Allo shopping del barile
             
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How is energy geography changing at the beginning of this decade? this is the question Edgardo Curcio (chairman of the Italian Association of Energy Economists) tried to answer with his analysis of future energy scenarios in the light of oil price trends.
To start with, quite significantly the price of an oil barrel is touching 100 dollars, showing the trend towards ever increasing prices which has made the most energyhungry countries to start shopping around; since peak oil is getting nearer, they are actually rushing to buy current or prospective energy reserves to ensure they will be able to meet their energy demand for the decade, ‘til 2020 and the years to come.
Among such countries, China ranks first as it invested around 28 billion dollars in the oil sector in 2010 - in Southern America and Africa especially - followed by Russia, increasingly concerned about expanding abroad despite its huge oil and gas reserves.
Russia is actually not shopping for oil reserves - which, by the way, are growing scarce - but rather for oil&gas refineries and distributors, especially in Europe. Moreover, huge oil multinationals are reducing their presence abroad, with a few exceptions like Eni and BP. This is partly explained by the nationalization campaigns launched in many South American countries, and partly by the less aggressive approach of these multinationals’s management that is not willing to embark on dangerous adventures on the other side of the Atlantc Ocean.
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di Edgardo Curcio


Nelle scorse settimane, mentre il prezzo del petrolio Brent superava i 90 dollari al barile sulle piazze europee, il Ministro del petrolio dell’Arabia Saudita Ali Al-Naimi dichiarava che una quotazione di 100 dollari al barile era sostenibile per i Paesi comunitari e che forse l’Opec si sarebbe mossa, aumentando la produzione, solo se il greggio avesse superato i 110 dollari al barile.

Questa dichiarazione, insieme alla progressiva crescita della domanda di petrolio che dovrebbe oltrepassare gli 88 milioni di barili nel primo trimestre 2011, ha portato le quotazioni del greggio a schizzare, per alcuni giorni di gennaio, sopra i 100 dollari per poi attestarsi intorno ai 95 dollari al barile, con un cambio euro/dollaro intorno a 1,33 - 1,34. Le previsioni sono comunque per un ulteriore aumento del prezzo del petrolio e dei prodotti petroliferi, sia da parte dei Paesi produttori sia da parte di quelli consumatori, sicché gli analisti non fanno fatica a prevedere un 2011 tutto in salita per il greggio, così come per moltissime altre commodity (oro, gomma, caffè, eccetera).

In questo quadro evolutivo, dove la domanda prevale sull’offerta (anche se ancora c’è una spare capacity di circa 5 milioni di barili), è ripartita la caccia da parte delle grandi compagnie internazionali all’acquisto di concessioni e società petrolifere che detengono riserve di oro nero in alcune aree del mondo.
Alla testa dei nuovi cacciatori di petrolio, con una quota rilevante di investimenti fatti nel 2010, pari a circa 28 miliardi di dollari, c’è la Cina che ha scelto due Continenti per fare shopping: il Sud America e l’Africa. [...]


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