Leibstadt, simbolo energetico della Svizzera

di Davide Canevari e Paola Sesti

Leibstadt - centrale nucleare
La costruzione si affaccia sulla sponda sud del fiume Reno, al confine tra la Svizzera e la Germania. Protetta e quasi nascosta dalle basse colline circostanti, malgrado i 144 metri della sua torre di raffreddamento. mantiene una presenza tutto sommato discreta, certamente meno intrusiva rispetto alla sagoma smodata e ai colori invadenti di un tipico centro commerciale dell’hinterland milanese.
E dopotutto, non dispiace neppure alla fauna locale: ormai da un decennio una coppia di falchi proprio quella torre ha scelto come luogo dove metter su famiglia, con relativa nidiata rinnovata anno dopo anno. Circondata da piccoli appezzamenti coltivati e da gruppi di case che difficilmente superano i due piani di altezza, è raggiungibile (anche) percorrendo una pista ciclabile. All’esterno, un piccolo parco giochi strizza l’occhio ai giovanissimi. E non sorprende, visto che il Centro informazioni della costruzione è quotidianamente visitato da famiglie con bambini a seguito (oltre che da studenti, professionisti, ricercatori). Addirittura per l’utenza business sono previsti pacchetti affari: riunione di lavoro e visita all’impianto. E questo è già un primo motivo di profonda meraviglia per un italiano medio. Contiguo al Centro informazioni, il cuore dell’impianto. Per entrare, un rigoroso ma semplice controllo al metal detector. Nessuna divisa circola nei dintorni: né camici bianchi né tute mimetiche. E questa è la seconda causa di deciso stupore per l’italiano medio.

Un vetro separa i visitatori dall’interno della sala controllo, dove un gruppo di persone – in maniche di camicia e apparentemente in ottima salute – lavora senza eccessive apprensioni. Posizionati sopra un tavolino, a fianco dell’ingresso, tre telefoni di colore differente – come nei film di James Bond – sono deputati a rispondere a tre livelli di emergenza crescenti. Una delle linee è garantita sempre e comunque in funzione.
Nessun cartello vieta di scattare fotografie. Ecco una terza ragione di grande sorpresa per un italiano medio. È inammissibile! Dopotutto, siamo all’interno della “più grande fabbrica di elettricità della Svizzera”: la centrale nucleare di Leibstadt.Nucleare! Che ci fanno le famiglie in visita? Con quale leggerezza gli abitanti del loco continuano a coltivare i loro orti, incuranti del fumo bianco – puro vapore acqueo – che esce dalla torre di raffreddamento?
E tutte quelle persone – nel complesso circa 400 – che si comportano come se fossero in un normalissimo posto di lavoro?
E perché mai non è schierato l’esercito a difesa di un presidio sensibile e considerato ad alto rischio? Perché la Svizzera non è l’Italia, verrebbe da rispondere in maniera forse più semplicistica che semplice. Eppure il nodo è proprio lì: questione di cultura. Una cultura dell’energia che, evidentemente, al di là delle Alpi è cresciuta ed è stata alimentata in maniera differente. L’atomo non è etichettato né come buono né come cattivo: è solamente considerato utile, anzi necessario visto che l’impianto in questione copre un sesto del fabbisogno svizzero di energia elettrica. Certamente i cittadini della Confederazione Elvetica non sono mai stati (e non lo sono tuttora) favorevoli al nucleare in maniera plebiscitaria.

E di sicuro anche da quelle parti non saranno mancati gli episodi di Sindrome Nimby.Ma una volta decisa la realizzazione di un’opera – dopo un lungo e delicato lavoro di mediazione e di confronto tra le diverse parti – quell’opera viene costruita (i referendum si fanno prima, non dopo...). E una volta costruita, la centrale viene gestita nella maniera più efficiente e trasparente possibile, diventa una parte integrante (e integrata) del territorio e della sua gente. Non ha paura di mostrarsi per quello che è. Così, oggi, la centrale di Leibstadt è considerata un simbolo in Svizzera, non solo per la sua taglia e la sua storia – l’impianto, che appartiene alla Kernkraftwerk Leibstadt AG (KKL), ha iniziato la sua operatività commerciale nel 1984 – ma anche per l’eccellenza del suo Centro informazioni, nato proprio con l’intento di comunicare con i cittadini e di rendere l’energia nucleare una fonte il più possibile friendly.

Attualmente il mix di generazione elettrica in Svizzera è – come noto – monopolizzato da due sole fonti: l’idroelettrico (copre il 60 per cento della generazione totale) e il nucleare (40 per cento residuo), cui viene riconosciuto il merito di essere la base costante di un approvvigionamento sicuro. Di fatto – quindi – il Paese scudocrociato ha già raggiunto l’obiettivo di una generazione zero emission, che per molte altre nazioni della Ue resta un target rimandato alla metà del prossimo secolo. Leibstadt utilizza la tecnologia ad acqua leggera; la potenza termica del reattore è pari a 3.600 MW, la potenza elettrica netta è di 1.165 MW, la produzione annua raggiunge i 9 miliardi di kWh. Cifre da capogiro – con rispetto parlando – se si paragonano alla producibilità di una fattoria eolica, anche di buone dimensioni, o di un parco fotovoltaico. Per ridurre nei limiti del possibile l’impatto visivo, il piano terra della centrale è stato ricavato 8 metri al di sotto del ground level.

Per le fondamenta della torre di raffreddamento si è scesi fino a 15 metri. Una delle immagini più curiose e significative che si possono ammirare all’interno del Centro informazioni è la vetrinetta dei treni dell’energia. Un plastico che rappresenta una sorta di stazione virtuale dalla quale partono tre convogli, carichi del combustibile necessario per alimentare una giornata di lavoro di una grande centrale analoga a quella di Leibstadt (dunque per produrre circa 29 milioni di kWh/giorno). Il primo treno è una lunghissima carovana costituita da 184 vagoni merci da 56 tonnellate di portata cadauno, riempiti di carbone. Servono infatti 10.300 tonnellate di combustibile solido per generare quei 29 milioni di kWh. A fianco viaggia il treno dell’olio combustibile: 88 vagoni cisterna da 60 tonnellate ciascuno per complessive 5.300 tonnellate. Sul terzo binario un singolo vagone, pressoché vuoto. Al centro del pianale si scorge un piccolo carico, in scala, ingombrante quanto lo zaino di un escursionista previdente. Leibstadt vive, infatti, grazie a un rifornimento di soli 74 chilogrammi/giorno di combustibile nucleare (2,9 chili di uranio effettivamente utilizzati).

Una istantanea che dà una misura immediata di quanto la densità energetica della fonte nucleare sia superiore – parecchi ordini di grandezza – rispetto a qualsiasi altra alternativa. La prossima sfida, non facile, che attende la Svizzera riguarda la costruzione del sito di stoccaggio definitivo delle scorie. Un’opera titanica anche da un punto di vista tecnico e ingegneristico, visto che si dovrà scavare per oltre 600 metri sotto terra. Una delle responsabili del Centro informazioni della centrale di Leibstadt ammette: “Non sarà facile mettere d’accordo i cittadini della località che sarà prescelta, perché accettino la realizzazione dell’opera”. Ma si costruirà ugualmente il sito di stoccaggio? “Certo che si farà - risponde, stupita per l’ingenuità della domanda, Beatrice Merone - C’è una legge!”. Nel Paese degli Azzeccagarbugli una risposta così naturale e lapidaria non sarebbe neppure pronunciabile.

Un ringraziamento particolare a EGL Italia, che lo scorso 8 aprile ha organizzato la visita alla centrale di Leibstadt a cui ha partecipato anche Nuova Energia.