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Le CER come strumento per disegnare la transizione Stampa E-mail

Le CER come strumento
per disegnare la transizione

di Giuseppe Monaco, professore associato di Diritto costituzionale, Università Cattolica del Sacro Cuore


Per traguardare la neutralità climatica serve un cambio di paradigma: produrre energia da fonti rinnovabili sul territorio
e promuovere configurazioni di autoconsumo. Tra queste, un ruolo centrale è assegnato alle comunità energetiche rinnovabili


Le comunità energetiche rinnovabili costituiscono senza dubbio uno strumento sui cui l’Europa punta molto per la realizzazione della transizione ecologica ed energetica e quindi per conseguire l’obiettivo della neutralità climatica fissato al 2050. Come scadenza più ravvicinata, l’Unione europea si è impegnata a ridurre entro il 2030 le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 per cento rispetto al 1990. Per il conseguimento di questo ambizioso traguardo il settore energetico è fondamentale, considerato che produzione e uso dell’energia comportano il 75 per cento di tali emissioni.

Peraltro, a seguito della guerra russo-ucraina, l’UE, col Piano RepowerEU, ha deciso di accelerare la transizione, per diminuire la propria dipendenza energetica dall’importazione di petrolio, carbone e gas russi e ha stabilito che la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia dell’Unione nel 2030 debba essere almeno pari al 42,5 per cento, con l’ulteriore impegno degli Stati membri a raggiungere entro lo stesso termine il 45 per cento.

Come anticipato nello European Green Deal, lanciato dalla Commissione europea nel 2019, l’obiettivo della decarbonizzazione richiede un cambio di paradigma generale: il passaggio, cioè, da un modello basato sulla produzione di energia da parte di grandi centrali termoelettriche che utilizzano fonti fossili, ad uno basato sulla diffusione sul territorio di numerosi impianti di energia rinnovabile, soprattutto di piccole e medie dimensioni, con utilizzo della rete elettrica esistente e con il consumatore che assume un ruolo attivo, trasformandosi eventualmente in prosumer. Nella Direttiva 2018/2001/UE, cosiddetta RED II, l’Unione ha manifestato l’intenzione di favorire lo sviluppo di tecnologie decentrate per la produzione e lo stoccaggio di energia da fonti rinnovabili a condizioni non discriminatorie e di promuovere l’autoconsumo di energia rinnovabile.

La Direttiva chiede dunque agli Stati membri di incentivare i consumatori a trasformarsi in autoconsumatori e di far sì dunque che i consumatori siano autorizzati a produrre energia rinnovabile, anche per il proprio consumo, a immagazzinare e vendere le eccedenze di produzione di energia elettrica rinnovabile, a installare e gestire sistemi di stoccaggio dell’energia elettrica, a mantenere i loro diritti e obblighi in quanto consumatori finali, nonché a ricevere una remunerazione, anche mediante regimi di sostegno, per l’energia elettrica rinnovabile autoprodotta e immessa nella rete.

Comunità energetiche rinnovabili:
quali obiettivi generali perseguono?

Tra le configurazioni di autoconsumo, un ruolo centrale viene assegnato alle comunità energetiche rinnovabili (CER), alle quali possono partecipare i clienti finali, inclusi i clienti domestici. Nel caso di imprese private, la loro partecipazione non deve costituire l’attività commerciale o professionale principale. Proprio per favorire un’ampia partecipazione, la Direttiva stabilisce che queste comunità debbano mantenere la propria autonomia dai singoli membri e dagli altri attori di mercato tradizionali che partecipano alla comunità, o che cooperano con altri mezzi, come gli investimenti.[...]

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