Re Rebaudengo: “Il Brasile cresce con partner affidabili”

di Fabio Terni


Lo scorso anno il responsabile dell’uf- ficio ICE di San Paolo del Brasile, Giovanni Sacchi, aveva sottolineato come da qui al 2016, anno delle Olimpiadi, il Brasile avrebbe offerto enormi opportunità di business nel settore energia anche agli operatori italiani. Una visione, per così dire, istituzionale alla quale vale la pena affiancare la testimonianza diretta di chi, già da qualche anno in questa nazione emergente ha deciso di fare impresa, portando il know-how italiano nel continente brasiliano. Nuova Energia ha quindi passato il testimone ad Agostino Re Rebaudengo, presidente di Asja Ambiente Italia.

Agostino Re Rebaudengo, presidente Asja Ambiente Italia“Il Brasile è certamente molto attento alla questione energetica - è il primo commento di Re Rebaudengo - consapevole che la ricchezza di materie prime presenti e la naturale conformazione del territorio lo rendono un Paese pieno di risorse e opportunità per questo settore.
Sicuramente i grandi eventi in programma nei prossimi anni porteranno ad uno sviluppo del Pil e quindi ad una crescita della domanda di energia che, noi auspichiamo, verrà soddisfatta in gran parte grazie alle fonti rinnovabili. Il Brasile si sta già muovendo in questa direzione, lo testimonia il grande sviluppo che sta conoscendo il settore eolico, che ha addirittura spinto il Paese a dotarsi di un indotto industriale rendendosi per lo più indipendente dalle importazioni di componentistica”.


Come valuta, dunque, l’attenzione di questo grande Paese emergente per i temi dello sviluppo sostenibile?
**Le grandi aziende elettriche statali come Cemig, Elettrobras, sono molto interessate a diversificare la produzione e investire nelle rinnovabili, ma da sole non ce la possono fare poiché non possiedono il know-how necessario per realizzare gli impianti e quindi, per investire in nuove iniziative. Così, queste imprese statali cercano molto spesso un partner tecnologico che le supporti.
Questo apre, ad aziende come Asja Ambiente Italia, un mercato ricco di opportunità, soprattutto tenendo conto della grande ascesa che le rinnovabili stanno vivendo e della crescente azione, a livello globale, verso i temi legati alla sostenibilità ambientale. Il fatto poi, che siano proprio le grandi imprese statali a fare da propulsori a queste iniziative, dimostra che nel Paese vi è una chiara consapevolezza che la rapida crescita di cui è protagonista non può prescindere da un’attenta analisi degli aspetti ambientali connessi.


Ci può raccontare l’esperienza di Asja Ambiente Italia? Quali criticità avete dovuto affrontare e come è valutato (più in generale) il made in Italy?
**L’esperienza di Asja è certamente molto positiva; il Brasile è un Paese ben disposto verso chi, come noi, è in grado di portare valore sotto forma di tecnologia e occupazione. Per lungo tempo il Brasile è stato abituato a investitori esteri approdati per portare via qualcosa - in particolare materie prime - senza preoccuparsi del contesto economico e sociale dei territori interessati.
In Brasile il made in Italy è visto di buon occhio; Belo Horizonte, in particolare, ospita già una comunità italiana abbastanza forte. Questo grazie soprattutto a Fiat, che è presente in questa città da molti anni con uno stabilimento produttivo.


Come è stato il vostro rapporto con le risorse umane locali?
**Asja in Brasile ha portato occupazione e formazione, contribuendo così allo sviluppo economico e sociale dei territori in cui lavora. Per questa ragione e per la tipologia di investimenti che facciamo, posso dire di aver riscontrato grande disponibilità e molto entusiasmo, soprattutto da parte delle risorse umane impiegate nella nostra sede di Belo Horizonte: ragazzi sempre pronti ad imparare e orgogliosi di contribuire, con la loro attività, allo sviluppo del Paese nel rispetto dell’ambiente.
Questo però non significa che non esistano delle criticità: la complessità burocratica e la difficoltà di accesso al credito sono stati due elementi che hanno rallentato i nostri piani di sviluppo. L’accesso al credito, in particolare, è molto macchinoso e rappresenta quindi una barriera al fare impresa.


Rispetto ad una realtà come quella cinese, quali sono i punti di forza e di debolezza del Brasile?
**Le differenze sono prima di tutto culturali; i brasiliani sono latini, con una mentalità più aperta e simile a quella italiana. I cinesi hanno un atteggiamento più protezionistico verso il loro Paese. Infatti nei settori strategici, quali ad esempio l’energia, l’ambiente, la sanità, le aziende estere devono necessariamente operare con un partner cinese di maggioranza.


In tema di ricerca e di formazione il Brasile può essere ancora considerato un emergente? Cosa potrebbe insegnare l’Italia al Brasile?
**La risposta non è univoca, ci sono aspetti in cui il Brasile può essere ancora considerato un Paese in via di sviluppo e altri per i quali invece lo si può ritenere una nazione assolutamente sviluppata.
Se lo osserviamo da un punto di vista scientifico e tecnologico, il Brasile è un Paese innovativo, che investe molto in formazione. Pensiamo, per esempio, alle competenze mediche o, per rimanere sul tema delle rinnovabili, all’utilizzo degli scarti della lavorazione della canna da zucchero per fini energetici. In questo settore il Brasile vanta una tecnologia all’avanguardia che esporta in tutto il mondo.
Se invece lo guardiamo da un punto di vista socio-economico, il Brasile può essere considerato sicuramente ancora una realtà emergente. Pur essendo tra i primi 10 Paesi industrializzati del mondo, è tra quelli con maggiori problemi legati alla iniqua distribuzione della ricchezza: da una recente ricerca condotta da tre prestigiose università brasiliane risulta che lo 0,01 della popolazione detiene il 46 per cento dell’intero Pil!
Il Presidente Lula prima, la neoeletta Dilma Rousseff oggi, hanno tra i principali impegni la riduzione della povertà attraverso una migliore distribuzione della ricchezza, soprattutto a fronte dell’importante crescita di cui il Brasile è attualmente protagonista.
Quello che l’Italia potrebbe insegnare al Brasile è valorizzare le proprie materie prime, trasformandole e vendendole direttamente sul territorio, al contrario di quanto è sempre successo. Ancora oggi, infatti, la maggior parte delle materie prime vengono esportate e rientrano, in parte, sotto forma di prodotti ad alto valore aggiunto.


Cosa, invece, potremmo apprendere da questo grande Paese?
**Direi l’approccio alla vita. Mi riferisco all’ottimismo e alla positività con cui il popolo brasiliano affronta le questioni lavorative, e non solo. Questo rende più serene le collaborazioni e permette di superare le difficoltà con uno spirito maggiormente propositivo. Devo dire che questo aspetto ci ha certamente aiutati nello sviluppo della nostra attività.


Quali ulteriori progetti ha in serbo Asja in quest’area del Pianeta?
**Oltre all’impianto biogas attualmente in funzione sulla discarica di Belo Horizonte, Asja sta sviluppando due nuovi progetti per la realizzazione di impianti di riduzione delle emissioni e valorizzazione energetica del biogas prodotto dai rifiuti presenti in discarica. La costruzione del primo sito dovrebbe iniziare entro la prima metà del 2012. La nostra idea è sicuramente crescere ancora in Brasile, non solo nel biogas da discarica, ma anche su altre fonti rinnovabili e in particolare nell’eolico, che - come già sottolineato - oggi sta vivendo un momento di grande espansione.