DOSSIER - L'energia dopo gli anni Zero |
di G. B. Zorzoli
Solo un inguaribile ottimista potrebbe trovare positivo il bilancio degli anni Zero. Sono iniziati con lo scoppio della bolla informatica, che ha azzerato il valore di tantissime aziende dotcom e provocato il crollo dell’indice Nasdaq (l’abbiamo dimenticato, ma era salito sopra quota 5.000 e adesso siamo soddisfatti se naviga fra 2.000 e 3.000).
Nel secondo anno del decennio l’attacco dell’11 settembre ha cambiato la nostra percezione degli assetti geopolitici e costituito il casus belli dei due successivi interventi militari in Afghanistan e Iraq, entrambi lungi dall’essere conclusi. Sotto il profilo energetico i cinque anni centrali del decennio sono stati contrassegnati dalla cavalcata del prezzo del barile fino a 147 dollari che, soprattutto in Europa, ha provocato una parallela corsa al rialzo delle quotazioni del gas naturale, mentre la domanda di carbone da parte della Cina e di altri Paesi a pronunciata crescita economica ne ha fatto lievitare i prezzi sul mercato internazionale.
Gli anni Zero si sono conclusi così come erano iniziati, con la più grave crisi economico- finanziaria del dopoguerra, da cui in particolare i Paesi occidentali stentano ad uscire. Quale ciliegina finale, in dicembre c’è stato il flop della COP 15 di Copenhagen, che solo alcune anime belle si ostinano a considerare non disastroso.
Ovvie le ricadute sul settore energetico: i cali degli investimenti e della domanda su scala mondiale, resi meno gravi dalla tenuta dell’economia cinese. Il che pone immediatamente un interrogativo: continuerà la Cina a fungere da locomotiva che traina le altre economie? [...]
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