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DeSalvo: "Nucleare: la complessità costa, la semplicità paga" Stampa E-mail

DeSalvo: “Nucleare: la complessità
costa, la semplicità paga”

di Paola Sesti


Gli Small Modular Reactor rinunciano all’economia di scala, compensandola con la costruzione modulare. La competizione nel nucleare si giocherà sulla semplificazione, senza sacrificare nulla alla sicurezza

Il nucleare è tornato, il nucleare non se n’è mai andato, il nucleare è per sempre.
Il nucleare torna al centro della discussione europea e italiana: collegato agli obiettivi di decarbonizzazione, torna per ragioni logiche di cui è oggettivamente opportuno tenere conto. Anche perché la transizione ecologica e la necessità di indipendenza energetica influenzeranno produzione e consumo di energia ben oltre il 2050 e condizioneranno radicalmente la seconda parte del secolo.

Per questo può essere utile inserire la produzione di energia da fonte nucleare in una visione prospettica costruita sulla centralità tecnologica. C’è infatti un nuovo nucleare, caratterizzato da un dimensionamento meno invasivo rispetto agli impianti che conosciamo, di cui si va affermando centralità per alcuni caratteri che si incontrano con le esigenze che la transizione ecologica fa emergere: l’enorme estensione dei consumi elettrici, la necessità di nuovi carburanti e nuovi vettori, gli usi termici in sostituzione di quelli attualmente realizzati con combustibili fossili.

Se ne parla nel dibattito pubblico - perfino dalla parrucchiera l’argomento ha preso il posto del gossip - ma non è semplice per l’uomo della strada cogliere le differenze. Nuova Energia ha chiesto aiuto a Riccardo DeSalvo, direttore di Ultra Safe Nuclear Italia, per fare chiarezza e tentare di non fare di tutti gli atomi un fascio. Perché c’è nucleare e nucleare….

Al momento esistono in servizio praticamente solo grandi reattori di terza generazione. È davvero così?
I reattori di terza generazione sono raffreddati e moderati con acqua e forniscono energia elettrica con potenze che vanno da poco meno di 1 GW fino a 1,6 GW elettrici (ossia, fra 3 e 5 GW termici). La temperatura di servizio di questi reattori è limitata a meno di 300 °C dalle proprietà del vapore acqueo che, se surriscaldato, genera esplosioni; come succedeva alle vecchie vaporiere ferroviarie e come è successo a Chernobyl. Al riguardo è doveroso notare che quello di Chernobyl non era un reattore di terza generazione: era stato progettato per produrre plutonio per usi militari e, ahimè, non aveva l’edificio di contenimento. I reattori di terza generazione generano calore in una grande pentola a pressione di acciaio, a sua volta racchiusa dentro un enorme edificio di contenimento che deve avere un grande volume e pareti molto spesse per assorbire anche un’improbabile esplosione da vapore (evento che, fortunatamente, non è mai successo, con l’eccezione di Chernobyl) e impedire la dispersione nell’ambiente di materiali radioattivi che ne risulterebbe. In più, questi reattori hanno bisogno di pompe di emergenza per mantenere il raffreddamento del nocciolo, onde evitare la fusione delle barre di combustibile (meltdown).

Fu il mancato funzionamento di queste pompe a causare la rovina dei tre reattori allora in funzione a Fukushima?
Esatto. Con una grande perdita finanziaria e una piccola emissione di elementi radioattivi nell’atmosfera. Occorre notare che la gran parte delle emissioni a Fukushima, comunque limitate, non vennero dai tre reattori che subirono meltdown, bensì dalle barre di combustibile di un quarto reattore che erano conservate in una piscina di raffreddamento. Il terremoto causò la perdita dell’acqua della piscina e, di lì a poco, il surriscaldamento e la fusione delle barre e la fuoriuscita di elementi radioattivi volatili. È anche importante rammentare che a Fukushima non ci furono vittime, e neppure un aumento dei casi di tumore dovuto alle radiazioni. I reattori di terza generazione sono già molto più sicuri di ogni altra fonte di energia e dopo quell’incidente sono stati dotati di sistemi di raffreddamento aggiuntivi per evitare il ripetersi di eventi simili.

In base a quanto dice, quindi, l’edificio di contenimento e i sistemi di emergenza rappresentano fra 80 e il 90 per cento del costo di un impianto nucleare di terza generazione?
È solo con l’economia di scala che per questi reattori si è riusciti a produrre energia elettrica a basso costo. Ed è proprio per questo che la ricerca si è concentrata su dimensioni inferiori, lavorando alla progettazione e realizzazione di Small Modular Reactors e di Advanced Modular Reactors. Come dice il nome, gli Small Modular Reactors (SMR) sono più piccoli, con taglie fra un terzo e un decimo della potenza dei grandi. Nei prossimi anni arriveranno i reattori avanzati, Advanced Modular Reactors (AMR), detti anche di quarta generazione, che usano tecnologie diverse per il raffreddamento. Fra questi ci sono anche gli AMR di Ultra Safe Nuclear.
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