Galileo alle prese con l’ambiente

di Yves Gaspar


Prima di affrontare il tema della descrizione scientifica dell’ambiente, occorre soffermarci su alcuni aspetti salienti della scienza moderna, creata da Galileo Galilei (1564-1642). Il grande pensatore pisano ha posto come punto di partenza di ogni scienza l’osservazione e l’esperienza e questa impostazione ha dato al pensiero le ali mediante le quali la scienza ha conquistato elevatissimi livelli della realtà che si estendono sino ai confini dell’universo osservabile.
Per rendersi conto della genialità del metodo galileiano, è utile ricordarci che nella filosofia greca antica, che ha dominato il pensiero per secoli prima di Galilei, si considerano in primo luogo principi astratti e idee generali, per poi dedurne delle conseguenze che riguardano aspetti particolari del mondo reale.
Galilei osa invertire questa modalità di pensiero sviluppata dai più grandi filosofi greci, e pone come punto iniziale di ogni scienza proprio l’osservazione di questo aspetto particolare e concreto. Egli propone che una teoria scientifica deve essere indotta a partire da questa osservazione diretta. Tuttavia, un’unica osservazione non è sufficiente: il fenomeno osservato dovrà essere riproducibile artificialmente in laboratorio. Inoltre, questo esperimento deve essere riprodotto numerose volte per assicurarsi che il fenomeno non sia un effimero caso che rappresenta un’eccezione piuttosto che la regola generale.
Mediante questa solida base empirica, lo scienziato può tentare di decifrare e comprendere il grande libro della natura il quale, secondo Galilei, è scritto nella lingua matematica. Vale a dire che è importante studiare i fenomeni mediante grandezze fisiche ben misurabili, in modo da introdurre un elemento matematizzabile e quantitativo per poter eseguire il più facilmente possibile delle verifiche sperimentali obiettive e precise. Ebbene, con tutto ciò, a questo livello la costruzione teorica ottenuta non possiede ancora il prestigioso stato di teoria scientifica.

Infatti, la formulazione particolarmente chiara del metodo scientifico, sviluppata ulteriormente dal filosofo Karl Popper (1902-1994), asserisce che una teoria è scientifica solo se essa è potenzialmente falsificabile mediante ulteriori osservazioni ed esperimenti. Ad esempio, una teoria che spiega il fatto che la Luna permane in orbita intorno alla Terra ricorrendo a un intervento divino, il quale impedisce alla Luna di fuggire nello Spazio, non è una teoria scientifica, per il motivo che essa non è falsificabile mediante l’osservazione o l’esperimento…
Ciò non significa che il modello dell’intervento divino sia necessariamente sbagliato o privo di senso: però, questa teoria non appartiene al terreno della scienza galileiana. Dunque, riassumendo, la scienza moderna contiene i seguenti ingredienti fondamentali: l’osservazione, l’esperienza riproducibile, la formulazione di una teoria mediante grandezze matematizzabili e quantitative; infine, la ricerca di osservazioni o esperimenti in grado di falsificare potenzialmente la teoria.
Siamo ora in grado di analizzare fino a quale punto la scienza galileiana è in grado di studiare e comprendere l’ambiente. Abbiamo affrontato il tema dell’ambiente in chiave teoretica in un precedente intervento, Il futuro della biosfera: una questione indecidibile, pubblicato su questa rivista (2008, n. 6, pagina 48). Riconsideriamo le conclusioni di quell’articolo, il quale proponeva un’analisi dell’evoluzione della biosfera basandosi sulle leggi della fisica e della biologia: secondo quello studio, la fondamentale e irriducibile incertezza sulle proprietà delle particelle e la complessità degli esseri viventi rendono impossibile la determinazione dell’evoluzione futura della biosfera. Il cuore del problema sta nel fatto che le proprietà macroscopiche degli esseri viventi dipendono dalla dinamica di particelle microscopiche, le quali sono soggette all’incertezza di Werner Heisenberg (1901-1976) e della meccanica quantistica. Infatti, le proprietà osservabili di un essere vivente sono determinate dalla struttura genetica: però quest’ultima dipende dalle interazioni tra molecole, atomi ed elettroni. L’incertezza quantistica sulla posizione e la velocità di queste particelle microscopiche rende incerta qualsiasi simulazione dell’evoluzione futura della biosfera, anche mediante ipotetici strumenti tecnologici infinitamente precisi e avanzati.

Ne risulta che l’unico modo certo di sapere come si comporterà la biosfera durante un intervallo di tempo nel futuro è di osservarla direttamente. La sfera del vivente ci mostra dunque delle caratteristiche tipiche di sistemi molto complessi, le cui proprietà future danno luogo a questioni indecidibili. I modelli matematici di tali sistemi dimostrano una instabilità dinamica strutturale: una piccola, anche infinitesimale, incertezza sullo stato iniziale del sistema conduce non solo a variazioni quantitative dell’evoluzione futura, ma anche e soprattutto a variazioni qualitative profonde. Ad esempio, per un sistema semplice quale il pendolo, le incertezze iniziali producono una dispersione delle traiettorie che può essere stimata quantitativamente. Ma nel caso di un sistema sufficientemente complesso, le fluttuazioni iniziali possono far passare il sistema da un regime caotico ad un regime non-caotico: la variazione in tal caso è di natura qualitativa e non meramente quantitativa. Questi elementi sembrano puntare a un conflitto con essenzialmente due caratteristiche sopra menzionate della scienza galileiana: la riproducibilità degli esperimenti e la falsificabilità del modello matematico che tenta di descrivere il sistema. Infatti, se esistono delle incertezze irriducibili sullo stato iniziale del sistema, allora ogni volta che si esegue un esperimento in laboratorio il risultato sarà qualitativamente diverso. Di conseguenza, le soluzioni delle equazioni matematiche del modello teorico potranno spiegare l’esito di un certo numero di esperimenti, ma per altrettante esperienze (con il medesimo sistema) il modello sarà in conflitto con i dati.

Ne risulta che viene meno la riproducibilità dell’esperimento, ma anche la falsificabilità del modello matematico. Il premio Nobel in fisica nel 1998, Robert Laughlin nel suo libro divulgativo A Different Universe spiega che questi sistemi complessi si ritrovano in tante parti della fisica, ad esempio nello studio della supraconduttività e in altri elementi essenziali della fisica dello stato solido: secondo l’autore, la fisica dovrebbe riconsiderare le basi del metodo scientifico. L’unico modo sicuro di capire come si comporterà nel futuro un sistema complesso, tale l’ambiente, è di osservarlo: una caratterizzazione valida di qualsiasi fase dell’ambiente richiede una osservazione diretta, in compresenza effettiva con la sfera naturale in questione.
L’esperienza diretta diventa un punto cardine, non le proiezioni virtuali e nemmeno le riproduzioni artificiali in laboratorio. Dunque, mentre la riproducibilità e la falsificabilità devono essere in qualche senso riconsiderate, l’osservazione permane, anzi acquisisce un ruolo sempre maggiore. Riecheggiano alla mente le parole di un altro grande toscano, Leonardo da Vinci (1452-1519), per il quale vedere è capire. Per Leonardo, i sensi con i quali il mondo viene percepito sono cruciali, anzi considera il senso della vista come quello più importante. Infatti, nella sua visione, la pittura è una scienza la quale ha per madre l’esperienza diretta e l’osservazione.
Quali sarebbero le conclusioni da trarre da questa riflessione? Sembrerebbe che senza la falsificabilità, il modello teorico rischi di entrare nella sfera della pura filosofia.
Tuttavia, dobbiamo rilevare almeno tre considerazioni. Innanzitutto, la fisica quantistica, pur contenendo delle incertezze fondamentali intrinseche, appartiene alla scienza galileiana. Infatti, le relazioni matematiche che esprimono le incertezze di Heisenberg non hanno nulla di incerto. Inoltre, tramite l’uso di certe quantità medie, la fisica quantistica è in grado di fare delle predizioni quantitative precise, verificabili mediante esperimenti riproducibili. Ad esempio, l’elettrodinamica quantistica è una delle teorie fisiche verificate sperimentalmente con un grado di precisione tra i più elevati di tutti i tempi.

Una seconda considerazione corrisponde alla possibilità di creare una teoria matematica non-quantitativa e qualitativa. Negli ultimi settant’anni in fisica teorica è emersa la seguente tendenza generale: le proprietà dei sistemi fisici non vengono dedotte dalle soluzioni esplicite delle equazioni matematiche, ma dalle caratteristiche globali qualitative delle stesse equazioni. Ad esempio, nella relatività generale di Albert Einstein (1879-1955), vengono usati i recenti metodi globali della topologia per dimostrare le proprietà delle soluzioni delle equazioni di Einstein, senza risolvere esplicitamente queste equazioni. Tali tecniche sono dovute a Roger Penrose e a Stephen Hawking. La topologia, in poche parole, è geometria priva del concetto di distanza. Un esempio semplice di topologia è dato dalla pianta della metropolitana di Londra. Le distanze sulla pianta non corrispondono affatto alle distanze reali tra le stazioni, ma le posizioni reciproche delle stazioni e i nodi o incroci tra diverse linee sono reali senza richiedere un elemento metrico quantitativo. Dunque, la matematica ci consente di studiare le proprietà dei sistemi fisici, senza risolvere quantitativamente o esplicitamente le equazioni che lo descrivono, ma estraendo dalle equazioni informazioni qualitative verificabili mediante l’esperimento riproducibile.

Una terza e ultima considerazione corrisponde alla difficoltà del modello riduzionistico dell’ambiente: dalle riflessioni sopraesposte emerge il fatto che l’incertezza nei modelli ha origine al livello microscopico dei costituenti di un sistema macroscopico.
Quindi, un tentativo di eliminare queste variabili microscopiche indeterminate consiste nel considerare che le proprietà di un sistema macroscopico non sono determinate dalle caratteristiche dei costituenti del sistema. Vale a dire che l’approccio riduzionistico, il quale considera che i sistemi sono determinati interamente dai loro componenti, non è applicabile. In tal caso, il comportamento della struttura complessa è determinato dalle interazioni esistenti tra il sistema e l’ambiente esterno in cui è immerso: le proprietà sono emergenti e vengono definite dalle complesse interrelazioni reciproche tra la struttura e l’ambiente esterno. Quindi, la descrizione scientifica galileiana dell’ambiente richiederà lo studio di nuove quantità medie appropriate, di metodi capaci di estrarre informazioni qualitative dalle equazioni dinamiche complesse e di proprietà emergenti non-computabili riduzionisticamente. Il punto cardine al centro di questa nuova scienza corrisponde all’osservazione diretta. Si delinea, di nuovo, una concezione leonardesca secondo la quale le attività e i pensieri dell’uomo, che partono dalla natura, sono destinati a tornare alla natura. Così come il volo degli aerei imita il volo dei uccelli, così i pannelli fotovoltaici imitano la fotosintesi e le centrali nucleari simulano il cuore delle stelle.