a cura della redazione
“Liberalizzazione? Mi sembra una parola grossa…” Parola – ponderata - di Osvaldo De Paolini, direttore di Finanza & Mercati, una testata sempre più attenta agli intrecci tra euro e watt; un po’ per scelta editoriale, un po’ per rispondere alle crescenti sollecitazioni dei lettori. “Abbiamo un pubblico molto particolare, con un posizionamento meno alto – prosegue De Paolini – che non guarda al costo della bolletta, ma ai dividendi che “staccano” le aziende di settore. Da questo punto di vista rappresenta un indicatore molto fedele dell’interesse del mondo finanziario per l’energia. Lo scorso anno ricevevano in redazione una decina di lettere o mail ogni settimana, che ci sollecitavano approfondimenti o chiarimenti sul tema energia. Oggi siamo arrivati a circa 70/80 lettere. Una crescita esponenziale”.
Sarà merito della liberalizzazione?
Sul mercato dell’energia l’ombra del monopolio non si è ancora dileguata e credo che al di là delle buone intenzioni la liberalizzazione resti un processo ancora tutto da costruire. Quando un Enel produce ancora oltre il 60 per cento dei kWh italiani è un po’ azzardato pensare a una reale competizione nel settore. Di fatto l’ex monopolista continua a governare il mercato e a comportarsi da (quasi) monopolista.
Eppure c’è un grande fermento. Se mancano gli operatori non mancano certo i rumor su cambiamenti azionari, ingressi di nuovi soggetti, fusioni e operazioni finanziarie…
Il sistema energetico italiano è un sistema vecchio; ha bisogno di cambiamenti e in qualche modo sta cercando di scrollarsi di dosso i vincoli del monopolio. Questa situazione è comunque foriera di cambiamenti e dove ci sono cambiamenti possono anche esserci opportunità. In passato è già accaduto nel settore delle banche: dopo un lungo periodo di stanca sono bastati alcuni movimenti e qualche buon risultato per far scommettere molti operatori su un possibile cambiamento e per far salire, di conseguenza, le quotazioni dei titoli di Borsa.
D’accordo, ma in concreto, davvero si immagina – tra un paio d’anni – una situazione molto diversa rispetto a oggi?
Qualcosa si sta davvero muovendo. Il processo di accorpamento delle ex municipalizzate è un fenomeno in atto e ha dimensioni non trascurabili. Hera, da questo punto di vista, è un caso straordinario. Condivido la sua logica e penso che lascerà il segno nel settore. Lo stesso fenomeno Terna porterà a mutamenti forti. Poi c’è la questione Aem-Edison. Tecnicamente è un buon accordo, un progetto che può fondarsi su solide basi, un punto d’arrivo. Penso che si farà. Le aziende del settore hanno bisogno di una massa critica per poter dire davvero loro “alla pari” con Enel. Con l’uscita di Fiat, Edison ha bisogno di un azionista forte in Italia e l’unico ad avere i requisiti necessari in questo momento è Aem. Personalmente la considero una strada segnata.
Alternative?
Certo non può essere Romain Zaleski. Sarebbe un socio finanziario e non industriale. Quanto a Fiat non sono plausibili ripensamenti. Nel momento in cui la famiglia Agnelli ha scelto l’auto come core business, ha anche deciso di operare massicci investimenti e quindi è stata costretta a liberarsi dei gioielli di famiglia (a partire da Toro). Diciamo che non c’è spazio (da un punto di vista finanziario) per seguire bene il mercato dell’energia e in parallelo quello delle quattro ruote.
Nel frattempo i due colossi Enel ed Eni continuano a fare ottimi guadagni?
Proprio perché siamo ancora molto indietro nel processo di liberalizzazione. Parliamoci chiaro, la Borsa elettrica - per ora - è un buon modello scritto solo sulla carta; nella realtà sta facendo solo danni proprio perché uno degli attori copre il 60 per cento del mercato e decide, di fatto, i prezzi. Il che non deve certo scandalizzare. Trattandosi di una società quotata, Enel deve rispondere ai suoi tre milioni di azionisti. Tecnicamente i tre milioni di azionisti sono i “datori di lavoro” di Scaroni ai quali il top manager deve garantire un’azienda in grado di produrre ricchezza. Lo stesso vale per Eni. Diciamo che gli interessi di chi paga la bolletta e di chi detiene le azioni non sono proprio gli stessi...
Paradossalmente verrebbe da pensare che sia meglio non ammettere una grande azienda energetica in Borsa, per fare realmente l’interesse dei cittadini.
È, appunto, un paradosso. Il dubbio può esistere solo in questa fase di transizione. Enel, ma anche Eni, in Borsa sono arrivate ieri (pochi anni fa). Sfruttano quindi il momento e il contesto. Più avanti sarà la liberalizzazione a fare il prezzo e per tutti ci sarà un doppio beneficio: gli ex monopolisti dovranno infatti aumentare la loro efficienza per competere con altre realtà delle loro stesse dimensioni; la liberalizzazione farà finalmente scendere i prezzi di mercato dell’energia.
Ma chiunque ha a disposizione qualche capitale sembra voler approfittare della situazione. Le opportunità di business non paiono limitate ai due big.
Ciascuna utility, magari nel suo ristretto ambito territoriale, gode pur sempre di un ruolo di monopolio. È relativamente facile fare concorrenza sui beni di consumo e replicare il prodotto di un competitor; non vale lo stesso discorso quando si vende energia, gas o acqua. Nelle utility si è tutti un po’ monopolisti; ci sono tante piccole Enel ed Eni che – nei confronti dei loro utenti – sanno di non poter subire una concorrenza diffusa e a breve termine. Ecco perché oggi, chi ha dei capitali da investire, piuttosto che fondare una fabbrica di tondino pensa all’energia.
E intanto cosa fanno le nostre aziende top? Ci sono programmi di espansione all’estero?
Parlando con Mincato e con Scaroni ho chiaramente raccolto le loro intenzioni di non essere assenti dalla competizione internazionale, anzi, di ampliare sempre di più la loro presenza sui mercati esteri. Certo, in questo momento il processo di ammodernamento delle strutture produttive in Italia rende prioritari gli investimenti in casa propria. Però personalmente mi aspetto qualche colpo grosso di Eni già nei prossimi 24 mesi e uno di Enel nei prossimi tre anni.
Un nome che regga un titolo di prima pagina…
No, al momento non è possibile fare nomi o indiscrezioni. Con la crisi petrolifera in atto, la ripresa mondiale partita in maniera asimmetrica, ma già molto spinta in alcune aree del Pianeta, le tensioni internazionali in atto, gli equilibri e il contesto geopolitica possono cambiare da un giorno all’altro. Posso però dire che l’obiettivo primario restano i dieci Paesi recentemente entrati a far parte dell’Unione Europea.
Per Enel un target addirittura più appetibile della Francia?
I presupposti per un accordo tra Enel ed Edf ci sono, gli elementi sono chiari e sono già sul tavolo. Diciamo che le prossime mosse sono affidate alla diplomazia più che ai tecnici. Per i nuovi Paesi, invece, la partita è su molti tavoli ancora da giocare. E quindi potrebbero esserci delle sorprese più interessanti.
Oltre ad accrescere il numero degli operatori bisognerà anche adeguare la capacità produttiva. Come valuta l’iter del provvedimento Marzano?
Siamo in una fase di empasse politica per cui credo che sarà molto difficile completare il processo di cambiamento nei 3-5 anni previsti in un primo tempo. Penso sia più plausibile ragionare sui 5-8 anni. Detto questo, sono convinto che il Marzano vada nella direzione giusta e, una volta realizzato nelle sue linee guida, possa portare anche in Italia alla vera liberalizzazione.
L’estate porterà ulteriori attenzioni sul settore energia, magari sulla scia di un nuovo blackout?
Temo che il nostro Paese non sia attrezzato per supportare l’aumento dei consumi e da qualche indiscrezione giornalistica ho percepito un fondato timore che nuovi black out si possano ripetere in Italia nell’ultima settimana di luglio e nei primi giorni di agosto.
Consiglierebbe a un suo lettore di acquistare delle azioni del settore energetico?
Sì, e per tutti i comparti: petrolio, energia elettrica, gas. La crescita media dei consumi è attorno al tre per cento annuo, con picchi molto superiori per singole realtà. Se avessi qualche euro da investire comprerei sicuramente Eni, Enel, Snam, per fare alcuni nomi. Sono titoli destinati a produrre ricchezza.
E per quanto riguarda Terna? Sarà un buon investimento?
I presupposti ci sono tutti e metto questo titolo sullo stesso piano dei precedenti. Vediamo quale sarà il prezzo di collocamento. Tenendo conto della attuale fase di Borsa potrebbe rappresentare un ottimo affare.
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