Ferrari: “L’efficienza energetica va vista a tutto tondo”

di Davide Canevari


Confondere la parte per il tutto limitandosi a guardare i singoli fotogrammi di una pellicola. Quando si affronta il dibattito sull’efficienza energetica è questo l’errore di approccio più comune e - inevitabilmente - fuorviante. Giovanni Battista Ferrari, responsabile per l’Italia della divisione Power Systems di ABB, lo aveva già sottolineato su Nuova Energia giusto un anno fa (Efficienza energetica a tutto campo, numero 4-2009). E lo ribadisce ora con altrettanta convinzione.

“Confondere l’efficienza energetica nel suo complesso con il semplice risparmio in termini di consumi elettrici - commenta Ferrari - non significa solo commettere un errore, ma anche porsi dei vincoli che poi impediscono l’auspicato salto di qualità. L’efficienza energetica andrebbe intesa come un
ombrello sotto il quale ricomprendere generazione, trasmissione, distribuzione, utilizzi finali, smart grid, building e trasporti, considerando tutti i vettori energetici (elettricità, calore, acqua e gas).

Non è un
pilastro dello sviluppo sostenibile alternativo ad altre possibili soluzioni; piuttosto le racchiude e le integra. È un approccio globale e di sistema, estremamente complesso, che deve incidere lungo tutta la filiera energetica di un Paese. Purtroppo, nella semplificazione comune l’efficienza è invece ancora vista come un insieme di elementi, componenti o prodotti che mi consentono di consumare meno kWh e, in ultima analisi, di ridurre i costi della bolletta”.


Di efficienza energetica si parla ormai da alcuni decenni, fin dalle prime crisi petrolifere. Per quale ragione questo concetto allargato non pare ancora essersi radicato nelle cultura, sia a livello di impresa sia di privato cittadino?
Proprio perché è difficile comprendere, rappresentare e vedere le complessità di un processo. È molto più facile percepire il singolo elemento (come, ad esempio, le lampade di nuova generazione) che non l’intera filiera. Ma, in questo modo, non si riesce ad andare oltre il mero concetto di saving. Servono, dunque, maggiori sforzi in termini di formazione e comunicazione per promuovere un approccio più organico e metodico.

È solo una questione italiana o il problema è comune ad altre nazioni europee?
Credo che il problema sia comune un po’ a tutta Europa; anche al di fuori dei nostri confini manca spesso un approccio davvero globale, che possa affidarsi a indicatori chiave, facilmente confrontabili e verificabili, non solo per l’industria ma in generale per tutti i campi di attività economica che utilizzano energia.
Da questo punto di vista, una maggiore attenzione ai cicli di vita dei prodotti e dei processi non guasterebbe certo. Senza aggravare di ulteriori costi le imprese, basterebbe prevedere attività di audit mirate, secondo modelli prestabiliti, via via più complessi al crescere delle dimensioni aziendali.

«L'efficienza energetica
è un approccio globale.
Purtroppo, nella
semplificazione comune
è invece vista come un
insieme di elementi che
mi consentono di ridurre
i costi della bolletta»

Quale è al riguardo la vostra esperienza diretta come ABB?
Da noi il tema dell’efficienza energetica è all’ordine del giorno e - come Italia - abbiamo costituito un team di competenze trasversali proprio per poterlo affrontare in ambito globale.
E questo ha mutato anche il nostro approccio nei confronti dei clienti: non partiamo dal catalogo dei nostri prodotti, ma dall’analisi della situazione in essere. Definiamo quindi possibili percorsi di miglioramento dell’efficienza energetica, anche a prescindere dal fatto che le soluzioni proposte facciano o meno parte dei prodotti che noi offriamo.

Risultati?
Devo dire che abbiamo già delle piacevoli sorprese. A titolo di esempio, siamo stati contattati dal Consorzio Abi Energia, che tra i suoi compiti segue esplicitamente anche le problematiche dell’efficienza. E il primo riscontro positivo è stato proprio quello di rilevare come il comparto finanziario - raramente associato nella percezione comune ad un’attività energivora - fosse molto maturo e sensibile al problema. Poi, quello di condividere un approccio non solo quantitativo e meramente tecnico, ma anche qualitativo, con grande attenzione per gli aspetti della continuità delle forniture e della sicurezza.

Negli ultimi tempi sembra quasi che rinnovabili ed efficienza siano diventate due strade concorrenti più che complementari nel percorso di avvicinamento ad un’economia low carbon. È poi innegabile che le rinnovabili godono di molta più attenzione da parte dei mass media...
Le rinnovabili sono facilmente identifi- cabili, hanno una visibilità e una consistenza. Quindi, anche gli incentivi a loro dedicati sono più semplici da modulare. Se uno viaggia su un treno in prossimità di un parco eolico, vede immediatamente e nel concreto cosa significa la generazione da fonte rinnovabile... Magari è seduto a bordo di un mezzo o percorre una linea che adotta soluzioni avveniristiche in termini di efficienza energetica, ma di queste ultime non si accorge neppure.
Inoltre, il concetto verticale di efficienza energetica del quale abbiamo finora parlato rende il tema molto più complesso e fa entrare in gioco molti più elementi e attori. Detto questo, non vedo una conflittualità con le rinnovabili, solo una maggiore - oggettiva - difficoltà di intervento nel caso dell’energy efficiency, se non su aspetti puntuali. Un incentivo per l’acquisto di una lavatrice a basso consumo è semplice da approntare. Non si può però dire la stessa cosa per un pacchetto integrato di soluzioni per una gestione più efficiente del sistema casa che può coinvolgere un gran numero di interlocutori (proprietario, inquilino, amministratore di condominio, installatore, ...).

La recente crisi ha sicuramente modificato, a livello globale, molti progetti di investimento in campo energetico, sia per le rinnovabili sia per le fonti tradizionali. Quali conseguenze ci sono state - se ci sono state - nel settore dell’efficienza energetica?
Vedo due risultati, apparentemente in antitesi. La crisi ha sicuramente rallentato alcune tipologie di investimento e ha quindi avuto un effetto frenante. Nel complesso, però, ha stimolato un maggiore interesse per approcciare il problema in termini più globali, anche in settori che tradizionalmente mostravano poco interesse al riguardo. Non so se questa maggiore sensibilità è in qualche modo riconducibile direttamente alla crisi, però c’è, si rileva ed è tangibile rispetto a un paio di anni fa.
La crisi ha costretto, costringe e costringerà molti soggetti economici a concentrarsi sul core business, abbandonando attività accessorie o marginali. E anche questo elemento avvicina maggiormente all’efficienza energetica: è più facile e ragionevole pensare a un intervento se il proprio campo di attività è chiaro e circoscritto.

Su scala mondiale, come si stanno muovendo le grandi economie sul tema dell’efficienza energetica?
In tutti i maggiori Paesi riscontriamo una crescente attenzione per l’efficienza energetica. Come Gruppo ABB abbiamo istituito una responsabilità mondiale nell’ambito dell’efficienza e abbiamo subito rilevato un buon ritorno in termini di interesse. In Cina, per esempio, abbiamo sottoscritto un frame agreement con le autorità locali per fornire un supporto triennale alle piccole e medie

«La crisi ha
costretto, costringe
e costringerà molti
soggetti economici
a concentrarsi
sul core business,
abbandonando attività
accessorie o marginali»

imprese in termini di formazione, indirizzo, metodica.

E l’Europa?
In tutti i grandi programmi inerenti l’energia - ad esempio, smart grid, trasmissione, distribuzione, ... - compare il termine efficienza energetica. La sensibilità, quindi, non manca, e il fatto che, magari, all’energy efficiency non sia dedicato uno specifico capitolo non va inteso come un limite; piuttosto come il risultato positivo di un approccio più diffuso e globale. Poi tutto è migliorabile, in particolare per quanto riguarda gli aspetti metodologici, normativi, di incentivazione.

E per quanto riguarda l’Italia, come valuta l’attuale quadro normativo e di incentivi? Quali misure auspicherebbe per un ulteriore salto di qualità?
In Italia abbiamo il grande demerito di non essere abbastanza stabili e coerenti per un periodo di tempo adeguato, anche quando si tratta di iniziative virtuose. L’elemento della stabilità delle regole è uno dei nostri maggiori problemi. Il sistema dei Certificati Verdi e dei Certificati Bianchi, ad esempio, ci segnala come uno dei Paesi virtuosi.
Se però poi diventa oneroso per ragioni burocratiche ottenere il riconoscimento dei Certificati, non si sa quanto durano gli incentivi, le documentazioni necessarie per espletare le pratiche sono sempre più complesse... si vanificano gli effetti positivi. Stabilità e semplificazione delle regole, è questa la strada da percorrere. Anche nel caso dell’efficienza energetica, naturalmente.

Di recente l’Istituto per il Commercio Estero ha evidenziato le grandi opportunità di investimento in tutta l’area mediterranea per quanto concerne le rinnovabili. Cosa ci può dire in merito all’efficienza energetica?
Credo proprio che valga lo stesso discorso. Anche in quest’area geografica si rileva una crescita dell’informatizzazione e dell’automazione. Quindi si ha a che fare con soggetti economici sempre più aperti e per i quali può diventare più agevole la raccolta e l’elaborazione di dati, in vista ad esempio di un’attività di audit, oppure la condivisione con l’esterno delle best practice.

Quali sono le eccellenze di ABB nel settore dell’efficienza energetica?
Certamente possiamo vantare una diffusa competenza in termini di soluzioni e di prodotti lungo tutta la filiera energetica. Tuttavia credo che sia un altro l’aspetto più rilevante e peculiare. Proprio per la complessità che contraddistingue i nostri campi di attività, abbiamo quella sensibilità e quell’esperienza che ci permettono di affrontare le questioni nella loro globalità.
Come ho detto in precedenza, questo avviene anche a prescindere dal nostro portafoglio di soluzioni. Siamo allenati a leggere le problematiche in tutti i loro aspetti, ed è questa capacità che ci distingue.

Torniamo per un momento alle possibili soluzioni puntuali. Da una parte, le aziende produttrici promettono ritorni degli investimenti in meno di un anno. Dall’altra, le imprese italiane si lamentano da sempre degli eccessivi costi del kWh. Non è una situazione assurda?
Faccio l’esempio dei motori, che credo sia esplicativo. È vero, i vantaggi ci sono e sono comprovati. Dunque, dove sta il problema? La risposta è ancora una volta nella trasversalità di questo settore.
Chi ha le responsabilità, all’interno di un’azienda, per intervenire sul progetto di un sistema? Chi può decidere, per esempio, la sostituzione di un singolo motore all’interno di un più complesso sistema? E a quel punto, in caso di problemi, chi ne risponde? Come si comporta la garanzia? E le specifiche di sicurezza? Se un macchinario non funziona più, deve intervenire chi lo ha installato in origine o chi mi ha fornito il motore sostitutivo? Il quadro diventa inevitabilmente complesso.

«In Italia, le opportuinità
che offre l'efficienza
energetica sono molto ampie
e abbiamo una cultura della
complessità che è ideale
in questo campo, anche
in termini di formazione
e ricerca»

Così, però, si rischia di delineare uno scenario senza via di uscita. Non sarebbe il caso, anche con la collaborazione delle utility o di società come la vostra, di formare figure professionali ad hoc, almeno per i grandi consumatori?
&L’esperienza dell’energy manager è stata positiva ed è una figura che si sta consolidando. Certo, occorre anche coinvolgere maggiormente il management o assicurare all’energy manager maggiori margini di intervento.
Se la sua figura si riduce a quella di un semplice consulente, interno o esterno all’azienda, è difficile pensare a grandi risultati. Se, invece, gli si dà un mandato con una leva del fare e un proprio budget, allora le cose potrebbero cambiare. Questa potrebbe essere una nuova strada da percorrere.

E un maggiore coinvolgimento delle banche, anche formando al loro interno figure specifiche? Dopotutto, senza il consenso del credito è difficile pensare di realizzare progetti ambiziosi. Nel settore del fotovoltaico sembra addirittura che siano le banche a cercare i clienti e non viceversa...
La funzione delle banche è fondamentale, ma non si può paragonare il settore dell’efficienza a quello del fotovoltaico, immaginandosi un accesso al credito tutto in discesa, con pochi e semplici moduli da compilare. Abbiamo già evidenziato quanto sia più articolato e interconnesso il mondo dell’energy efficiency.
Di sicuro, regole più certe e una semplificazione generale non guasterebbero (in generale) e vedrebbero ricadute positive (nel particolare) anche in termini di capacità e tempi di risposta da parte delle banche. Anche nel settore del fotovoltaico, dopotutto, abbiamo visto come sia bastato l’annuncio dell’articolo 45 della Manovra Finanziaria per bloccare il sistema.

Ipotizziamo un futuro, già nel breve periodo, di grande sviluppo in Italia. Siamo pronti alla sfida come filiera industriale o rischiamo di diventare solo importatori, come successo nel caso del fotovoltaico e dell’eolico?
Io credo che ci sia la possibilità di una ricaduta industriale positiva per l’Italia. Come Paese abbiamo le competenze per affrontare il tema in un ruolo non da comprimari. E questo proprio perché si tratta di un settore diverso rispetto al fotovoltaico, dove siamo stati costretti a inseguire, non avendo creduto e investito fin dall’inizio.
Le opportunità che offre l’efficienza energetica sono molto più ampie. In questo caso conta anche l’aspetto progettuale e di approccio sistemico, e su questo fronte siamo ben attrezzati. Inoltre abbiamo alcune eccellenze a livello industriale che coprono un’ampia gamma di applicazioni. Penso alla generazione, ai sistemi di controllo di reti e centrali nonché al know-how nel settore degli impianti policombustibile. Tutte voci che ci vedono in una posizione di eccellenza. Abbiamo una cultura della complessità che è ideale in questo campo, anche in termini di formazione e ricerca.

Non pensa, infine, che in questo settore ci sia anche un grosso rischio di autoreferenzialità? Oggi sembra basti aggiungere i prefissi eco o green per trasformare qualsiasi attività in sostenibile ed efficiente.
La tendenza a voler mettere una mano di vernice verde un po’ dappertutto, anche a valle della “semplice sostituzione di una lampadina” c’è, ed è una moda che rischia di far perdere di vista i reali obiettivi. Per questa ragione serve un approccio di filiera, con una verifica a valle dei risultati, che sia in grado di rilevare i cambiamenti in termini globali e non solo puntuali. Bisogna anche stare attenti a non spacciare per un grande risultato in termini di efficienza energetica una normale sensibilità etica e sociale o il comportamento da buon padre di famiglia.
A livello di Gruppo, siamo ben favorevoli a togliere la vernice verde, concentrandosi sulla sostanza. Stiamo facendo molti sforzi verso l’esterno, ma anche all’interno, per formare e informare sul tema dell’efficienza energetica, cercando di mettere a fattore comune le competenze che esistono in ABB - non è affatto scontato che siano tutte note e condivise - e di guardare all’energy efficiency con un’ottica davvero a tutto tondo.