De Bellis: ‘‘Un'evoluzione ormai inarrestabile”
Torna al sommario del dossier

di Davide Canevari


“Faccio parte del ristretto gruppo di persone che si è ribellato all’abuso della parola smart”. Con questa frase - solo in apparenza fuori sintonia con un dossier dedicato alle smart energy - ha inizio l’incontro di Nuova Energia con Antonio De Bellis (ABB - Power Systems Division e ANIE).
“Ci sono molti e validi professionisti che da decenni, a livello aziendale o associativo, lavorano in questo settore. Mi sento quindi un po’ colpito dal fatto che questa sembri essere una scoperta dell’ultima ora, una sorta di rivoluzione nata dal nulla che ora pare interessare tutto e tutti. Per questo motivo, e non si tratta di una semplice sfumatura, preferisco usare il termine smarter; parlare cioè in termini di evoluzione, di un percorso che prosegue e non inizia dal nulla. Molto è già stato realizzato nel passato e ora abbiamo la possibilità di fare ancora meglio e in maniera più intelligente, senza demonizzare, ma al contrario valorizzando quanto già costruito, rispondendo alle esigenze di un nuovo stile di vita che si va delineando all’orizzonte”.

Antonio De Bellis - ABB Power System Division e ANIE

             
  *     *  
  ** **

Responsabile di una unità di business in ABB Italia, Antonio De Bellis si occupa di sistemi di protezione e controllo per le sottostazioni elettriche, di controllo e gestione remota delle reti, di architetture e strumenti ITC a supporto dei processi di business richiesti dai mercati energetici. Nello specifico delle smart grid, dal 2009 ricopre in ABB il ruolo di responsabile della funzione di business & market development per la regione mediterranea.
È vicepresidente e membro del comitato direttivo AssoAutomazione, l’associazione italiana delle aziende che - all’interno di ANIE - operano nell’ambito di business dell’automazione. AssoAutomazione è composta da sette gruppi di lavoro. de bellis, in particolare, presiede dal 2008 quello dedicato alla gestione delle reti di pubblica utilità.

** ** **
*      
             

In effetti, da qualche tempo a questa parte la qualifica smart sembra essere divenuta sinonimo di sviluppo sostenibile ed è appiccicata un po’ dovunque. Città, trasporti, mezzi di comunicazione, reti... Basta affiancare l’aggettivo intelligente per identifi- carli come puliti, amici dell’ambiente, innovativi. Dove si pone il confine tra immagine e sostanza?
**Siamo realmente di fronte a una fenomenale campagna di marketing e di pubblicità. Ma, nel contempo, c’è anche tanta sostanza. Ci sono, cioè, segnali tangibili che evidenziano come sia stato intrapreso un percorso evolutivo ben definito, a partire proprio dall’Europa. Se guardiamo alle reti, ai consumi, ai modelli energetici, all’efficienza, al buon uso delle risorse, effettivamente siamo molto più avanti degli Stati Uniti che, pure, oggi sembrano poter insegnare a tutto il mondo... La strada verso modelli energetici (in senso lato) più intelligenti è ormai intrapresa.

Giusto una decina di anni fa discorsi simili si sentivano, però, sul tema idrogeno. Oggi avremmo dovuto circolare tutti su auto a fuel cell, e invece... adesso si parla di smart mobility. Perché dovremmo essere più fiduciosi?
**Perché in questo caso si è messo in moto un sistema molto più complesso e articolato che coinvolge la politica, le istituzioni, le università, l’industria. L’approccio non è di nicchia, come lo era stato per l’idrogeno. Inoltre, come ho già detto, questo processo non richiede una rivoluzione, ma prevede una evoluzione. Infine, il discorso non è circoscritto a una sola tecnologia - quella delle smart grid - ma è molto più ampio e articolato. Come dimostra l'ultimo salone di Ginevra: anche il settore automotive sembra aver imboccato in maniera decisa questa direzione.

Direzione o contraddizione? Pensare a una Rolls Royce smart solo perché elettrica pare un po’ una forzatura...
**È vero, viviamo in una società di contraddizioni e di forti sbilanciamenti, con realtà che hanno consumi abnormi che vivono accanto a situazioni diametralmente opposte. Ma è proprio questo il punto. Se pur non rinunciando a un mezzo estremo (come può esserlo una Rolls Royce) riusciremo a ridurne l’incidenza ambientale, avremo comunque ottenuto un risultato positivo. Occorre trovare un nuovo equilibrio tra la spinta verso consumi sempre più elevati, standard di vita via via migliori, e le esigenze della sostenibilità. Questa è la vera e concreta evoluzione smart.

Torniamo nello specifico delle reti: ci descriva due grandi vantaggi (e anche due possibili limiti) delle smart grid.
**Parto dai limiti. Richiedono ingenti investimenti e, soprattutto in questa fase dell’economia, questo elemento può creare dei rallentamenti nei programmi di sviluppo. Ma la vera sfida è un’altra: cambiare le abitudini nell’uso dell’energia (nelle sue varie forme) da parte dell’utenza comune. Come utilizzo l’energia, come mi muovo, come gestisco i miei acquisti (scelta che, a monte, incide sul sistema dei trasporti e della logistica)... Non avremo mai le smart grid o le smart city se non cambieremo prima le nostre abitudini.
Quanto ai vantaggi, ABB ha una vision basata su quattro pilastri: capacità, efficienza, affidabilità, integrazione. A mio avviso i due principali punti di forza - anche in un’ottica di riduzione dell’impatto ambientale - sono l’efficienza e la capacità. Oggi possiamo usare meglio gli asset che già abbiamo a nostra disposizione, aumentando così l’efficienza globale del sistema.

Quali investimenti sono previsti nei prossimi anni nel settore smart grid e quali le aree più dinamiche del Pianeta?
**La IEA ha recentemente elaborato una stima sulle risorse necessarie per adeguare le infrastrutture energetiche mondiali nel periodo 2008-2030: 25.600 miliardi di dollari nel complesso e 13.700 miliardi per il solo settore elettrico. Poco meno di 6.600 miliardi di dollari dovranno essere destinati - in base a queste stime - al comparto T&D.
Per la Cina la IEA prevede ben oltre 1.000 miliardi per la distribuzione e poco meno di 600 per la trasmissione. Poi c’è l’America del Nord, con circa 1.100 miliardi nel complesso della T&D. Paradossalmente, però, l’unico ancora oggi al buio è il Continente Nero: non possiamo pensare di lasciare (per sempre) buona parte dell’Africa alla deriva. Da qui al 2020, da quest’area del Pianeta potrebbero quindi giungere delle sorprese. Non facciamoci, però, influenzare solo dai numeri.

Ovvero...
**Le cifre in gioco sono stratosferiche e apparentemente l’Europa parte con un buon vantaggio. Nell’automazione possiamo ancora detenere una leadership di rilievo, anche se la Cina sta guadagnando terreno un po’ in tutti i campi: tecnico, finanziario, normativo. Inoltre, grazie anche ai Set Plan, la stessa Europa ha già fornito risposte immediate per innescare gli investimenti necessari.
Quello che ancora manca - soprattutto in Italia - è il coinvolgimento di un sistema più capillare e diffuso, in grado di interessare un numero maggiore di attori rispetto ad oggi, di favorire lo sviluppo di esperienze mirate anche a livello di isole o di micro cosmi, di sperimentare nuovi modelli di business che, in caso di riscontro positivo, possano essere poi riproposti a livello europeo. Oggi molte aree rimangono inesplorate e si rischia così di perdere importanti opportunità.

Si è detto in precedenza che stiamo parlando di un cambiamento che chiama in gioco investimenti di enorme entità: non sarebbe allora più efficace concentrasi solo su pochi grandi operatori con le spalle sufficientemente grosse?
**Nella prima fase, e ragionando in termini di competizione a livello mondiale, essere grandi aiuta certamente. E lo dimostra chiaramente il successo di Enel in questo campo di attività. Ritengo, però, che focalizzarsi solo sull’elemento dimensionale faccia vivere un po’ di rendita e a lungo andare possa trasformarsi in un autogol. L’ideale sarebbe portare avanti in parallelo le due strade, magari accettando anche che entrino - a tratti - in conflitto tra loro. Trasformare l’Italia in un laboratorio di idee capace di portare anche esempi concreti nel piccolo. Perché no, a livello di singola comunità o di isola. Questo sarebbe un punto di svolta davvero promettente.

Le attuali tecnologie sono pronte per raccogliere una sfida così ambiziosa?
**Sì, ne sono convinto. Guardando al solo discorso delle reti, le tecnologie che oggi si applicano alla trasmissione sono già molto avanzate. A parte il vincolo del prezzo, con pochi adattamenti molte di queste soluzioni sarebbero già oggi trasferibili alla distribuzione. Più della barriera tecnologica, in specifici ambiti, mi preoccupa la mancanza di regole. È il caso, ad esempio, della e-mobility.

Non stiamo facendo i conti senza considerare il territorio? Il collegamento Spagna–Francia ha impiegato oltre 20 anni per passare dai progetti agli ordini. Questo vuol dire che per immaginare un’infrastruttura europea (e a maggior ragione italiana) di nuova generazione, diffusa, condivisa e capillare, dovremo attendere il...
**Effettivamente, pensando alla tempistica necessaria per porre in atto un qualsiasi cambiamento - anche si trattasse di installare una semplice stazione - qualche brivido ce l’ho, in particolare per quanto riguarda il nostro Paese. Su questi temi occorre quindi operare una alfabetizzazione sociale diffusa, senza fini politici o bandiere, riuscendo anche a valorizzare quelle realtà produttive e di ricerca che anche in Italia possono vantare livelli di assoluta eccellenza. La necessità di un cambio di passo è evidente; ed è chiaro che questo potrà portare con sé dei rischi. A fronte, però, di opportunità che devono essere adeguatamente spiegate ed esplicitate.
Concludo nel rispondere alla provocazione evidenziando come sul fronte industriale ci siamo attrezzati per realizzare progetti in tempi rapidi: questo grazie alle nuove tecnologie e ad un alto livello professionale messo in campo. In fatto di elettrodotti ABB, anche in Italia, ha dato dimostrazione di ciò e cito ad esempio il collegamento in alta tensione in corrente continua (High-Voltage Direct Current, HVDC) Italia-Sardegna, denominato SA.PE.I, realizzato per Terna. Questa soluzione altamente tecnologica, inaugurata in concomitanza con le celebrazioni per il 150° anniversario dell’unificazione d’Italia, ha una potenza nominale di ben 1.000 MW, un record a livello europeo, ed è stata completata in soli 48 mesi. La sua tensione nominale di 500 kV migliora l’efficienza della trasmissione ed è la più alta mai raggiunta nei sistemi di trasmissione in esercizio in Italia. L’energia elettrica è così trasportata attraverso il cavo più profondo al mondo, posato a 1.640 metri sotto il livello del Mar Tirreno.

Secondo lei il processo di diffusione delle rinnovabili, la crescita della generazione distribuita e, di conseguenza, l’evoluzione dell’attuale sistema elettrico può ormai essere considerato irreversibile? E se - poniamo - il barile dovesse tornare sotto i 50 dollari?
**Il processo di evoluzione si è avviato e, a mio parere, è ormai inarrestabile. Sono convinto che alla fine di questo percorso non ci sarà un solo vincitore - tecnologia, applicazione, azienda - e che sarebbe altresì un errore ragionare in questi termini. Il punto di arrivo è quello di un assetto caratterizzato da una sempre maggiore flessibilità. Sarà una realtà completamente diversa rispetto a oggi, in grado di rispondere e di reagire ai cambiamenti in modo più versatile e immediato (e questo riguarderà, tra l’altro, anche l’andamento dei prezzi del barile). Alta automazione, flessibilità, scambio di informazioni, saranno il valore aggiunto del nuovo scenario.

Almeno su questo fronte sembra qualcosa in più di una semplice evoluzione...
**Effettivamente, con il cambiamento in atto si sta creando una rete di informazioni capillare e diffusa senza precedenti, nella quale il singolo consumatore è diventato un attore attivo. Grazie alle tecnologie, ogni soggetto è in grado di rappresentare un sensore capace di fornire informazioni sempre più preziose.
Prendendo ad esempio i dati dai contatori, secondo le stime più attendibili, già nel 2012 una utility di medie dimensioni si troverà a dover gestire annualmente 300 volte il volume in Terabyte di dati rispetto al 2009. E a quel punto, la curva delle informazioni da elaborare si impennerà ulteriormente e non è ad oggi prevedibile dove si potrà posizionare nel medio e lungo periodo.
Le conseguenze dell’esplosione dei dati e delle informazioni nello scenario 2020 di una smart grid sono ancora tutte da esplorare. Come ABB ci siamo messi a lavorare su queste tematiche, con alcuni aspetti che oggi sono ancora pionieristici: per esempio, l’apporto informativo da parte dei prosumer e dei dispositivi intelligenti diffusi sulla rete. Senza entrare nel merito della questione, voglio qui citare un altro elemento fondamentale e critico a corredo di questo nuovo scenario: la tematica della cyber security. Anche qui ABB si sta muovendo da tempo e già oggi possiamo vantare soluzioni in linea con questa esigenza, ma le vere novità stanno per arrivare, di pari passo con l’evoluzione.

Ma a quel punto, in definitiva, consumeremo più o meno energia?
È chiaro che l’attivazione di data center sempre più potenti si tradurrà in consumi più elevati. Ma è altrettanto vero che macchine più efficienti e informazioni più ricche e complete consentiranno di gestire sempre meglio il sistema, di conoscere più a fondo i profili dei consumi, quindi di migliorare e razionalizzare la capacità di programmazione, arrivando a consumare in modo più intelligente.