Il rilancio del nucleare e i rischi della retorica

di Vittorio D'Ermola centrale nucleare di Leibstadt


Il rilancio del nucleare in Italia, operazione molto complessa a causa dei numerosi soggetti coinvolti sia sul piano industriale sia su quello istituzionale, rischia di incontrare sin dal suo inizio una serie d’ostacoli che possono compromettere il successo del progetto, o quanto meno spostare nel tempo l’entrata in esercizio delle prime quattro centrali previste.
Una prima incognita nasce dall’aver posticipato la tematica della localizzazione degli impianti, rinviandola alla nuova legislazione in materia. In realtà, anche senza anticipare la fase autorizzativa vera e propria, sarebbe stato utile arrivare alla decisione industriale al termine di un processo preliminare d’individuazione di siti idonei non solo dal punto di vista tecnico ma anche da quello dell’accettazione, anche se in via di massima, delle popolazioni più direttamente interessate dai nuovi impianti.
L’esperienza di questi anni ha ampiamente dimostrato come il problema dell’accettazione sociale rappresenti una tappa essenziale per la realizzazione di qualsivoglia impianto energetico, compresi anche quelli per lo sfruttamento delle energie rinnovabili, rivendicate da tutti ma poi oggetto di opposizione nella fase di localizzazione degli impianti.
Il costo dell’opposizione può essere altissimo, come dimostrato ad esempio dalle esperienze dell’impianto di rigassificazione di Brindisi di cui si parla da più di un decennio, o del famoso elettrodotto che doveva collegare la Puglia alla Campania – tra l’altro in deficit di energia – realizzato con enorme ritardo rispetto ai tempi del primo progetto.

Purtroppo i problemi energetici si sviluppano su due dimensioni che spesso non comunicano tra di loro: da un lato la valutazione del progetto sulla base di criteri tecnici, economici, ambientali e di politica energetica; dall’altro, la dimensione locale, la cosiddetta backyard, in italiano la piazza o addirittura il cortile, dove tutto viene rimesso in discussione. In questa fase vengono spesso presentati argomenti e punti di vista ben fondati che possono portare ad un miglioramento del progetto. In altri casi, questa fase coincide con un rifiuto più o meno motivato che innesca un contenzioso con tempi di soluzione assolutamente imprevedibili che possono portare anche all'annullamento dell'iniziativa.
Nel caso del nucleare il pericolo di opposizioni preconcette raggiunge i massimi livelli a causa di esperienze che hanno molto turbato l'opinione pubblica e della mancanza di un'informazione completa sui vantaggi - ma anche sulle problematiche - di quella filiera energetica e sulle risposte date nei Paesi che fanno ampio utilizzo di questa fonte.
Non va dimenticato che la spinta emotiva provocata dall'incidente di Chernobyl, che tra l'altro accadde non a causa di un malfunzionamento ma per interventi fuori dalle normali procedure di sicurezza, portò al blocco del nucleare in Italia attraverso una lettura "forzata" dell'esito di un referendum che non aveva come oggetto esplicito il no o il si all'uso dell'energia nucleare, ma solo la partecipazione dell'Italia ad iniziative internazionali in campo nucleare, i poteri del Cipe in materia di localizzazione e infine le "compensazioni" per la localizzazione di impianti nucleari e a carbone.
Questa particolare esperienza - che causò anche l'assurdo del non completamento dell'impianto di Montalto di Castro, giunto all'80 per cento della realizzazione, con costi ancora ben presenti nelle bollette di tutti i consumatori - deve far riflettere su quanto sia importante avere il consenso dei cittadini più direttamente coinvolti nella costruzione e nell'eserciziodi un impianto destinato a funzionare per più di trent'anni. In tal senso, una fase di consultazione preliminare con le popolazioni dei siti potenzialmente idonei potrebbe evitare di inoltrarsi su sentieri senza sbocco.

L'annuncio di un ritorno al nucleare non accompagnato dalla cocncomitante dichiarazione d'interesse almeno da parte delle popplazioni di alcuni siti potenzialmente idonei rischia di diventare un'enunciazione programmatica con scarse probabilità di concreta attuazione. L'avvio di procedure di tipo bottom-up, invece che di tipo top down, e la conclusione favorevole di alcune di esse, avrebbero invece un effetto molto positivo sull'insieme della popolazione, che tende a considerare le scelte energetiche, e la conseguente localizzazione degli impianti, come qualcosa di imposto dall'alto.
Molti cittadini sembrano infatti ignorare che l'energia - che essi esigono venga loro fornita con continuità e a prezzi possibilmente contenuti - deve aver necessariamente un legame con il territorio.

La partecipazione consapevole alle scelte energetiche è strettamente legata ad un tema fondamentale, che però non riesce mai ad emergere con chiarezza: quello della conoscenza del contributo effettivo che le varie fonti energetiche possono fornire per il soddisfacimento delle necessità degli utenti. A questo proposito lo stato della cultura energetica è in condizioni assolutamente insoddisfacenti, anche a causa di un'informazione che tende sempre a soffermarsi sulle emergenze e non sulle cause che le determinano e sugli interventi che potrebbero prevenirle.
Il nucleare è, tra le varie fonti energetiche, quella che ha più sofferto di un approccio retorico, con il passaggio dall'entusiasmo per la fonte capace di risolvere tutti i problemi dell'approvvigionamento basato sulle fonti fossili, alla considerazione di fonte più pericolosa da eliminare dal bilancio energetico. Molti pericolosi echi di questa retorica sono riemersi in occasione del "rilancio" del nucleare: è stato così affermato che il nucleare potrebbe ridurre drasticamente la dipendenza dagli idrocarburi sulla base di una serie di under-statements o forse over - statements.

Il primo equivoco nasce dall'assimilare,
in qualche caso in malafede,
il concetto di energia elettrica a quello di energia in complesso

Il primo equivoco nasce dall'assimilare, in qualche caso in malafede, il concetto di energia elettrica a quello di energia in complesso. Ora, se è senz'altro vero che il nucleare può molto efficacemente aumentare la diversificazione del sistema elettrico, che rappresenta più di un terzo dei fabbisogni energetici complessivi, è molto meno esatto affermare che il ricorso a questa fonte possa ridimensionare drasticamente il fabbisogno di gas e soprattutto di petrolio, ormai usato quasiesclusivamente dal settore trasporti e in misura marginale dal settore elettrico. Queste considerazioni valgono in particolare per il primo gruppo di centrali prospettate in esercizio verso il 2020, con un potenziale energetico di circa 6-7 milioni di tonnellate di petrolio equivalente rispetto ad un fabbisogno complessivo a quella data di olter 200 milioni di tep di cui circa 80 per la produzione di elettricità.Naturalmente il contributo potrebbe aumentare sensibilmente negli anni successivi, con un maggiore numero di centrali, ma questo evidenzia ancor più la centralità del problema dei siti e dell'accettazione sociale.

Il contrasto tra contributo effettivo del nucleare al 2020 e i messaggi trionfalistici che hanno accompagnato il nuovo piano italiano è del tutto evidente e sottolinea la necessità di illustrare i pro e i contro dell'opzione nucleare non solo a livello nazionale ma anche a livello locale. Questo atteggiamento è reso ncessario dal fatto che la retorica energetica può forse riuscire ad ottenere un atteggiamento favorevole da parte dell'opinione pubblica ma certo non può riuscire ad ottenere il consenso a livello locale, che costituisce il vero banco di prova di qualsiasi investimento energetico.
Il nucleare, specie in una prospettiva di medio-lungo termine, ha vari argomenti a suo favore che vanno dalla mancanza di emissioni di CO2 alle ricadute sul piano industriale, dal contributo sul piano dello sviluppo tecnologico al contributo alla ricerca scientifica, dalla diversificazione delle fonti primarie ai limiti fisici ed economici nell'utilizzo delle fonti rinnovabili.
Il problema consiste nel trovare un punto d'equilibrio tra gli argomenti d'ordine generale a favore di questa fonte e le aspirazioni e le preoccupazioni delle comunità dove si realizzeranno gli impianti.
La possibilità di operare in questa dimensione è ancora a portata di mano, ma continuare a trascurarla può rendere il cammino del nucleare molto difficile. I risultati dell'approccio seguito in passato costituiscono un ammonimento molto pesante.