Il safari dei mandarini e dello zio Sam

di Salvatore Aprea


“La politica non è l’arte del possibile. Consiste nello scegliere tra il disastroso e lo sgradevole”.

La frase, presa in prestito dall’economista americano John Kenneth Galbraith, è una buona sintesi dello spirito con il quale in questi ultimi anni Paesi come Cina e Stati Uniti, seppur non da soli, hanno agito in Africa pur di assicurarsi l’accesso alle risorse energetiche, prima fra tutte il petrolio. In un clima internazionale in cui la domanda petrolifera è destinata a crescere nonostante la crisi economico-finanziaria degli ultimi mesi, il greggio africano potrebbe costituire una delle chiavi di volta della questione energetica dei decenni futuri.

Sebbene nel Continente Nero la produzione petrolifera del 2007 sia stata pari a 10,3 milioni di barili al giorno, rappresentando “solo” il 12,5 per cento di quella mondiale (per fare un raffronto, il Medio Oriente si è attestato a 25,2 milioni di barili al giorno), e le riserve di cui è stata “provata” l’esistenza ammontino a circa 117,5 miliardi di barili, pari a “solo” il 9,5 per cento delle riserve mondiali, l’interesse internazionale per le risorse energetiche africane è così vigoroso da indurre alcuni studiosi a ritenere l’epoca attuale paragonabile alla spartizione coloniale della fine del XIX secolo. [...]

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