Cinque riflessioni su biomasse ed energia

di Elio Smedile

Il 27 febbraio 2003 ATI, Associazione Termotecnica Italiana sezione Lombardia, e APER (Associazione Produttori di Energia da fonti Rinnovabili), hanno promosso, presso il Centro congressi Cariplo di Milano un convegno dal titolo “Il ruolo delle biomasse nell’economia energetica italiana”.
Il Convegno, sponsorizzato da Aldai, Animp, AIIA, Itabia e con il contributo finanziario di Asm Brescia, Cannon Bono energia, Biotec, Cct, Icq, Foster Wheeler, Sicet, Siemens, Wartsila, Sistemi di energia, ha registrato una partecipazione (oltre 350 persone) superiore a tutte le aspettative.
Il successo dell’iniziativa va sicuramente attribuito alle capacità organizzative dei promotori e alla notorietà degli oratori intervenuti che rappresentavano sia il mondo delle istituzioni sia le aziende sia le associazioni scientifiche e la ricerca.
Ma - va detto - è anche la conferma di un interesse crescente verso questa fonte energetica, tra tutte le rinnovabili quella che ha le maggiori potenzialità di sviluppo nel medio periodo. Che cosa è emerso da questa giornata di intenso dibattito?
Se - come spesso accade quando si riferisce di un convegno - mi limitassi ad una sintesi delle diverse relazioni, non renderei un buon servizio ai relatori e rischierei di annoiare i lettori.
Le poche righe che seguono sono quindi delle considerazioni personali di un osservatore che ha seguito con attenzione gli interventi e le discussioni che ne sono seguite.

1.
In maniera del tutto singolare, la prima relazione del Convegno ha posto l’accento su un aspetto terminologico: la definizione di biomassa.
Se solo volessi menzionare le definizioni che sono state date da vari autori e organizzazioni negli ultimi anni, potrei riempire almeno tre cartelle.
Poiché tuttavia non è questa la sede dove aprire un dibattito che interessa soprattutto gli “addetti ai lavori” mi limito ad una considerazione che credo faccia intuire i termini della questione. Potremmo in prima battuta definire come biomassa “ogni sostanza che deriva direttamente o indirettamente dalla fotosintesi clorofilliana”, ma con questo includeremmo anche le biomasse fossilizzate (petrolio, carbone etc). Se per risolvere questo problema aggiungessimo la parola “vivente” escluderemmo la matrice più usata, il legno, che non è fossilizzato ma è comunque materia morta (necromassa).

2. Biomasse/Rifiuti. Il rifiuto è biomassa?
La biomassa è un rifiuto? È un argomento su cui si sono divisi negli anni ricercatori, tecnici, funzionari incaricati di predisporre gli atti normativi.
Perché è così importante sapere se una certa materia è biomassa o rifiuto?
Due esempi servono a chiarire il perché.
Se un residuo agricolo è considerato rifiuto esso dovrà uniformarsi alle normative relative ai rifiuti (che sono pittosto restrittive) e la macchinosità degli adempimenti spesso scoraggia chi vorrebbe utilizzarlo dal procedere all’operazione di recupero. Se i rifiuti sono considerati biomassa (e quindi una fonte rinnovabile) essi si avvantaggeranno di tutte le provvidenze (nazionali e comunitarie) riservate alle energie rinnovabili, penalizzando spesso le “biomasse propriamente dette”.
Si noti che anche la direttiva 2001/77/CE includendo fra le FER la “parte biodegradabile dei RSU” non offre - a mio giudizio - alcun elemento di chiarificazione (anzi...).

3. Versatilità della biomassa
Se consideriamo i soli usi energetici la biomassa è un “mondo a sé” rispetto alle altre fonti energetiche rinnovabili. Infatti, mentre è ad esempio molto facile comprendere l’energia eolica (si produce solo energia elettrica)  molto più difficile è comprendere il significato delle biomasse energetiche.
Vi è anche in questo caso la possibilità di produrre elettricità (una centrale a biomasse è una centrale termoelettrica che utilizza la biomassa come combustibile), ma vi è anche un uso prettamente termico (teleriscaldamento o riscaldamento di singole abitazioni) e un uso come combustibile liquido (ad esempio etanolo o biodiesel per l’autotrazione).
Poiché i “promoters” di queste tre tipologie sono quasi sempre diversi  e si rivolgono a settori di utilizzo diversi, spesso le biomasse per l’energia vengono presentate con una visione parziale e ciò può confondere le idee (già abbondantemente confuse dalle singolarità riportate nei punti precedenti) di chi, per vari motivi, vuole avvicinarsi al mondo delle biomasse.

4. Disponibilità delle biomasse
Ascoltando i relatori e scorrendo alcuni contributi scritti ho rilevato delle contraddizioni. Per alcuni la disponibilità di biomasse residuali (escluse le colture ad hoc) è molto elevata: oltre 17 milioni di tonnellate/anno.
Altri invece affermano: “Sarei interessato all’uso energetico delle biomasse, ma il problema è che non vi sono biomasse disponibili”. Chi ha ragione?
A mio giudizio nessuno dei due. I primi fanno un discorso ineccepibile sul piano teorico ma spesso avulso dalla realtà dei casi concreti. I secondi (forse suggestionati dal fatto che il costo del “combustibile”  degli impianti eolici e solari è nullo) pensano che lo stesso debba verificarsi (qualche distinguo) anche per il combustibile derivato dalle biomasse trascurando il fatto che anche nell’ipotesi di non remunerare il possessore del residuo, la biomassa deve in ogni caso essere raccolta e trasportata.
Chi afferma che “la biomassa non è disponibile” dovrebbe - a mio giudizio - aggiungere “ a costo nullo o quasi”.

5. Accettabilità sociale
Ho apprezzato che finalmente si sia dato notizia di quanti e quali conflitti sociali siano sorti nelle località dove si è cercato di costruire centrali elettriche a biomasse. In questi ultimi tempi, infatti, i giornali hanno dedicato molto spazio alle opposizioni alla realizzazione di centrali eoliche, opposizioni derivanti in buona misura dalle prese di posizione di un personaggio molto noto (l’ex commissario europeo e ministro del governo italiano Carlo Ripa di Meana).
Molto poco si è scritto invece sui problemi (forse più gravi) che incontrano gli impianti a biomasse. Io credo che di là della ben nota “back - yard syndrom” (non nel mio giardino) che riguarda un atteggiamento diffuso non solo in Italia, ma in tutto il mondo, le biomasse sono fortemente penalizzate dall’accostamento ai rifiuti.
Si sa che la realizzazione degli inceneritori di Rifiuti Solidi Urbani è osteggiata in quanto vi è una diffusa preoccupazione (non del tutto giustificata a mio avviso) per la possibile emissione di diossine (composti clorurati potenzialmente cancerogeni). Se si assimilano le biomasse ai rifiuti ecco che nell’immaginario collettivo dei cittadini anche la combustione di potature del bosco diventa un attentato inaccettabile alla salute umana. Come è stato fatto osservare occorre, per rimontare tali pregiudizi, “fare comunicazione” attraverso una informazione corretta e puntuale diretta ai residenti delle località di insediamento degli impianti e in particolare ad alcune categorie mirate (mondo giovanile, associazioni di categoria, associazioni culturali etc).