Protti: "Efficienza energetica ancora Cenerentola"

di Marta Sacchi


Massimo Protti, presidente del consorsio Assoutility e del tavolo della domanda di energia Confindustria

E se fossero le rinnovabili - in particolare il fotovoltaico - a fare involontariamente ombra all’efficienza energetica? La prima volta che Nuova Energia lanciò questa apparente provocazione, durante un incontro con la stampa di settore lo scorso anno a Copenhagen, furono in molti a negare a priori, giurando che si trattava di due alleati fedeli, pronti a combattere fianco a fianco le stesse battaglie. Eppure, nei mesi a seguire, qualche dubbio in più sembra essere emerso. Non certo sulla comunione di intenti delle due soluzioni, quanto piuttosto sul fatto che - se non altro in termini di comunicazione - l’eccessiva enfasi sul primo aspetto possa avere inevitabilmente penalizzato il secondo. Troppo spazio al silicio e poche attenzioni per il negawatt? Al riguardo, il parere dei grandi consumatori è certamente significativo, e per questo Nuova Energia ha interpellato Massimo Protti, presidente del consorzio Assoutility e presidente del tavolo della Domanda di Energia di Confindustria.

Partiamo da un dato di fatto. Anche in ambito industriale, se si promuove un convegno sul fotovoltaico le sale si riempiono; se si parla di efficienza si fa molta più fatica a richiamare l’attenzione degli operatori. Per quali ragioni?
Con il Pacchetto 20-20-20 l’Europa ha puntato alla riduzione dei consumi, alle rinnovabili e alla contrazione delle emissioni di CO2. L’efficienza energetica è stata quindi individuata fin da subito come una delle risposte al problema della sicurezza e dell’approvvigionamento energetico. Eppure, ad oggi non è ancora andata oltre il ruolo di Cenerentola nel panorama politico nazionale. Dobbiamo per altro riconoscere che solo nell’ultimo decennio la voce costo energia ha iniziato a emergere tra le preoccupazioni di tutta l’industria; prima era oggetto di attenzione solo di una ristretta cerchia di consumatori industriali.
Dieci anni sono ancora pochi perché si creino competenze e processi virtuosi, tanto più che solo gli ultimi hanno visto affermarsi l’interesse per l’efficienza energetica. Eppure, in proiezione futura, sono fiducioso.

Tuttavia, nel presente...
Ci troviamo ad affrontare una situazione nuova: dal settore immobiliare (condomini e centri direzionali) fino alla grande industria, il più delle volte i sistemi di energy management ottimizzati sono ancora agli albori e prevalgono invece tecnologie obsolete, con efficienze molto basse.
Il parco edilizio presente in Italia è stato realizzato in tempi in cui fare efficienza impiegando tecniche e materiali più costosi non era un’opzione presa in considerazione. L’unica esigenza era quella di costruire case in fretta; il come era secondario. Oggi ristrutturare queste abitazioni dotandole di idonea coibentazione, di impianti per la climatizzazione invernale ed estiva ad alta efficienza, comporta nella maggior parte dei casi ingenti investimenti, i cui tempi di ritorno e i benefici in termini di risparmio si possono cogliere nel medio-lungo periodo e non sono di semplice contabilizzazione. Per non parlare degli oneri in termini di tempo e di gestione.
Poi, più in generale, influisce anche l’aspetto culturale. Nelle abitudini di acquisto del cittadino ha iniziato a diffondersi l’attenzione verso prodotti che hanno l’etichettatura della classe di consumo energetico, ma da qui a passare ad una consapevolezza comune e diffusa, la strada da fare rimane lunga. E intervenire nel settore industriale è ancora più complesso.

Per quali ragioni?
L’impresa non si trova di fronte a una scelta di prodotti con un’esplicita etichetta della classe di consumo. Per esempio, acquista package di impianti chiusi, che già includono i motori che faranno muovere l’impianto, e il cui consumo energetico non è analizzato a priori. Intervenire a posteriori, sostituendo i motori, non è certo agevole. Anche nel nostro settore, poi, c’è un problema culturale, alla base della mancanza di diffusione dell’efficienza energetica.
Se a questo aggiungiamo i poveri strumenti di incentivazione e promozione che oggi abbiamo a disposizione, si comprende la difficoltà del decollo del risparmio energetico. Per tutti questi motivi abbiamo appoggiato e supportato l’iniziativa di Confindustria che nel 2008 ha portato nelle varie associazioni territoriali italiane un ciclo di seminari su questo tema strategico.

2«Il più delle volte i sistemi di energy
2management sono ancora agli albori e
prevalgono invece tecnologie obsolete»









Parlando di sistemi di incentivazione, è inevitabile pensare subito al fotovoltaico...
Infatti. L’incentivo in Conto Energia è economicamente rilevante, il consumatore può installare facilmente sul proprio tetto con bassi oneri gestionali un pannello, la banca concede credito facilmente, perché remunerata e garantita dal GSE, l’energia prodotta rimane al consumatore, che ha un vantaggio diretto e immediato, il consumatore paga la banca e ne ricava anche un margine per sé…
E come farebbe a non funzionare?!? È sicuramente un sistema vincente, anche se a spese di tanti e a vantaggio di pochi. Ma questo è un altro capitolo che non intendo aprire adesso...
Per gli interventi di efficienza la questione è molto più complessa. Difficilmente le banche si attrezzano con prodotti specifici e standard, per concedere credito sugli interventi di risparmio energetico. Inoltre, l’investitore/consumatore può offrire come garanzie il solo risparmio ottenuto dal minor consumo, quantità più difficile da valorizzare, da contabilizzare e da capire per entrambe le parti.
In estrema sintesi, oggi le imprese trovano fuori dai loro capannoni una fila di consulenti e di banche che propongono l’installazione di impianti fotovoltaici; ma devono mettersi loro stesse in fila se vogliono ottenere credito per installare una nuova centrale termica più efficiente, un impianto di cogenerazione ad alta efficienza, nuovi motori che consumano meno, eccetera. Q
uante banche sono disposte a finanziare questi interventi, che in ultima analisi possono davvero portare valore al Paese? E in quanti anni l’azienda si ripaga l’investimento, visto che la defiscalizzazione del gas naturale pesa poco per il settore industriale, e il Certificato Bianco è più oneroso richiederlo che valorizzarlo?
Di fronte a due strade, una in salita piena di difficoltà (fare efficienza riducendo i consumi) e una in discesa ampia e comoda (prendere gli incentivi mettendo un pannello sul tetto), quale delle due sarà la più gettonata?

Eppure, quando si parla di Certificati Bianchi, sembra che la situazione italiana sia quasi trionfale.
Il sistema dei Certificati Bianchi è effettivamente un sistema ef- ficace e l’Italia è stata pioniera nell’introdurlo nel 2001 e poi nel 2004, rendendolo operativo. Purtroppo, però, oggi è poco usato nel settore industriale. Basti pensare che fino allo scorso anno le imprese addirittura non potevano avere diretto accesso a questo meccanismo, se non tramite una SSE (Società di Servizi Energetici) o un distributore. Oggi, finalmente, i grandi consumatori industriali possono richiedere direttamente i Certificati Bianchi. È tuttavia una misura recente e ancora poco conosciuta, e per questo poco usata. Certo è che il prezzo dei Certificati Bianchi ha mostrato elevata volatilità e basso valore, rendendo poco appetibile il sistema per gli investimenti ingenti di livello industriale.
Questo non vuol dire che le imprese non facciano efficienza, ma spesso realizzano investimenti volti alla riduzione dei consumi senza alcun incentivo, poiché considerano troppo oneroso calcolare il risparmio e gestire l’ottenimento e la valorizzazione dei Certificati. Anche le SSE si sono rivolte poco a questo mercato, che implicava investimenti elevati e rischi maggiori rispetto agli investimenti che hanno potuto realizzare nel settore residenziale.

«Difficimente le banche si attrezzano con2
prodotti specifici e standard, per concedere2
credito sugli interventi di risparmio energetico»









A logica, quando un’azienda di medie o grandi dimensioni sceglie un fornitore di energia (come Assoutility) non dovrebbe cercare solo il minor prezzo sul mercato ma anche un interlocutore in grado di guidare le sue scelte. Fantascienza?

Non è fantascienza! Noi crediamo che questo possa essere il futuro. Assoutility, infatti, si pone sul mercato non solo come il grossista di energia elettrica delle imprese consumatrici, ma come un consulente super partes che può supportare l’impresa nello spendere meno e nel consumare meglio, nel fare le scelte ottimali per risparmiare.
Assoutility, per la sua natura no profit, nasce proprio con questo intento. Le nostre imprese sanno di avere a disposizione un team di esperti pronto a prestare aiuto per capire come eliminare gli sprechi, gestire al meglio i flussi energetici e risparmiare.
Non solo, come Assoutility possiamo facilitare le imprese a trovare la miglior fornitura di gas naturale adatta ai propri carichi, nelle valutazioni tecniche ed economiche preliminari alla scelta di investimenti in autoproduzione da fonti rinnovabili e convenzionali, affiancandole con un check up completo dei consumi per individuare i reali fabbisogni e le modalità per conseguirli con maggiore efficienza. Con la certezza che le soluzioni indicate non sono mosse da alcun intento commerciale. Assoutility nasce per supportare le imprese e farle spendere meno, con un approccio a 360 gradi sull’energia.

A volte potrebbe anche solo essere un problema di interlocutori. Chi, in fin dei conti, decide all’interno di un’azienda in merito agli investimenti in efficienza energetica?
Le imprese, quelle più grandi, conoscono bene quali sono i propri punti deboli e su cosa poter intervenire, soprattutto se sono altamente energivore. Le PMI e le imprese che fino ad oggi non avevano costi energetici importanti, hanno spesso sottovalutato i propri consumi. Oggi si trovano quindi ad affrontare il problema e all’interno hanno ottimi tecnici abituati a gestire le apparecchiature al meglio per garantire il servizio per la produzione, ma con meno attenzione agli sprechi.
Sicuramente è necessaria più informazione su come poter fare efficienza, informazione da offrire a quegli stessi tecnici che conoscono già molto bene i propri impianti. In questo l’audit è uno strumento di grande supporto. Quello che manca è, a mio parere, l’informazione più della formazione di tecnici in azienda.

Come valuta l’esperienza delle SSE?
Le SSE sono una grande alternativa per il consumatore che non può investire direttamente e quindi si avvale del supporto di un finanziatore specializzato, soprattutto per il settore residenziale e terziario. Per l’industria l’esperienza è stata, a mio parere, meno positiva. Per il problema del credito, ma anche perché i consumatori industriali, soprattutto quelli più grandi, hanno tutte le capacità tecniche per poter intervenire in autonomia, gestendo i propri flussi energetici al meglio per le proprie esigenze.
Con questo, se le SSE riuscissero ad interfacciarsi con i consumatori industriali proponendo investimenti significativi e insieme le competenze per poter garantire sempre all’azienda i servizi necessari, potrebbero essere una delle alternative anche per l’azienda.

Come ha già evidenziato, il meccanismo del Conto Energia e i possibili vantaggi legati all’installazione del fotovoltaico sembrano ormai ben compresi e radicati nel mondo imprenditoriale. Cosa si potrebbe fare per creare un’analoga cultura dell’efficienza?
Probabilmente la prima cosa da fare sarebbe rispondere a qualche semplice domanda. Esiste un modo per calcolare facilmente i ritorni di un investimento in un impianto di cogenerazione, di trigenerazione, o in altre soluzioni ancora più complesse? Su quali incentivi si può contare? Quanto è facile ottenere un credito? Nel caso del Conto Energia le risposte sono chiare e scontate. Avere anche per l’efficienza energetica dei punti fermi sarebbe un primo importante risultato per accompagnare l’inserimento nel mercato di tecnologie e interventi ad alta efficienza. Sono convinto che per diffondere maggiore cultura si deve passare anche da questo.
Però non possiamo nasconderci che lo scoglio principale riguarda la difficoltà nel cogliere gli incentivi e nel fare investimenti con l’incertezza dei tempi di ritorno. Inoltre ricordiamoci sempre che l’azienda è più abituata ad investire sul proprio core business più che sui servizi ausiliari o su tecnologie di supporto che esulano dall’attività principale.

Prendiamo l’esempio dei motori elettrici...
Se una grossa azienda deve rinnovare il proprio parco motori installato, ha comunque un grosso investimento da fare. Può beneficiare della detrazione fiscale del 20 per cento, ma anche in quel caso la gestione delle pratiche può non valere l’investimento e il ritorno può essere spalmato su più periodi di imposta. Come dicevamo prima, molti di questi interventi sono più complessi e costosi di quanto possa sembrare e l’azienda non è abituata a ragionare su orizzonti temporali molto lunghi, soprattutto in periodi di crisi come quello che stiamo attraversando.

2;«L'efficienza deve cominciare ad essere
2considerata un'opportunità di crescita
2per la nostra economia, senza trascurare
l'importanza dei finanziamenti alla ricerca»











Ci sono modelli stranieri che potrebbe essere utile seguire?
Non conosco in modo approfondito modelli stranieri che potremmo seguire, se poi ce ne sono. Certamente sarebbe opportuno che si lavori subito, anche nelle scuole, per diffondere l’importanza delle risorse energetiche e la necessità di non sprecarle. In parallelo, dobbiamo cominciare a togliere dal mercato quelle tecnologie poco efficienti, orientando tutti i consumatori verso alternative ad alta efficienza, in modo da non dover più intervenire dopo con costi più elevati. E questo approccio dovrebbe valere in tutti i settori.
L’efficienza deve cominciare ad essere considerata un’opportunità di crescita per la nostra economia, senza trascurare l’importanza dei finanziamenti alla ricerca. Quanto ai Certificati Bianchi, credo possano essere una soluzione. Va solo implementato il meccanismo rendendolo più fruibile anche per le imprese.

E nell’immediato?
Sicuramente c’è un gap culturale da sanare e noi, nel nostro piccolo, cerchiamo di farlo con seminari dedicati alle nostre imprese e soprattutto attraverso il servizio di audit energetico che offriamo per supportarle nel capire se ci sono margini di risparmio e come conseguirli nel concreto. Questo permette alle aziende di non attuare solo gli interventi che riscuotono maggiore popolarità, ma anche quelli più urgenti che possono dare maggiori benefici in termini di risparmio.