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De Luca: "Liberalizzazione? Sì... ma il mercato è ancora ingessato" Stampa E-mail
di Davide Canevari

Domenico De LucaIngegnere, che “impressione” le fa un barile di petrolio oltre i 130 dollari?
Qualche anno fa solo l’idea di un simile valore pareva pura follia: oggi ci stiamo abituando e abbiamo capito che il sistema economico è abbastanza elastico da sopportare questa tensione sui prezzi, senza collassare immediatamente. Tuttavia abbiamo drammaticamente ridotto i margini di manovra, mentre è finalmente condivisa la percezione che il sistema, così come è strutturato e alimentato oggi, non è sostenibile a lungo.

Qualcuno ritiene un errore aver puntato quasi esclusivamente sul gas, soprattutto in Italia, peggiorando una dipendenza energetica ormai problematica...
Mi sembra che sia stata una scelta obbligata da parte degli operatori all’avvio del libero mercato: il gas era, e resta, la soluzione più efficiente, a ridotto impatto ambientale, rapida da mettere in atto e maggiormente accettabile a livello sociale. In pochi anni, grazie alla tecnologia del ciclo combinato, si è data capacità ed efficienza ad un sistema obsoleto, inquinante e sottodimensionato. Oggi, con il prezzo del gas indicizzato a quello del petrolio, molti di questi benefici sono stati però annullati. Direi quindi che si è trattato di un errore non evitabile per mancanza di reali alternative praticabili.

Come vede il processo di liberalizzazione? Un traguardo già raggiunto, una strada ancora in buona parte da percorrere, un capitolo da riscrivere?
L’apertura dei mercati europei ha avuto velocità, ritmi e impatti molto differenti da Stato a Stato. Sicuramente ha offerto grandi opportunità, ma ha anche evidenziato le debolezze strutturali di alcuni sistemi, come è accaduto in Italia. Nel nostro Paese il processo di liberalizzazione ha permesso la creazione di un reale mercato, con nuovi protagonisti lungo tutta la filiera, dalla produzione alla commercializzazione. E questo è certamente un traguardo non ancora raggiunto, per esempio, in alcuni grandi Paesi europei come Francia e Germania. Tuttavia, a distanza di otto anni dall’avvio del processo, il mercato appare ancora ingessato da molti elementi irrisolti che ne mortificano le potenzialità. Per i nuovi entranti – come EGL – si tratta spesso di aspetti critici che possono pesantemente penalizzare i risultati e il ritorno sui loro investimenti. Il nostro auspicio è che presto tali temi siano nell’agenda del nuovo governo e che trovino una soluzione in tempi ragionevoli.

Proviamo a scrivere questa agenda. Quali sono le questioni cruciali per una realtà come la vostra che si occupa di produzione, fornitura e trading di energia elettrica?
Cito tre aspetti. La questione della rete elettrica, la trasparenza delle offerte e la qualità del servizio, il mercato a termine dell’energia. Parto dal primo. Lo sviluppo della rete elettrica nazionale procede più lentamente di quanto previsto nei piani. Tutto ciò rischia di limitare i benefici dell’aumentata competizione nella generazione termoelettrica. Per questo ritengo che sia necessario adottare ogni mezzo (a partire da una revisione delle competenze locali in materia) per rendere più proficuo il dialogo con le amministrazioni interessate dalle linee di necessaria costruzione, e insistere nel lavoro della valutazione ambientale strategica degli interventi.Parallelamente, penso che occorra maggiore trasparenza sui costi imputabili ai gravi colli di bottiglia ancora presenti sulla rete. Una sensibilizzazione anche dei consumatori secondo me non avrebbe che effetti positivi. Quanto costa a chi paga le bollette energetiche che centrali elettriche efficienti non possano produrre per mancanza di infrastrutture?

I grandi Gruppi sono sempre più multi-energetici e diversificano il proprio mix di fonti. E ritorna in scena il nucleare. Le sembra una prospettiva praticabile e necessaria?
Anche noi come Gruppo puntiamo ad un mix differenziato: le centrali termoelettriche italiane, che stiamo aggiungendo al nostro portafoglio di generazione, si affiancano su scala europea ad impianti idroelettrici e nucleari. Analogamente, allarghiamo il controllo sulla filiera: a valle incontriamo i clienti finali e a monte chiudiamo accordi direttamente con i produttori di gas naturale e progettiamo infrastrutture per il trasporto della materia prima.Per quanto riguarda il nucleare possiamo certamente dire che su scala europea è una fonte indispensabile e noi stessi concorriamo al suo sviluppo. Temo che sia, invece, difficile pensarlo nel contesto italiano. Non riusciamo a costruire nuovi elettrodotti, indispensabili per ridurre le congestioni di linea… figuriamoci un impianto nucleare.

L’Europa dà la sensazione – e forse qualcosa di più – di muoversi in ordine sparso senza una strategia efficace, per ripararsi dalle turbolenze dei mercati energetici. Se si presentasse davvero come Unione europea, non pensa che potrebbe farsi valere maggiormente a livello contrattuale con i Paesi fornitori?
Nell’ambito strategico dell’energia, i singoli Paesi europei hanno più volte dimostrato di tenere più a cuore gli interessi nazionali che lo sviluppo del mercato e la realizzazione di una solida politica continentale. Spesso Commissione e Parlamento europeo sono sembrati scollati rispetto alle politiche perseguite dai singoli Stati. Accanto a questa scarsa chiarezza dell’Ue, bisogna inoltre considerare che il potere contrattuale europeo è limitato dalla inevitabile competizione tra le singole società energetiche. La nascita di campioni nazionali, attraverso l’unione di società private, migliorerebbe senza dubbio la capacità di contrattazione, ma questo creerebbe un trade-off tra la crescita del potere contrattuale e un inevitabile calo del grado di competitività all’interno del mercato europeo. Nel contempo, la voracità energetica dei nuovi colossi asiatici pare andare ben oltre la diplomazia e gli accordi internazionali. Insomma, il quadro non mi sembra tale da poterci attendere un ruolo più attivo da parte dell’Unione europea.

"A OTTO ANNI DALL'AVVIO
DEL PROCESSO, MOLTI
GLI ELEMENTI IRRISOLTI
CHE NE MORTIFICANO
LE POTENZIALITÀ"

Restando sempre in Europa, la direttiva 20-20-20 ha suscitato perplessità fra i produttori, soprattutto nel nostro Paese. Cosa ne pensa al riguardo?
Si tratta di un obiettivo estremamente ambizioso, soprattutto considerando che, per la parte di generazione elettrica, il target dovrà essere raggiunto praticamente solo con nuovi impianti eolici, avendo raggiunto la saturazione sia l’idroelettrico sia il geotermico. Mi sembra francamente ancora irrilevante il possibile apporto del solare.In ogni caso siamo già in ritardo e i timori al riguardo sono più che comprensibili.

In merito al problema della lotta alle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, l’Italia viene segnalata tra i Paesi virtuosi, per lo meno per ciò che concerne gli obiettivi che si è posta. Però c’è chi dice che, per il nostro sistema elettrico, abbiamo fatto il passo più lungo della gamba…
Probabilmente l’Italia non ha negoziato nel migliore dei modi i limiti da imporre al proprio sistema di produzione, anche perché in sede europea è prevalsa la filosofia dei miglioramenti incrementali e non di quelli assoluti; tenendo quindi in scarsa considerazione i livelli e il contesto di partenza. Probabilmente dovevamo insistere di più per avere un mix di obiettivi meno stringenti e penalizzanti.

"SU SCALA EUROPEA IL NUCLEARE
È UNA FONTE INDISPENSABILE
E NOI STESSI CONCORRIAMO
AL SUO SVILUPPO.
DIFFICILE, TUTTAVIA,
PENSARLO NEL CONTESTO ITALIANO"


Detto questo, i risultati concreti non sono mancati…
È vero. I massicci investimenti in centrali a ciclo combinato hanno permesso di ridurre sensibilmente le nostre emissioni, per kWh generato. Il revamping ha dimostrato che i margini di miglioramento effettivamente c’erano e che quindi valeva la pena percorrere quella strada. A questo punto, il problema riguarda le scelte da compiere nei prossimi anni. I margini residui di ulteriore miglioramento, con le fonti tradizionali e con le tecnologie attuali, si sono ridotti al minimo. Serve quindi un salto tecnologico, soprattutto nella direzione delle rinnovabili. Nella consapevolezza, però, che ciò comporterà costi assai elevati per il sistema.

La cessione della rete gas, in Italia, sembra essere ancora un capitolo in sospeso, come conferma una recente dichiarazione del presidente dell’Antitrust. Questo condiziona un operatore del vostro calibro?
Uno dei principi fondamentali, stabilito dall’Europa in tema di liberalizzazione energetica, riguardava proprio l’unbundling effettivo della rete. Il fatto di non proseguire nella direzione indicata in un primo momento è un po’ come ammettere che le liberalizzazioni sono sì importanti… anche se effettuate in maniera parziale. Nella situazione attuale, infatti, si creano inevitabilmente forti asimmetrie informative tra l’operatore che fornisce anche l’accesso alla rete e i suoi competitor. E queste asimmetrie possono essere di grande portata.

Perché, invece, nel caso della rete elettrica si è compiuta una scelta diversa, e si è deciso di procedere alla separazione in maniera più spedita?
Sinceramente non ci sono chiare evidenze tecniche alla base di un diverso trattamento. Infatti, in molti Paesi europei l’unbundling è stato portato a termine sia per l’elettricità, sia per il gas.

C’è un Paese in Europa che “invidia” e che considera ideale dal punto di vista energetico?
No, non vedo una singola nazione che possa essere presa a modello in tutto e per tutto; non esiste una realtà da “copiare” per i risultati che è stata in grado di ottenere, anche per le profonde differenze che esistono – per ragioni storiche – da Stato a Stato. Trovo però che, limitatamente a singoli aspetti, ci siano spunti di eccellenza e che – a sorpresa – questi possano chiamare in causa anche l’Italia. Per esempio, pur nelle difficoltà prima evidenziate, la liberalizzazione ha effettivamente permesso l’ingresso di nuovi entranti, creando opportunità di mercato non solo nei confronti dei clienti top, ma anche delle piccole e medie imprese. L’Italia – da questo punto di vista – è stato un buon esempio; ancora migliorabile ma positivo. Il contesto spagnolo, al contrario, è stato di sicuro più difficile per i debuttanti. A mio parere l’Italia dovrebbe, invece, “guardarsi attorno” per cercare soluzioni, in merito alla sua eccessiva dipendenza dai (pochi) fornitori esteri. La Spagna, in questo caso, offre un modello più equilibrato, grazie agli investimenti effettuati nei terminal di rigassificazione. Altro tema debole per l’Italia, l’eccessiva enfasi posta sui campioni nazionali. Probabilmente la Francia è ancora più “monolitica” di noi, ma allo stesso tempo ci sono gli esempi della Gran Bretagna e dei Paesi scandinavi, dove il grado di concentrazione del mercato è tra i più bassi d’Europa.

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aa MOLINARI: ”PIÙ VICINI ANCHE ALLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE ”

Creata con la liberalizzazione del mercato elettrico, la consociata italiana del gruppo EGL ha chiuso il 2007 con 1.540 milioni di euro di fatturato. La società ha sede a Genova, e uffici a Roma e Milano. Guida la struttura commerciale Martina Molinari (nella foto), laurea in ingegneria delle tecnologie industriali e con esperienze in Edison e Hera. “Stiamo rafforzando l’organizzazione e gli strumenti commerciali – conferma Martina Molinari – con l’obiettivo di sfruttare la nostra capacità di consulenza verso i grandi clienti e di integrarla con le competenze di energy management e origination”. Contemporaneamente, EGL sta consolidando la crescita sulle piccole e medie imprese con il nuovo marchio commerciale EnergiaViva. “In un mercato con prezzi in costante crescita – continua Martina Molinari – la stabilità e la sicurezza della spesa sono diventate un elemento fondamentale nella gestione del rischio di impresa. EGL cerca di andare incontro alle esigenze delle piccole e medie realtà produttive che in questo momento di liberalizzazione hanno bisogno di semplicità e chiarezza, oltre ovviamente al risparmio su una spesa che può incidere fino al 30 per cento dei loro costi”.
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Come giudica – da un punto di vista energetico – lo spostamento verso Est dell’Unione europea, con l’inclusione di Paesi dell’ex area di influenza sovietica?
Come Gruppo EGL, già operavamo nell’area. In un’ottica prettamente aziendale, quindi, non possiamo che giudicare con favore l’integrazione nell’Unione europea, che può ampliare ulteriormente le nostre prospettive di crescita. Anche guardando alla questione nel suo complesso, il mio giudizio è fondamentalmente positivo: molti dei “tubi” che portano il gas in Europa dalle aree di produzione passano per questi Paesi. Gli stessi – dopo l’integrazione – sono ora tenuti ad applicare diritti e obblighi della Ue. Per le nazioni del centro Europa si tratta di una garanzia in più di un certo peso.

La questione energetica potrebbe anche “decidere” il prossimo ingresso della Turchia nella Ue?
Sicuramente peserà parecchio, vista la posizione strategica del Paese euro-asiatico. Tuttavia sarebbe forse limitativo considerare la Turchia solo come un’area di transito di gas e petrolio. Si tratta di un Paese con grandi potenziali di crescita in termini di PIL e quindi appetibile per il resto dell’Europa sia in termini di esportazioni che di produzione in loco.

Parliamo di sindrome Nimby. Alcuni vostri competitor hanno più volte sottolineato l’anomalia italiana, dove l’opposizione locale spesso si “accanisce” anche nei confronti degli impianti più puliti. Qual è la vostra esperienza al riguardo?
Resta sempre molto difficile da spiegare ai colleghi europei come mai in Italia anche un impianto eolico possa essere osteggiato; o come possa un’autorizzazione di un Ministero arenarsi di fronte all’opposizione di un Consiglio comunale. In definitiva, non credo esistano impianti in Italia che non abbiano avuto un iter autorizzativo sofferto o per i quali sia stata agevole la fase di insediamento. Come EGL siamo tuttavia riusciti a superare le difficoltà e in molti casi il confronto ha permesso di sviluppare nuove soluzioni condivise e accettate.

Veniamo al secondo problema da lei citato nella vostra agenda ideale.
La qualità e l’affidabilità del servizio di vendita di energia non dipendono solo dalla professionalità, dalla competitività e dalle risorse commerciali messe in campo dalle aziende fornitrici, ma anche dalla tempestività e affidabilità con cui queste stesse aziende ricevono i dati di misura dell’elettricità e del gas da parte dei gestori delle reti. Questi soggetti operano in regime regolato e oggi, in larga parte, non rispettano i tempi previsti dall’Autorità di settore per le misure. Succede, di conseguenza, che la fallibilità e i ritardi con cui le misure sono rese disponibili ai venditori, e quindi ai clienti finali, non solo minano la qualità della fatturazione ma comportano anche pesanti danni ai venditori, che ricevono, ai propri call centre lamentele se non addirittura disdette a causa dell’eccessiva incidenza dei conguagli nella fatturazione. Si tratta di un fenomeno che danneggia sia la qualità del servizio finale, sia l’efficacia della dialettica competitiva tra gli operatori, e che ritengo debba essere oggetto di un intervento incisivo dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas a valle dell’indagine conoscitiva attualmente in corso in materia.

Terzo cruccio, quello del mercato a termine dell’energia.
Un mercato a termine anche finanziario dell’energia elettrica, da un lato è in grado di aumentare la competizione dei fornitori, a tutto vantaggio dei clienti; dall’altro rende possibile somministrare energia con formulazioni di prezzo sempre più adatte alle esigenze specifiche dei singoli clienti. Per questo mi auguro che il mercato a termine diventi operativo il prima possibile e che vengano risolti gli ostacoli che lo hanno impedito fino ad ora. In particolare, credo che il Gestore del Mercato Elettrico, coerentemente con il suo ruolo istituzionale, dovrebbe agevolare il progetto di mercato a termine finanziario di Borsa Italia, l’unico – al momento – che abbia le caratteristiche per apportare i benefici che citavo sopra.

Qual è oggi in Italia il ruolo di EGL?
Ci presentiamo come un operatore di medie dimensioni, ma con proprie peculiarità e con la volontà di giocare un ruolo specifico sul mercato. Siamo l’unica azienda elettrica ad essere capillarmente diffusa in Europa attraverso 17 consociate e siamo presenti su tutta la catena del valore: dalla generazione alla fornitura all’utente finale, passando per il trading fisico e finanziario nelle principali borse elettriche. Siamo quindi abituati a mettere in relazione i differenti mercati e a sviluppare soluzioni innovative in un contesto transnazionale. Sicuramente più che svizzeri ci sentiamo europei, anche se apprezziamo il vissuto di professionalità, puntualità e precisione legato all’immagine della Svizzera. L’esperienza acquisita nei mercati più liquidi e dinamici è trasferita in quelli in fase di sviluppo attraverso un network di esperienze e competenze create a livello internazionale. Insomma, per noi non si tratta solo di negoziare una commodity, ma di generare valore integrando la flessibilità tipica del trader con l’efficace sfruttamento della capacità degli impianti che gestiamo. Anche in Italia stiamo portando questo approccio.

Non c’è dubbio che l’Italia abbia rappresentato uno sbocco naturale nei piani di sviluppo di molte realtà svizzere operanti nel settore energetico…
È vero, la posizione privilegiata della Svizzera, come nodo di collegamento tra le reti e la sua capacità di generazione legata ad ad impianti idroelettrici altamente flessibili, hanno fornito un vantaggio competitivo importante. EGL, operatore specializzato nelle interconnessioni e nel trading di energia, si era da tempo già orientata al mercato italiano. Prima con l’attività di esportazione all’Enel attraverso i propri elettrodotti sulle Alpi, poi con l’avvio di una presenza commerciale. Decidendo di entrare direttamente in Italia il gruppo EGL ha quindi sviluppato un piano industriale di ampio respiro che permettesse di consolidare la propria presenza in coerenza con il ruolo, da sempre giocato, di società di trading energetico asset based.

Facciamo un bilancio di otto anni di EGL in Italia.
Nel 2000 ha iniziato ad operare la consociata EGL Italia per la commercializzazione di energia elettrica e gas naturale, mentre

"LA CERTEZZA DEL QUADRO
NORMATIVO DI RIFERIMENTO È UNA
CONDIZIONE ESSENZIALE PER OGNI
OPERATORE ECONOMICO CHE INTENDA
INVESTIRE SU UN AMPIO PERIODO"

negli anni immediatamente successivi ha preso avvio il progetto per dotarsi di una propria capacità di generazione. Lo scorso anno è entrata in attività la centrale a ciclo combinato da 760 MW a Sparanise (CE), mentre quest’anno è entrato in funzione l’analogo impianto di Rizziconi (RC). Un ulteriore centrale turbogas, della quale EGL detiene il 49 per cento, è in fase di realizzazione a Ferrara da parte di Enipower. Complessivamente il gruppo prevede di raggiungere i 2.000 MW di potenza disponibile in Italia, mentre, per garantire l’approvvigionamento degli impianti, ha lanciato il progetto di un metanodotto con l’Albania al fine di intercettare la produzione di gas naturale dai giacimenti del Caspio e del Medio Oriente. Il Trans Adriatic Pipeline potrebbe rappresentare il nuovo corridoio energetico, creando l’alternativa alle forniture di gas dalla Siberia e dal Nordafrica.

Cosa proponete ai grandi consumatori?
Per noi il cliente deve avere la possibilità di utilizzare il proprio fornitore come accesso trasparente alle opportunità del mercato, permettendogli – grazie ad informazioni e strumenti dedicati – di governare attivamente i rischi e gestire il proprio budget con efficacia. L’accesso al mercato che proponiamo permette all’energy manager della grande azienda di costruire nel tempo il proprio portafoglio di approvvigionamento, consentendo di sfruttare le opportunità di prezzo che si formano nel trading, di indirizzarsi su vari indici energetici (gas, petrolio), di sfruttare le dinamiche che intercorrono fra prezzi fissi e variabili, nonché di adottare indici non energetici per vincolare il costo dell’energia all’andamento del proprio settore merceologico. Evidentemente la nostra esperienza di trading qui si incrocia con la flessibilità e varietà delle fonti di approvvigionamento che gestiamo.

E, invece, come “rispondete” alla crescente esigenza di risposte da parte delle piccole e medie imprese?
Dopo una fase iniziale di sviluppo caratterizzata dall’orientamento ad acquisire quote mercato, abbiamo intrapreso la strada della specializzazione e dell’innovazione. L’obiettivo è quello di trasferire le nostre competenze distintive in vantaggi per la clientela, costituita da grossisti dell’energia, produttori, distributori, grandi imprese energivore, ma anche da piccoli operatori economici. In questo ventaglio di potenziali clienti ci focalizziamo su particolari segmenti caratterizzati da specifici bisogni. I differenti segmenti dove operiamo ci impongono quindi di individuare soluzioni mirate, ma improntate dalla stessa filosofia. Ad esempio, per le piccole e medie aziende subito dopo la convenienza economica sono determinanti la chiarezza e la semplicità del prodotto. L’intero processo di acquisto e la gestione post vendita sono inoltre differenti rispetto ai grandi clienti industriali. Per questo due anni fa abbiamo creato una Business Unit dedicata ai medio-piccoli operatori economici e abbiamo lanciato un nuovo brand per rimarcare la specificità dell’offerta. La crescita del fatturato in questo ultimo periodo è proprio legata allo sviluppo di questo canale e alla copertura del territorio nazionale attraverso una rete di agenzie di vendita.

Manca solo, a questo punto, il mercato domestico…
Non è nella nostra strategia, almeno per il momento. Non mancherebbe certo l’esperienza, dato che la nostra capogruppo in Svizzera conta circa tre milioni di utenze domestiche servite. Non essendo distributori, in Italia sentiamo tuttavia di competere in una situazione di svantaggio, mentre i margini realizzabili non sembrano in grado di garantire un’adeguata copertura ai costi di ingresso nel mercato.

Non le ho ancora sentito nominare la parola rinnovabili.
Non trascuriamo assolutamente le fonti rinnovabili che, anzi, fanno parte del nostro dna. Non dobbiamo, infatti, dimenticare che EGL nasce 50 anni fa da una piccola società elettrica municipalizzata proprietaria di una diga ad acqua fluente sul fiume Reno, e ancora oggi la maggior parte della nostra capacità di generazione è costituita da centrali idroelettriche sull’arco alpino. Sulle rinnovabili puntiamo ancora, con progetti di sviluppo in tutta Europa. In Italia gestiamo, attraverso contratti a lungo termine di cessione della capacità, la produzione di 200 GWh da produzione eolica, 10 GWh da biomassa e uno da fotovoltaico.

Immagini di inviare una lettera a Palazzo Chigi, con pochi e sintetici desiderata...
La certezza del quadro normativo di riferimento è una condizione essenziale per ogni operatore economico che intenda investire su un ampio periodo: questo è proprio il caso del nostro settore, dove il ritorno di un investimento sugli asset si misura in decadi. Le aziende che investono nell’energia hanno bisogno di confrontarsi con un solido e coerente piano energetico nazionale che fissi determinati paletti per il futuro. Questo piano dovrà assolutamente prevedere una seria politica di incentivi per le rinnovabili che superi definitivamente il CIP6 e un piano di allocazione delle quote di anidride carbonica che promuova realmente l’efficienza e non discrimini i nuovi entranti.

"MI AUGURO CHE IL MERCATO A TERMINE
DIVENTI OPERATIVO IL PRIMA POSSIBILE
E CHE VENGANO RISOLTI GLI OSTACOLI
CHE LO HANNO IMPEDITO FINO AD ORA"

Infine, in uno scenario futuribile di pochi grandi campioni nazionali operanti in Europa, come vede EGL? Continuerà a crescere da sola o sono possibili acquisizioni, fusioni, accordi di collaborazione?
Crediamo che nel futuro del grande mercato europeo ci sia spazio per una pluralità di soggetti con dimensioni e caratteristiche differenti. Accanto ai grandi campioni nazionali vediamo certamente operatori di medie dimensioni con una forte focalizzazione e una grande capacità di innovazione. Queste aziende, per non restare travolte dovranno essere flessibili e dinamiche… insomma anticipare le mosse piuttosto che rispondere alla competizione dei grandi operatori. In questo quadro le partnership sono benvenute, rispettando i differenti ruoli e caratteristiche. Questa è la strada che intende decisamente perseguire EGL.

 
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