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Un’occasione persa per le rinnovabili in mare Stampa E-mail

Un’occasione persa
per le rinnovabili in mare

di Giuseppe Gatti


Anche a Bruxelles succede talvolta che la mano destra non sappia quello che fa la sinistra e si producano quindi paradossali contraddizioni. È quanto è successo nelle ultime settimane, con due provvedimenti assunti dalla Commissione, per singolare coincidenza a distanza di pochi giorni: prima con il deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia europea il 23 maggio, per la mancata osservanza degli obblighi posti dalla Direttiva UE 2014/89; poi il 4 giugno approvando lo schema del Decreto FER 2 e autorizzando quindi gli aiuti di Stato previsti per le fonti rinnovabili innovative o dai costi particolarmente elevati.

Ripercorriamo brevemente le due vicende. La Direttiva 2014/89, nota come Direttiva PSM (dall’acronimo di Pianificazione dello Spazio Marittimo), è un elemento costitutivo del Green Deal: entrata in vigore nel settembre 2014 prevedeva che entro il 31 marzo 2021 i 22 Stati rivieraschi dell’Unione adottassero specifici Piani di Gestione degli Spazi Marittimi (PGSM) definendo - in una logica di sostenibilità dell’ecosistema marino - ambiti e modalità di esercizio, in mare e sulle coste, delle attività economiche - a partire dalla pesca - turistiche e sociali.

Entro tre mesi dalla loro adozione, quindi giugno 2021, i PGSM avrebbero dovuto essere comunicati alla Commissione e ai Paesi confinanti. Nonostante il tempo a disposizione non fosse poco, a dicembre 2021 nove Stati non avevano ancora notificato i loro Piani. Spagna, Portogallo, Bulgaria ed Estonia erano in fase conclusiva, altri cinque - Italia, Romania, Croazia, Grecia e Cipro - ne erano ben lontani.

Partì così una prima lettera di messa in mora, che per quanto riguarda l’Italia produsse solo l’avvio di una prima fase di consultazioni da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nell’ottobre 2022. Di fronte all’inerzia italiana, nell’aprile 2023 la Commissione attivò con un parere motivato la seconda fase della procedura di infrazione e nella perdurante latitanza delle istituzioni italiane si è così arrivati al deferimento alla Corte di Giustizia.

Veniamo ora alla seconda vicenda, che si sviluppa in parallelo. A dicembre 2022 la Conferenza unificata approva la bozza del Decreto detto FER 2 finalizzato a promuovere e sostenere lo sviluppo dell’innovazione nelle diverse tipologie di fonti rinnovabili e in specie di quelle particolarmente costose.

Le misure di incentivazione dovrebbero dispiegarsi su di un arco di venti-venticinque anni con tariffe differenziate per tecnologie e con contratti per differenza a due vie, con un ammontare complessivo che - stima del Governo italiano - potrebbe arrivare in totale a 35 miliardi di euro, grosso modo 1,5 miliardi l’anno (con il che, il monte premi cumulato delle rinnovabili si attesta sui 200 miliardi di euro).

A gennaio 2023 lo schema di decreto viene notificato a Bruxelles: siamo certamente nell’ambito del Green Deal, i 35 miliardi si scaricano sulla bolletta dei consumatori, con un prelievo parafiscale che configura l’aiuto di Stato, ma non incide sul bilancio pubblico e non aumenta il già astronomico disavanzo italiano. Il 4 giugno scorso la Commissione dà quindi il suo via libera e il Decreto va in Gazzetta Ufficiale.

A questo punto vi chiederete cosa ci sia di strano in questa storia: l’Italia è primatista nelle infrazioni per mancato recepimento o implementazioni delle Direttive europee (il caso Bolkestein versus balneari vi dice qualcosa?) e tanto è allergica alla concorrenza quanto predilige gli aiuti di Stato.[...]


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