Piebalgs: "Con le necessarie infrastrutture un mix di fonti più equilibrato"

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di Davide Canevari




Andris Piebalgs, commissario europeo all'Energia e Trasporti“Negli ultimi cinque anni la Ue è stata sempre in prima linea nella definizione e nello sviluppo delle politiche energetiche internazionali. Per l’Europa è stato un periodo unico e oggi, dunque, può davvero essere riconosciuta come il modello per l’intero Pianeta”.
Nel tracciare un bilancio dell’attività di quasi cinque anni di lavoro, Andris Piebalgs commissario all’Energia della Commissione europea, non nasconde un certo orgoglio per la recente storia energetica del Vecchio Continente. Ma facendo prevalere l’anima del tecnico su quella del politico, passa subito al concreto, enumerando i tanti meriti che proprio in questi ultimi anni la Ue si è conquistata sul campo.

“L’integrazione europea è nata proprio dall’energia; ma ci sono poi voluti cinquant’anni per arrivare ai traguardi attuali, contraddistinti da una reale policy energetica continentale. Come parte di questa politica la Ue, prima al mondo, si è imposta degli obiettivi chiaramente quantificati e vincolanti: ridurre le emissioni di gas climalteranti del 20 per cento, valore che potrebbe arrivare al 30 per cento in attesa di un accordo internazionale; di incrementare lo share delle rinnovabili all’interno della domanda energetica complessiva fino al 20 per cento; di ridurre i consumi attesi entro il 2020 del 20 per cento.
La nuova politica energetica è per altro strettamente correlata con la politica ambientale, in particolare proprio per quanto concerne i cambiamenti climatici”
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Cosa avete posto al centro della politica energetica europea?
L’efficienza energetica, che consideriamo la via più semplice, economica, di immediata realizzazione per ridurre le emissioni, incrementare la competitività, accrescere la sicurezza delle forniture. L'International Partnership for Energy Efficiency Cooperation avviata dalla Ue, ha aperto nuovi fronti nella battaglia per una maggiore efficienza energetica ed è stata recentemente presa come punto di riferimento dai membri del G20. Confortati da questo risultato, a Copenhagen faremo ogni sforzo possibile perché si raggiunga un serio e rigoroso accordo sul clima.


Quali altre decisioni strategiche hanno contraddistinto il recente passato?
Lo Strategic Energy Technology Plan, lanciato nell’ottobre 2007, ci aiuterà ad accelerare lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie low carbon attraverso azioni concrete e sforzi crescenti a livello comunitario, nazionale, regionale, tanto per il pubblico, quanto per il privato. In parallelo l’Unione europea sta lavorando per rendere possibile la costruzione di almeno 12 impianti dimostrativi per la CCS (Carbon dioxide Capture and Storage), per intensificare la collaborazione internazionale in merito a questa tecnologia, potenzialmente vitale, e per stabilire le relative regole all’interno dei meccanismi di emission trading. Nel secondo Strategic Energy Review abbiamo anche posto maggiore enfasi rispetto al passato sul problema della sicurezza energetica e sulla necessità di un’Europa totalmente interconnessa.
Stiamo quindi rivedendo i TransEuropean Networks for Energy, con l’obiettivo di sviluppare nuovi strumenti per stimolare i consistenti investimenti di cui necessitano le nostre reti. A breve intendiamo anche proporre una revisione della Gas Security Directive del 2004, sempre nell’ottica di migliorare i meccanismi di intervento in presenza di una eventuale crisi. Come già accennato, abbiamo anche registrato progressi significativi nelle nostre relazioni energetiche con gli altri Paesi e con gli stessi Membri della Ue, che stanno capendo quanto sia importante parlare con una sola voce anziché ciascuno per proprio conto. Last but not least, in questi anni abbiamo profuso grandi sforzi perché il mercato interno del gas e dell’elettricità potesse davvero aprirsi alla competizione.


Può indicare alcune priorità in tema energetico sulle quali, a suo parere, l’Europa dovrebbe intensificare il suo impegno? Quali sono i problemi più urgenti da affrontare?
Dobbiamo impegnarci su tutti i fronti, anche perché le differenti priorità sono tutte tra loro strettamente interconnesse. Contrastando i cambiamenti climatici, riusciamo inevitabilmente ad accrescere la sicurezza delle forniture. E nello stesso tempo promuoviamo investimenti in tecnologie innovative, sostenibili, profittevoli che “fanno bene” all’intera economia. Se però dovessi identificare l’area dalla quale mi attendo i risultati più immediati, diffusi e agevoli, parlerei – ancora una volta - dell’efficienza energetica. È l’elemento sine qua non di qualsiasi politica energetica; nel quale possiamo e dobbiamo fare di più.


La direttiva 20-20-20 sembra essere cruciale per il futuro (non solo energetico) dell’Europa e ha posto traguardi molto ambiziosi. Teme che l’attuale crisi economica possa in qualche modo ostacolare il suo percorso?
La lotta ai cambiamenti climatici è di importanza cruciale a prescindere, sia per l’Europa, sia per il resto del mondo. La crisi finanziaria non può quindi essere presa come una scusa. E questo è anche il senso del messaggio giunto dalla Conferenza di Poznan dello scorso dicembre e dal recente meeting dei G20. Anche perché se non agiamo oggi, intervenire domani sarà sicuramente più costoso. Le misure proposte nel pacchetto 20-20-20 ci permetteranno di raggiungere i nostri target in maniera equa e cost-effective. Va ricordato, ancora una volta, che promuovere l’uso delle rinnovabili e dell’efficienza energetica significa anche ridurre la vulnerabilità a fronte di possibili crisi internazionali e shock energetici esogeni. Non possiamo accettare che le difficoltà contingenti – per quanto serie e profonde – ci spaventino e ci allontanino dal percorso segnato verso una low-carbon economy.


Recentemente la Commissione europea ha presentato un pacchetto di strumenti per dare nuovo impulso alla sicurezza energetica dell’Europa. In particolare si è parlato di reti più efficienti capaci di distribuire energia a basse emissioni di carbonio. Quali sono le priorità di intervento?
Nello Strategic Energy Review abbiamo identificato sei priorità: assicurare forniture indipendenti dall’area del Caspio attraverso un Corridoio Sud; completare il Mediterranenan ring, soprattutto per ottimizzare lo sfruttamento delle energie rinnovabili; connettere l’area del Baltico alla Ue, attraverso nuove infrastrutture; rendere possibile il funzionamento di fattorie eoliche offshore su larga scala; migliorare le connessioni di gas ed elettricità nell’Europa centrale e del Sud-Est; infine, incrementare la capacità dell’LNG dove necessario. Vorrei anche menzionare l'Economic Recovery Plan che è stato approvato lo scorso marzo dal Consiglio europeo. Questo garantisce all’Europa un supporto strategico per la realizzazione di progetti energetici: 3,98 miliardi di euro destinati a investimenti nei settori gas, elettricità, progetti di interconnessione, CCS, eolico offshore.


Quali nuove sfide – rischi e opportunità – pone alla politica energetica comunitaria il recente allargamento verso Est dell’Unione europea?
L’allargamento ha confermato i rischi già noti ed esistenti in termini di sicurezza degli approvvigionamenti e cambiamento climatico. Molti dei nuovi Stati Membri dipendono effettivamente da un singolo fornitore di petrolio o di gas naturale. I tre stati baltici, inoltre, sono di fatto separati dal resto dell’Europa comunitaria per quello che riguarda le infrastrutture energetiche, ma più in generale ci sono evidenti e diffusi deficit nei collegamenti tra i “nuovi” e i “vecchi” Stati Membri. Proprio lo scorso gennaio è stata a tutti evidente – con la crisi del gas – la debolezza del sistema di approvvigionamento energetico. Ma, come spesso succede, c’è anche il rovescio della medaglia. Il fatto di avere oggi un mercato europeo dell’energia più ampio rispetto alla fase precedente l’ampliamento è di per sé un elemento di forza e di maggiore sicurezza. Quando le necessarie infrastrutture saranno davvero operative potremo infatti contare su un mix complessivo delle fonti e delle forniture più equilibrato.


In Italia, e più in generale in Europa, si torna a parlare di energia nucleare. Quali possibili sviluppi vede a breve e medio termine, in attesa della IV generazione?
Secondo le previsioni più accreditate la IV generazione dei reattori nucleari potrebbe essere pronta per gli usi commerciali solo dopo il 2030. Nel frattempo la III generazione di light water reactors potrà comunque rappresentare la base per un ulteriore ampliamento dell’attuale generazione nucleare o per la sostituzione di impianti esistenti ormai divenuti obsoleti. Generatori quali gli Areva Epr potrebbero davvero svolgere un ruolo da protagonisti fino alla metà del secolo. Anche perché la III generazione rappresenta una evoluzione della precedente – la II – che attualmente è utilizzata all’incirca nell’80 per cento degli impianti europei; e rispetto a questa ha ottimizzato gli aspetti della sicurezza e delle performance economiche.


L'energia nucleare in Europa può rappresentare una soluzione ad eventuali difficoltà negli approvvigionamenti di idrocarburi?
Dipende dalle scelte di ogni singolo Stato. Ciascuno deve decidere autonomamente. Naturalmente, però, le decisioni del singolo Stato devono essere in linea con gli obiettivi generali della Ue e con la legislazione vigente, in particolare per quanto riguarda i già citati aspetti della sicurezza delle forniture, della competitività, dello sviluppo sostenibile. Ad oggi molti Stati membri hanno ripreso in considerazione l’opzione nucleare e il suo possibile contributo al riequilibrio del mix energetico. Tra questi, oltre alla stessa Italia, la Polonia, la Svezia, la Gran Bretagna. Strategica diventa quindi la variabile della sicurezza, in particolare per quanto riguarda l’aspetto della non proliferazione. In quest’ottica lo scorso novembre la Commissione ha adottato la revisione di una proposta di direttiva proprio sulla nuclear safety. A marzo la Commissione ha anche adottato una comunicazione sulla nuclear non-proliferation.


Può fare un bilancio del processo di liberalizzazione in Europa?
Il processo di liberalizzazione dei mercati energetici è molto complesso e richiede alcuni anni per potersi concretizzare. La mappa del settore energetico europeo è profondamente cambiata negli ultimi anni, in particolare rispetto alla situazione di partenza, quando la Commissione ha lanciato la prima direttiva on price transparency and on transit of electricity. Sono quindi sicuro che importanti risultati siano stati ottenuti, anche se sono altrettanto convinto che la nostra missione non sia ancora completata.


Ci sono delle nazioni che possono essere considerate un “modello virtuoso” per i risultati che la Commissione si era prefissa?
Sì, effettivamente ci sono nazioni più virtuose di altre, ma fare una classifica tra Paesi non è certo l’obiettivo della Commissione europea. L’Unione fissa solamente degli standard minimi, sta poi ai singoli Stati compiere i passi successivi. Chi ha avuto il coraggio di compierli si trova oggi a convivere con un settore energetico più dinamico e in ultima analisi con un’economia maggiormente competitiva. Anche questo aspetto potrebbe essere uno dei fattori chiave per uscire prima e rafforzati dalla crisi.


Quali spazi di collaborazione vede, nel futuro, tra l’Europa e la sponda mediterranea dell’Africa? Solo un sogno o qualcosa di più concreto?
Rafforzare l’attuale collaborazione con l’area del Medio Oriente e del Nord Africa è uno degli elementi chiave dell’Energy Security and Solidarity Action Plan dell’Unione europea. Per il mezzo miliardo di consumatori europei queste aree – ma anche la regione del Mar Caspio e l’Africa Sub-Sahariana – offrono grandi opportunità in termini di risorse energetiche; il loro efficiente sfruttamento rappresenta per tutti noi una sfida importante. D’altra parte, per molte nazioni del Nord Africa e del Medio Oriente sta diventando sempre più cruciale ridurre la dipendenza dalle fonti convenzionali, introdurre misure per la promozione dell’efficienza energetica, potenziare l’apporto delle rinnovabili quali solare ed eolico. Avendo i medesimi obiettivi è interesse comune incrementare la cooperazione nei suoi vari aspetti. All’inizio del prossimo anno la Commissione presenterà un piano concreto e dettagliato per la realizzazione del Medring, il Mediterranean Energy Ring, sia per l’energia sia per il gas naturale. Per la prima volta nella sua storia l’Europa intende espandere le sue infrastrutture elettriche fino alla Penisola Arabica o al deserto della Libia. Altri progetti, sempre nell’ottica di diversificare le fonti di approvvigionamento dell’Europa, seguiranno a breve. Inoltre, verranno fatti sforzi particolare nei Paesi del Nord Africa per poter utilizzare il loro consistente potenziale di rinnovabili. Nel frattempo è anche migliorato il sistema tariffario e regolatorio vigente nel Nord Africa e nel Medio Oriente, avvicinando l’area alle logiche di mercato più tipicamente europee. Tutto ciò avrà un effetto positivo sui consumatori e renderà possibile la produzione di un più elevato quantitativo di energia verde rispetto ad oggi. Sono assolutamente convinto che il progetto di colmare il gap energetico dell’Europa attraverso queste forme di collaborazione avrà successo.


Come valuta la politica energetica dell'Italia?
Sono al corrente del fatto che l’Italia sta portando avanti un programma di incremento dell’efficienza energetica e di supporto alle fonti rinnovabili. Condivido in pieno questi obiettivi, che sono anche elementi chiave della politica energetica comunitaria. Di recente l’Italia ha anche annunciato un piano ambizioso di sviluppo dell’energia nucleare che dovrebbe portare alla realizzazione di nuovi impianti per complessivi 1,6 GW. Chiaramente ogni Stato membro ha la libertà di decidere quale mix energetico ritiene ottimale, ma penso comunque si tratti di una sfida davvero impegnativa per un Paese che ha abbandonato questa fonte di energia da più di 20 anni. Detto questo, occorre sempre ricordare che il nucleare contribuisce per circa il 14 per cento al fabbisogno energetico comunitario e per un terzo dei consumi elettrici. È quindi una fonte certamente significativa. Seguirò con grande interesse lo sviluppo di questo settore in Italia...


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PER LO SVILUPPO DELL'EOLICO, NECESSARIO AFFRONTARE LA QUESTIONE DELLE RETI

Entro il 2020 l’Europa potrà disporre di turbine eoliche della potenza unitaria di (almeno) 10 MW. Lo ha promesso lo stesso Piebalgs in occasione della European Wind Energy Conference 2009 di Marsiglia. “La ricerca e lo sviluppo devono ancora fare molti passi avanti – ha dichiarato - perché la generazione eolica possa davvero affermarsi come fonte di assoluto rilievo in Europa.
Per questo ci siamo posti l’obiettivo di raddoppiare la taglia dei più potenti aerogeneratori oggi disponibili sul mercato entro il prossimo decennio, raggiungendo - e se possibile superando - la soglia dei 10 MW. La stessa Commissione sta già supportando un programma di ricerca, all’interno del Framework Programme, per disporre di prototipi dimostrativi entro il 2015. Lo scorso anno è stato anche avviato un progetto per l’installazione sulla terraferma in una località del Belgio di una turbina da 7 MW; chiaramente, però, con il crescere delle taglia saranno sempre più le realizzazioni
offshore ad essere coinvolte”.

Sul ruolo futuro dell’eolico il Commissario – complice anche la sede del suo
speech – si è sbilanciato parecchio. “Se ancora ce n’era bisogno, la crisi del gas di questo inverno ha ricordato a tutti gli europei che oggi la sicurezza energetica non è affatto garantita. Da questo punto di vista la wind energy può davvero rappresentare un punto di svolta. Lo scorso anno nessuna fonte ha avuto un incremento – in termini di nuova potenza installata – pari a quello dell’eolico; il tasso di crescita su base annua è stato del 15 per cento. Chi ancora crede che l’energia eolica sarà anche in futuro soltanto una fonte marginale... è stato ormai marginalizzato dalla realtà dei fatti”.

Piebalgs ha anche ricordato un primato staccato di recente: “Lo scorso 5 marzo la Spagna ha raggiunto il picco storico di produzione di energia eolica; l’equivalente di 11.200 MW di potenza ovvero il 29,5 per cento della domanda interna spagnola in quel momento. Trattandosi della mattinata di un giorno lavorativo della settimana, il risultato è davvero significativo. E per la fine di quest’anno Red Elecrtica, società che in Spagna si occupa della distribuzione, prevede di poter immettere in rete regolarmente un quarto del fabbisogno interno, attingendo alla generazione da fonti rinnovabili”.

“Abbiamo sempre saputo – conclude Piebalgs – che la questione delle reti è di fondamentale importanza per un reale sviluppo dell’eolico e che lo sarà, a maggior ragione, in futuro. È per questo motivo che la Commissione, nel
Second Strategic Energy Review del novembre 2008, ha identificato come prioritari alcuni progetti infrastrutturali riguardanti proprio le electric grid”.

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