Nella vita può capitare di tutto. A me, di trascorrerne un pezzo in Nuova Zelanda. I motivi del soggiorno non meritano particolare risalto se non quello che in sintesi sarà di seguito rievocato. Dopo una giornata e più di volo atterrai alle 7 locali con una fame degna di un pranzo o di una cena. Visto che eravamo agli antipodi, consumai una colazione a base di uova fritte, pancetta, patate lesse, salse varie e salsicce. Al sorger del sole nei bar si serviva questa tipica prima colazione. In sostituzione dell’italico caffè mattutino mi sorbii un digestivo.
Impressionante l’alternarsi dei paesaggi: giungle, ghiacciai, oceani, vulcani, laghi e ruscelli a profusione. Percorsi di 400 chilometri senza incontrare un’auto o anima viva (chissà perché, negli anni Novanta la Nuova Zelanda contava la maggior percentuale di telefonini nel mondo rispetto alla sua popolazione…). Non ero nemmeno abituato alle maree, alquanto temute dai residenti. Infatti, un improvvido parcheggio avrebbe comportato lo spostamento (non desiderato) dell’auto in Tasmania o giù di lì. La segnaletica abbondava di riferimenti sulla frequenza del fenomeno marino quasi fossimo in un parcheggio metropolitano con relative fasce orarie.
Tutto questo scombussolamento, mi provocò - secondo le più aggiornate teorie psicosomatiche - un portentoso ascesso che rendeva ardui masticazione e sonno. Il caso si sgonfiò con un miracoloso intruglio vendutomi in un mini-store. Al quarto sciacquo, scomparve il dolore ma stava scomparendo la lingua e temetti per la dentatura.
Per dare un tocco energetico alla rievocazione (d’altronde la diaristica è un genere diffuso non solo tra gli adolescenti), rimasi impressionato dalla gran quantità di impianti idroelettrici che alimentavano in tutte le abitazioni riscaldamento e cottura. Avevo appena cominciato ad occuparmi di energia e immortalai condotte, pannelli radianti e piastre di fornelli in molte foto che conservo non so dove. Mi sorse il dubbio che la bolletta fosse alquanto abbordabile, davvero agli antipodi rispetto a casa mia.
Erano gli anni in cui faceva notizia il “buco dell’ozono”, alquanto presente sopra le teste dei kiwi (così sono soprannominati i neozelandesi in onore di un diffuso e buffo volatile locale che non può volare e non per il verdognolo frutto coltivato anche in Italia). L’esistenza del “buco” rendeva pericolose per la pelle le radiazioni solari (proprio perché l’ozono non faceva da scudo) e consigliava adeguate e frequenti spalmate di creme protettive che mixate con sabbia o sudore si trasformavano in una fastidiosa poltiglia.
Per farla breve, si riteneva che, in loco, il pericoloso fenomeno stratosferico fosse causato non solo dai clofluorocarburi (impiegati negli spray e nella refrigerazione) ma anche dalla presenza delle pecore. Un attimo! Va precisato che il loro numero è sette volte maggiore rispetto agli abitanti. Quindi, circa trenta milioni. Come poteva essere pericoloso un animale simbolicamente innocuo? Colpa delle sue flatulenze ed eruttazioni metanifere. Un’emissione vera e propria di gas serra ritenuti assai nocivi per l’ambiente.
Ogni tanto, preso da un po’ di nostalgia per l’avventuroso soggiorno, faccio un giro su internet per vedere che succede in New Zealand e pochi giorni fa mi sono imbattuto in una notizia che annuncia l’imminente creazione di una razza di pecore a bassa emissione. Ovvero, alcuni ricercatori locali e statunitensi si sono impegnati in una vasta analisi di sequenze genetiche per studiare la diversa percentuale di gas nelle eruttazioni delle pecore neozelandesi che, con le flatulenze, producono un terzo dei gas serra nel Paese. Obiettivo, selezionare pecore con basse emissioni di metano. In fondo, si tratta sempre di tosature.
Non per guardare il pelo nell’(u)ovino, ma provo un po’ di tristezza per la ventura razza modificata che ha il torto di non disporre di radici e pannocchie e di subire un trattamento discriminante. Confesso di essere deluso, come quando appresi - da appassionato di rugby (questo, sotto sotto, era il motivo del viaggio insieme con la voglia di giocare il tennis sull’erba) che il campionato era concluso e i mitici All Blacks (la nazionale NZ, vedi foto) in tournee. Quasi quasi mi faccio una macedonia di kiwi.
Giuliano Agnolini
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