La riforma dell'energia all'esame del senato
di Matteo Falcione

Dopo le dichiarazioni programmatiche circa i tempi di approvazione, che si sono rincorse sin dalla prima impostazione del testo, ultimamente si sono fatte serrate le azioni tese a rispettare la scadenza prevista dal governo, che vorrebbe la traduzione del testo in legge entro l’anno. La tempestiva conclusione dell’iter legislativo non risponde solo ad un programma politico, ma è funzionale anche ad un coerente sviluppo degli impegni presi a Barcellona con i dicasteri dell’industria degli altri Stati membri dell’Unione europea. Una rapida risposta deve, ad esempio, essere data con la definizione del calendario della completa liberalizzazione del mercato ed il passaggio degli ultimi clienti vincolati al mercato libero.
Ciò detto, senza considerare che il disegno di legge di riforma prevede la proroga a tempo indeterminato delle regole introdotte dal decreto sbloccacentrali, altrimenti destinate a perdere efficacia dal primo gennaio 2004. Tale proroga è necessaria per scongiurare che la scadenza dello sbloccacentrali vanifichi molti degli iter autorizzatori oggi in corso a norma dello stesso decreto. A tal fine, per non creare vuoti normativi intertemporali, la proroga dovrà essere effettiva prima della scadenza.
La velocizzazione dell’iter parlamentare appare necessaria tanto sul piano strettamente politico, quanto sul piano della certezza e continuità della regolamentazione del settore. Tuttavia lo sprint finale con cui la Camera ha approvato il testo licenziato in commissione sembra destinato a non trovare un’immediata corrispondenza al Senato. Sulla velocità del lavoro del Senato pesa infatti la pendenza della sessione di bilancio, che per 45 giorni blocca ogni altra attività non urgente. L’inizio dell’analisi slitta così a novembre in Decima Commissione, la quale dovrà acquisire i pareri della commissioni questioni regionali e di quella per le politiche comunitarie. A tali pareri obbligatori, si aggiungono quelli richiesti nel caso in esame ad altre undici commissioni permanenti. Una volta approvato dalla commissione, il testo del disegno di legge approderà in assemblea a cui è riservata l’approvazione articolo per articolo è riservata all’assemblea, perché il testo proposto contiene deleghe al Governo.

A tale procedimento di base, devono essere aggiunti i ritardi che potrebbero verificarsi se verranno confermate le indiscrezioni circa la necessità di procedere ad un nuovo giro di audizioni degli operatori e discussioni assembleari particolarmente impegnative. Tale rischio di ritardo è reso concreto da malcontenti striscianti negli ambienti elettrici e del gas che, a differenza dei petrolieri, si dicono insoddisfatti del quadro normativo che si verrebbe a delineare se il testo fosse approvato nell’attuale versione. In particolare appare particolarmente critica la norma sulla terzietà delle reti di trasporto di elettricità e gas che limiterebbe al venti per cento la partecipazione azionaria che i produttori, importatori, distributori e venditori di elettricità e gas potrebbero avere nelle società proprietarie delle reti. Altra norma particolarmente critica sembra essere quella che, contraddicendo la giurisprudenza degli ultimi tre anni dei giudici amministrativi, reintroduce il diritto di riscatto delle reti di distribuzione del gas ad opera dei Comuni anche nella pendenza del periodo transitorio.

Da un punto tecnico-giuridico, si osserva che la corsa con cui è stato approvato l’attuale testo ha prodotto dimenticanze che dovranno essere colmate. Una per tutte è il fatto che nel testo all’esame del Senato non viene prevista la possibilità per il Governo di imporre condizioni per la realizzazione di operazioni di acquisizione di imprese energetiche italiane da parte di imprese straniere basate in Stati che non conoscono un grado di liberalizzazione almeno pari a quello italiano con le corrispondenti garanzie di reciprocità, anche per il caso in cui tali operazioni vengano notificate alla Commissione europea anziché all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. In altri termini, la norma prevede la facoltà di intervento limitativo da parte del Governo solo per il caso di notifica dell’acquisizione all’autorità antitrust italiana, trascurando di dare analoga competenza al Governo anche per il caso in cui a ricevere la notifica della concentrazione sia la Commissione. Si comprenderà come tale dimenticanza svuoti la norma in esame, poiché le operazioni di acquisizione maggiori per valore ed importanza vengono notificate alla Commissione e non all’Autorità italiana.

Ne emerge un quadro in cui i buoni propositi che hanno portato all’approvazione del progetto alla Camera si scontrano con rallentamenti tecnico-procedimentali, con doglianze sostanziali e con necessità di affinamento tecnico emerse al Senato.
È così facile prevedere che si renderanno necessari emendamenti che metteranno in moto la navette, imponendo dopo la lettura ed approvazione da parte del Senato, una seconda lettura alla Camera, con l’inevitabile sostanziale allungamento dei termini.
La tempistica dell’approvazione del d.d.l. è così ancora difficilmente prevedibile ed è concretamente temibile uno slittamento ben oltre la pausa natalizia. Ciò detto senza considerare che, anche qualora tali preoccupazioni si rivelassero infondate, dopo l’approvazione definitiva rimangono gli ulteriori tempi tecnici di promulgazione e pubblicazione.