fonti, il gas naturale anche se penalizzato rimane ancora una opzione favorevole in considerazione del suo basso livello di inquinamento ambientale, della sua larga disponibilità da diversi Paesi (non solo arabi) e del suo buon rapporto prezzo/prestazioni. Pertanto, continuerà l’uso del metano nel settore termoelettrico, con la crescita di centrali elettriche a ciclo combinato a gas e le altre applicazioni industriali e domestiche di questa fonte (per esempio, pompe di calore, trigenerazione, auto a metano, eccetera). Per le fonti rinnovabili bisognerà trovare un giusto equilibrio fra sussidi e costi in bolletta e soprattutto occorrerà fare più ricerca tecnologica per abbassarne i costi ancora molto elevati.
Un 2011 che si presenta come un anno difficile per l’energia e per l’economia, soprattutto perché strutturalmente, e non speculativamente come il 2008, qualcosa sta cambiando profondamente nei fondamentali delle principali opzioni energetiche che imprese, cittadini e Governi dovranno effettuare nei prossimi mesi. Meno petrolio (a 120-130 dollari al barile), meno nucleare perché poco sicuro, meno carbone perché inquina troppo, gas più caro e meno disponibile dal Nord Africa...
Scelte difficili che comunque bisognerà fare, per dare una scossa alle nostre aspettative e un contenuto ad una politica energetica che manca da tempo sia a livello europeo sia a livello nazionale.