Dentro il disastro del Tennessee
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abstract
in English

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di Elio Smedile




Lo scorso 22 dicembre, da una falla nella struttura di confinamento superficiale delle ceneri della centrale americana a carbone della Tennessee Valley Authority (TVA) di Kingston (Tennessee) fuoriuscirono circa 4,13 milioni di metri cubi di ceneri che si diffusero su una superficie di oltre 130 ettari. Parte di queste fluirono anche nel fiume Emory, tributario del fiume Clinch, e nella Watts Bar Reservoir. Altre invasero le strade circostanti e la sede della ferrovia deputata a trasportare il carbone destinato all’impianto. Si è trattato di uno dei disastri ambientali più significativi nella storia recente degli States e, in particolare, di un evento catastrofico tra i più severi mai registrati nel campo della generazione elettrica. Esso ha avuto ampia eco negli organi di informazione degli Stati Uniti ma scarsa attenzione nei media e nell’opinione pubblica in Europa e in particolare in Italia. Macchine al lavoro nell'area del disastro Nuova Energia dedica al tema questo articolo di approfondimento, per illustrare come gli Usa hanno affrontato il problema, quali soluzioni ambientali hanno posto in atto (in tempi rapidissimi) e come hanno deciso di modificare la legislazione attualmente in vigore per evitare il ripetersi di simili eventi. Ma, anche, per capire se un evento del genere potrebbe succedere nel nostro Paese e - nel caso - come saremmo attrezzati al riguardo. L’impressione avuta - come si vedrà in seguito - è stata di un accadimento preoccupante. Senza con questo voler sposare il catastrofismo di taluni ambientalisti americani, occorre prendere atto che soprattutto l’impatto sugli ecosistemi è stato drammatico e le conseguenze non sono ancora oggi – a distanza di oltre cinque mesi – perfettamente delineabili. Alla fine di tutto, per altro, sembra che anche in termini economici il bilancio sarà fortemente negativo. Le prime stime TVA (riportate in altra parte dell’articolo), che pure erano limitate ai soli interventi di breve periodo, pur essendo decisamente copiose saranno largamente superate. Sarebbe stato interessante poter ospitare anche la voce della TVA e riportare una presa di posizione dell’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti. Purtroppo la TVA non ha mai risposto al nostro invito e l’EPA si è limitata ad inviare materiale documentale standard.


LE CONSEGUENZE IMMEDIATE
La fase iniziale di rilascio del materiale ha provocato un’onda di acqua e ceneri che ha danneggiato 40 abitazioni e provocato l’interruzione della rete di alimentazione del gas naturale che corre nelle adiacenze della centrale. Nelle ore immediatamente successive è stata interrotta anche l’alimentazione elettrica. La massa di ceneri fuoriuscita ha costituito poi un tappo che è stato causa dell’esondazione dei torrenti della zona. Immediatamente sono stati messi in atto gli interventi di soccorso e di messa in sicurezza. Il 24 dicembre viene costituito un Comando unificato costituito dalla TVA, dall’EPA, dall’EMA (Emergency Management della Contea di Roane e del Tennessee), dal Dipartimento ambiente e Conservazione dello Stato del Tennessee, dal Dipartimento statale della sanità, dalla Guardia costiera. Le ricognizioni aeree effettuate a cura dell’EPA mostrano che le aree interessate dallo sversamento sono quelle a Nord e Nord Est del bacino delle ceneri.


I DANNI ACCERTATI
Lo sversamento di una massa enorme di materiale (sufficiente per riempire 525 piscine olimpiche) ha chiaramente prodotto danni ingenti, la cui reale entità potrà essere accertata solo dopo indagini approfondite e i cui risultati saranno resi noti nei prossimi mesi. Al momento si possono quindi elencare solo alcune delle emergenze rilevate.

Danni alle abitazioni 40 case danneggiate, 15 evacuate, 3 danneggiate in maniera irreparabile per lesioni strutturali.

Danni al sistema viario e alle ferrovie: Due strade principali - Swan Pond Street e Swan Pond Circle - completamente ommerse, altre strade minori coinvolte, interrotta la ferrovia che trasporta il carbone.

Danni alla popolazione. La TVA stima che circa 600 famiglie abbiano in modi diversi sofferto danneggiamenti. A cinque mesi di distanza dall’accaduto non risultavano (per quanto reso noto ufficialmente) problemi di ordine sanitario.

Danni agli ecosistemi. Probabilmente sia gli ecosistemi acquatici (acque correnti e bacini) che gli ecosistemi terrestri sono stati seriamente danneggiati, anche se non ci sono ancora dati disponibili. Le immagini scattate nei giorni immediatamente successivi all’evento disastroso hanno evidenziato una significativa moria di pesci. Il TDEC (Tennessee Department Environment & Conservation) ha effettuato campionamenti di pesci raccolti nei fiumi (Emory, Tennessee, Clinch), ma non si conoscono ancora i risultati.

Danni all'impianto La centrale non ha subito danni particolari e ha continuato ad operare regolarmente a regime ridotto fino alla riparazione della linea ferroviaria.


I PRIMI INTERVENTI
La TVA ha avviato i lavori di recupero delle aree danneggiate nello stesso giorno in cui è avvenuto l’evento, mobilitando personale e mezzi (escavatori, escavatori anfibi, bulldozer, autocarri, natanti, eccetera). I primi interventi hanno riguardato il soccorso alle persone la cui casa era stata danneggiata o distrutta. In tempi brevissimi è stata poi ripristinata la fornitura del gas e dell’acqua e la fornitura dell’energia elettrica. In parallelo, sono stati avviati i primi interventi sul territorio riguardanti la pulizia delle aree contaminate dai materiali fuoriusciti dal bacino e la rimozione degli stessi dalle strade per liberarle dai detriti e rendere possibile il transito dei mezzi. Sono stati inoltre avviati i lavori per il ripristino di alcune strade gravemente danneggiate e della ferrovia, parzialmente distrutta dal fango. Per rendere più agevole il transito dei mezzi è stata costruita una strada di servizio.

Per evitare che il materiale che si era accumulato nei corpi d’acqua impedisse il libero deflusso dei ruscelli presenti, sono stati utilizzati particolari escavatori. Nei fiumi Emory e Clinch sono stati realizzati sbarramenti temporanei per arrestare il flusso verso valle delle cenosfere galleggianti alla cui rimozione ha contribuito il pompaggio eseguito da battelli appositamente attrezzati. Una delle operazioni più importanti per il recupero di una parte significativa delle ceneri rilasciate ha riguardato il dragaggio del canale di navigazione del fiume Emory. In una prima fase sono stati asportati materiali in misura tale da ristabilire il flusso delle acque. Le ceneri recuperate sono state separate dall’acqua e temporaneamente stivate in un sito in attesa della sistemazione definitiva. Il dragaggio del fiume Emory è stato sospeso ai primi di maggio per la piena del fiume.


IL RIPRISTINO DEI DANNI AFFIDATO A UN ACTION PLAN
La TVA ha anche immediatamente adottato un apposito piano d’azione per il ripristino delle aree danneggiate, che può essere riassunto in cinque punti.

Valutazione dello stato delle acque superficiali e profonde, ricerca delle soluzioni per i sistemi impattati, ripristino delle risorse naturali danneggiate dal rilascio delle ceneri.

Monitoraggio dell’aria e dell’acqua durante il processo di ripulitura.

Accertamento del livello di protezione dalla contaminazione delle acque potabili e ricerca di soluzioni alternative di approvvigionamento idrico nel caso di contaminazione.

Piani di gestione delle ceneri della centrale di Kingston nel medio e lungo periodo; soluzioni per la stabilizzazione del cedimento di parte dell’area.

Accertamento dei rischi sanitari e di sicurezza provocati dalle ceneri sui lavoratori e sui residenti. La TVA ha stimato che, per il complesso degli interventi a breve termine (escluse quindi le azioni di medio/lungo periodo), il costo dovrebbe oscillare tra 525 e 825 milioni di dollari.


LE ANALISI DI CAMPIONI AMBIENTALI DELL'EPA
La raccolta e l’analisi di campioni ambientali è stata effettuata, a partire dal 22 dicembre, dalla TVA, dall’EPA e dal TDEC (Tennessee Department of Environment & Conservation) nonché da alcune associazioni ambientaliste locali (Appalachian, Mountain set). Al 7 aprile la TVA aveva effettuato 1.100 campionamenti nelle acque superficiali e 27.000 campionamenti in aria. Il TDEC, nel contempo, aveva realizzato 130 campionamenti nelle acque superficiali. Si noti che, comunque, tutte le analisi e i campionamenti sono stati coordinati e spesso eseguiti in doppio. Per necessità di sintesi possiamo quindi riferirci ai soli dati contenuti nel documento Final Comprehensive Environmental Response, Compensation and Liability Act, Emergency response Report prodotto dalla Tetra Tech di Buluth (Georgia), incaricata dall’EPA di gestire le operazioni nel periodo 22 dicembre 2008 – 9 gennaio 2009. Dopo tale data l’EPA ha trasferito la sovrintendenza degli interventi sul territorio direttamente alla TVA, che ha proseguito i controlli ambientali.

Acque superficiali.Tetra Tech ha raccolto 23 campioni sui fiumi Clinch, Emory e Tennessee lungo 14 chilometri a valle delle immissioni. I dati sono stati comparati con i TWQC (Tennessee Water Quality Criteria). I parametri misurati sono stati principalmente metalli pesanti e solidi sospesi. Nei campionamenti del 23 dicembre,2 campioni del fiume Emory hanno mostrato livelli di arsenico, tallio, antimonio, cromo e piombo superiori ai TWQC. Anche il campione del fiume Clinch ha rivelato valori superiori ai TWQC. Il 29 dicembre in tutti i campionamenti effettuati negli stessi punti i valori sono stati costantemente sotto i TWQC. I solidi sospesi, che il 23 dicembre erano pari a 14.700 mg/l nel fiume Emory, il 28 dicembre erano discesi a 969 mg/l nel Clinch e a 9 mg/l nell’Emory.
Acque potabili.Il Dipartimento Ambiente e conservazione del Tennessee (TDEC) ha effettuato 22 controlli dei pozzi in un’area di 4 miglia di raggio. Tutti i campioni esaminati hanno mostrato dati costantemente sotto gli standard (MCL Maximum Contamination Level.)
Ceneri e suolo.Sono stati effettuati campionamenti di ceneri (raccolte sulle strade), sedimenti (dragati dal fiume Emory), campioni di suolo (raccolti lungo le rive del Clinch e dell’Emory). I dati ottenuti sono stati comparati con il RAL (Removal Action Level). Per le ceneri, tutti i campioni sono risultati superiori ai limiti RAL. Per quanto riguarda i campioni di suolo, solo l’arsenico è risultato superiore al RAL per le aree residenziali. Lungo le rive si sono avuti risultati tutti inferiori al RAL.
Aria.Le concentrazioni di particolato totale, misurate in continuo, sono state sempre inferiori agli Standard OSHA PEL. Il monitoraggio dell’aria effettuato con un sistema portatile equipaggiato con un filtro PM2.5 ha mostrato valori al di sotto degli standard NAAQS (Air Quality Standard).


LE ALTRE AZIONE DELL'EPA
Per prevenire altri possibili catastrofici eventi, l’EPA ha deciso di valutare la stabilità strutturale di serbatoi di ritenuta delle ceneri tramite l’invio di richiesta di informazioni a 162 proprietari o gestori di centrali che hanno strutture di confinamento delle ceneri superficiali. Le unità interessate dovrebbero essere nel complesso circa 300. L’EPA provvederà poi ad analizzare le risposte ricevute, in modo da identificare le situazioni che richiedono un’attenzione prioritaria. Inoltre l’EPA intende giungere entro la fine di quest’anno alla pubblicazione di un Piano strategico nazionale basato su due direzioni: accertamenti dell’integrità strutturale delle unità interessate; emissione di normative specifiche per i residui di combustione del carbone. Il Piano è considerato di priorità elevata in quanto diretto a prevenire futuri incidenti e a proteggere la salute umana e l’ambiente.


QUALI TIMORI PER L'ITALIA?
Anche se la notizia ha avuto un’eco tutto sommato molto soffusa nel nostro Paese, resta una domanda di fondo. La stessa cosa potrebbe succedere anche da noi? Una prima rassicurazione al riguardo giunge da Rosa Filippini, presidente degli Amici della Terra. “Il disastro in Tennessee non ha riguardato direttamente la produzione di energia elettrica da carbone, quanto – piuttosto – il cedimento di un grande deposito di fanghi, durante un periodo di piogge insistenti, in un’area storicamente interessata da gravi dissesti idrogeologici. Si tratta, quindi, di un disastro grave, provocato da un impianto di un’autorità pubblica come la TVA che, evidentemente, ha sottovalutato i rischi legati alla portata del bacino. Sembra, dunque, che nessuna amministrazione sia immune da carenze gestionali e che la cultura e la pratica della sicurezza richiedano un impegno costante in ogni parte del mondo, non solo per ciò che riguarda tecnologie sofisticate ma anche per banali strutture di contenimento”. “Quanto all’Italia - prosegue Rosa Filippini - non mi pare che un simile rischio possa riguardare le centrali a carbone, che non utilizzano depositi di simili dimensioni. La nostra esperienza, paragonabile a quella del Tennessee per tipo di incidente, è legata alla diga del Vajont, che pur contenendo solo acqua, ebbe conseguenze ben più drammatiche. Da allora, i controlli di queste strutture furono giustamente e utilmente potenziati”.


L'APPROCCIO JUST IN TIMEPER TRATTARE LE CENERI
Nuova Energiaha affidato le stesse domande al alcuni esperti del comparto carbone, in particolare a chi segue il processo di rifornimento (a monte) e di smaltimento (a valle) delle cenerei e dei gessi di desolforazione. E la risposata è stata ancora più netta: rischi zero, almeno di questo tipo. Gli operatori italiani, infatti, non prevedono sistemi complessi di stoccaggio di ceneri umide. Tutte le ceneri sono gestite con un approccio di just in time: la produzione è recuperata in “tempo reale” e lo stock per una centrale di medie dimensione non supera, di fatto, le 6-8 mila tonnellate. Si tratta di un quantitativo pari ad un millesimo, come ordine di grandezza, rispetto al volume del disastro americano. Se per qualche ragione le operazioni di ritiro e recupero dovessero subire dei ritardi e, quindi, quella soglia dovesse essere superata, non è possibile ricorrere a discariche alternative a cielo aperto; è previsto il fermo della centrale.


INEVITABILE CONVIVERE CON UN FATTORE DI RISCHIO
In ogni caso va rifiutato a priori l’effetto panico, ovvero la demonizzazione di una fonte (o di una tecnologia) balzata alla cronaca (più che mai nera). Lucida, al riguardo, la sintesi di Franco Velonà, vice presidente generale dell’Associazione Termotecnica Italiana, già direttore delle ricerche dell’Enel e presidente del Cesi. “Considerando l’incidente verificatosi nella centrale a carbone di Kingston, avvenuto a seguito di una falla nella struttura di confinamento superficiale delle ceneri, si possono esprimere alcune considerazioni. Innanzitutto va detto che le quantità dei rifiuti solidi di una centrale a carbone di grande potenza sono enormi (5-10 per cento del quantitativo di combustibile bruciato); si pone quindi il problema del contenimento di milioni di metri cubi di materiale che - nel caso di accidentali fuoriuscite - possono effettivamente provocare danni assai estesi a corsi d’acqua, abitazioni, infrastrutture di ogni genere esistenti su centinaia di ettari”.
“Gli interventi di emergenza – prosegue Velonà – risultano spesso tardivi, in quanto per le centrali convenzionali non è congenita la prevenzione di massimi incidenti ipotizzabili, né esistono sistemi di difesa in profondità (defense in depth) come nelle centrali nucleari o è prevista l’esecuzione di prove periodiche e addestramenti specifici per ridurre al minimo le conseguenze di rilasci anomali. Ciò premesso, non esiste alcun impianto industriale (in particolare per la produzione di energia elettrica su grande scala) a sicurezza assoluta, cioè a rischio zero per l’ambiente circostante. Ma non per questo va demonizzata alcuna delle fonti energetiche disponibili (il mondo ha bisogno sempre più di energia, nonostante ogni sforzo per contenerne gli sprechi). A questo punto si potrebbe concludere che le centrali di tecnologia più avanzata – proprio per la novità e la pericolosità che li caratterizzano – vengono realizzate con molta maggiore attenzione alla sicurezza e con più ridondanti e diversificati sistemi di protezione, possibili anche per le quantità dei rifiuti in gioco che sono notevolmente ridotte”.


CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Sulla base della documentazione raccolta, basata essenzialmente sui rapporti diffusi dalla TVA, dall’EPA, dal TDEC e da Tetra Tech - nonché su notizie apparse sui siti internet delle associazioni ambientaliste, dei comitati di cittadini, dei giornali locali, delle università che si sono occupate del disastro ambientale - è possibile trarre alcune considerazioni di merito sui fatti. Esse saranno necessariamente di carattere preliminare e settoriale, perché per una valutazione omnicomprensiva delle dimensioni del disastro ambientale occorrerà ancora del tempo.

Organizzazione delle azioni di soccorso alle popolazioni, ripristino delle condizioni minime di fruizione delle aree danneggiate, efficacia della comunicazione alle comunità locali: il giudizio è complessivamente positivo. È stata una straordinaria prova di efficienza. Il 24 dicembre (a meno di 2 giorni dal disastro) è stato insediato e reso operativo un Comando unificato costituito che ha gestito (dal 22 dicembre al 9 gennaio) le fasi più drammatiche degli interventi. Questi ultimi sono stati attuati con grande tempestività; l’avvio della rimozione del materiale fuoriuscito e le prime riparazioni su abitazioni, strade e ferrovia sono state considerate azioni prioritarie; i campionamenti di acqua, suolo e aria, eseguiti a partire dallo stesso giorno dell’evento catastrofico, sono stati analizzati celermente e i risultati resi pubblici in tempo reale. Il 20 gennaio (a meno di un mese dall’evento) l’EPA ha prodotto un rapporto con tutti i dati ambientali raccolti. Il 6 gennaio la TVA aveva già attivato a Kingston un Outreach Center a disposizione dei residenti per informazioni, denunce di danni, eccetera.

Nonostante il tentativo (soprattutto da parte della TVA) di minimizzare la portata dell’evento, si è trattato di un disastro senza precedenti, il maggiore mai verificatosi negli Stati Uniti, tre volte più grande di quello di Martin County (Kentucky) dove 1,16 milioni di metri cubi di slurry (miscela di carbone e acqua) confinati in un bacino in terra si riversarono negli affluenti del fiume Tug Fork. Sostanzialmente i danni immediati a persone e cose sono stati complessivamente modesti anche se – come hanno fatto rilevare alcuni osservatori locali – avrebbero potuto avere conseguenze assai drammatiche. Lo prova il fatto che l’EPA ha deciso – dopo il disastro di Kingston – di emettere normative più stringenti per la gestione dei residui di combustione del carbone. “Disastri ambientali come questo – ha dichiarato l’amministratore dell’EPA Lisa P. Jackson – non devono mai più avvenire nel Paese. E per questo noi porremo in essere nei tempi più brevi una pluralità di azioni per proteggere i nostri cittadini”.

Monitoraggio ambientale. Le analisi condotte parallelamente da TVA, EPA e dal Dipartimento Ambiente e Conservazione dello stato del Tennessee a valle e a monte dell’immissione delle ceneri non hanno dato risultati che destino preoccupazioni, ad eccezione – in alcune stazioni – di concentrazioni piuttosto alte di arsenico. Su questo punto si sono accese vivaci polemiche, in quanto analisi condotte da gruppi indipendenti (ad esempio, il Laboratorio di Chimica dell’Università di Stato Appalachian) hanno mostrato viceversa elevati livelli di metalli pesanti (arsenico, rame, bario, cromo, cadmio mercurio, nickel ,tallio) nelle acque fluviali. Chi ha ragione? È difficile dirlo, soprattutto perché sarebbe necessario confrontare piani di campionamento e metodologie analitiche impiegate, cosa ovviamente impossibile per chi osserva da lontano.

Radioattività. Come è noto, nelle ceneri di carbone si concentrano sostanze radioattive. La TVA ha eseguito misure su campioni ambientali diversi, che hanno mostrato valori compatibili con quelli delle aree campione. Viceversa, analisi condotte dal professor Avner Vengosh della Duke University hanno dato risultati differenti. Le misure eseguite su ceneri di carbone prelevate dal fiume Tennessee hanno evidenziato livelli di radiazione superiori a quelli riportati dall’EPA per tipiche ceneri di carbone.

Effetti sulle biocenosi terrestri e acquatiche. Al di là delle massive mortalità di pesci evidenziate dalle documentazioni fotografiche, dall’esame dei dati disponibili non risultano in corso indagini sugli ecosistemi interessati dagli scarichi. In prima approssimazione si ha l’impressione che l’evento dovrebbe avere avuto effetti pesanti se non addirittura disastrosi sull’assetto delle biocenosi preesistenti. Appena possibile sarà necessario accertare dove sono finite le grandi quantità di metalli pesanti scaricati (alcuni molto tossici) e in particolare valutare i fenomeni di possibile concentrazione di essi attraverso le catene alimentari.

Per quanto TVA abbia messo in atto sistemi per bloccare le ceneri immesse nei corsi d’acqua, è presumibile che parte di esse (quanta?), complici anche le grandi piene dei primi mesi del 2009, saranno migrate a valle con ciò ampliando (non si sa di quanto) l’area influenzata dallo scarico delle ceneri.