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Villa: "Transizione energetica, grande sfi da al sistema elettrico" Stampa E-mail

Villa: “Transizione energetica,
grande sfida al sistema elettrico”

di Paola Sesti

L’ELETTRIFICAZIONE DEI CONSUMI, LA PERVASIVITÀ DELLE FONTI RINNOVABILI E LA FREQUENZA DI EVENTI CLIMATICI ESTREMI COSTRINGE A RIPENSARE L’INTERO SISTEMA ELETTRICO. LE RETI DEVONO DIVENTARE FLESSIBILI, RESILIENTI E SOSTENIBILI. PERCHÈ TRASPORTARE I GIGAWATT PRODOTTI RESTA UN PROCESSO DECISAMENTE FISICO…


Per rispondere alle necessità di decarbonizzazione dell’economia, soddisfare la domanda di energia elettrica - colonna portante del sistema energetico mondiale, la cui penetrazione negli usi finali è attesa in aumento - e far fronte all’introduzione di una ingente capacità di generazione da fonti rinnovabili - per loro caratteristica di limitata programmabilità - il sistema di trasmissione sarà inevitabilmente messo sotto pressione.

In aggiunta, la maggiore frequenza dei fenomeni climatici estremi, unita alla difficoltà di realizzare nuove infrastrutture, rende il cambiamento di scenario ancor più sfidante. Le reti di distribuzione devono diventare flessibili, efficienti, resilienti e sostenibili. In che modo e in quanto tempo? Nuova Energia lo ha chiesto a Flavio Villa, Country Managing Director Italy di Hitachi Energy. “La generazione sta cambiando e l’elettrificazione sembra dematerializzare la produzione di energia”.

L’abbandono di miniere e campi petroliferi per produrre energia quasi
dal nulla
, dal sole e dal vento, è come se portasse con sé l’accattivante sensazione - tipica dell’elettrificazione - di un progresso verso la dematerializzazione.

È vero. Ma se la produzione di elettricità tramite immobili pannelli di vetro e pale mosse dal vento sembra essere senza sforzo e quasi immateriale, trasportare i gigawatt ai consumatori resta un processo decisamente fisico. Comunque sia generata, infatti, l’energia è resa disponibile a tutti gli utilizzatori attraverso un circuito elettrico che è la rete. Le frequenze dei diversi generatori sono sincronizzate in modo che le linee ad alta tensione ne possano combinare i flussi. E poiché le alte tensioni non sono adatte per i consumatori domestici, sono stati sviluppati i trasformatori - una tecnologia che funziona solo nei sistemi a corrente alternata - per ridurle a quelle più basse.

Comincia ad apparire l’architettura familiare dei tralicci e delle sottostazioni. Questa infrastruttura fisica fa sembrare la fornitura di elettricità statica e immutabile.
L’apparenza inganna. La rete è altamente dinamica. Le sue condizioni sono soggette a continui cambiamenti a causa di una verità fondamentale dei sistemi di alimentazione elettrica: l’offerta deve corrispondere alla domanda in tempo reale. Detto in altri termini, in un dato momento la quantità di energia prelevata dalla rete per alimentare lavatrici, luci, condizionatori, computer, televisori…
– il cosiddetto carico – deve essere pari alla quantità generata. Ciò significa che la rete elettrica è in continuo cambiamento e ha bisogno di una supervisione costante per evitare che un qualsiasi squilibrio la faccia collassare.

Questa complessità – unita al cambiamento del mix di generazione in ottica decarbonizzazione, che vede la sostituzione delle fonti fossili con le rinnovabili – rende la gestione dell’infrastruttura di rete un compito impegnativo e rappresenta una seria sfida per gli operatori.
Un altro elemento che allarga i termini della questione è dato dal fatto che gli impianti rinnovabili tipicamente generano meno energia rispetto a una centrale a gas. Ciò significa più connessioni per unità di capacità.
In aggiunta, i luoghi più adatti all’installazione di impianti FER spesso non sono quelli in cui si concentra il consumo. Sono quindi necessarie nuove linee di trasmissione e modifiche agli assetti attuali per evitare congestioni di rete.
In aggiunta, le rinnovabili sono intermittenti e per questo richiederanno nuovi sistemi di stoccaggio dell’energia che comportano per le reti l’accesso a sistemi di gestione della domanda su scale temporali diverse.
Infine, oggi le reti sono controllate e bilanciate con modalità fisicamente legate ai sistemi di generazione tradizionali e sarà quindi necessario ripensarle. Insomma, anche le reti dovranno cambiare forma. A lungo termine questa è una grande opportunità per rendere il sistema più economico e affidabile. A breve termine, è necessario investire ancora di più.

Per centrare gli obiettivi di decarbonizzazione che l’Europa si è data dobbiamo passare a una produzione di energia con una ridotta impronta carbonica. Che cosa significa questo per il nostro Paese?
Significa essenzialmente solare; stando ai dati di nuova potenza installata nel 2023, circa il 90 per cento è rappresentato da impianti fotovoltaici. L’idroelettrico c’è, ha un ruolo importante ma è stabile da anni e non ha grandi spazi di crescita. Questo significa prima di tutto rispettare dei limiti di tipo geografico: il sole si sfrutta meglio nelle regioni del Sud. C’è una differenza di circa il 25 per cento tra la produzione di uno stesso impianto in Sicilia o in Lombardia. Lo stesso vale per la fonte eolica.
Vale quindi per l’Italia quanto detto prima in linea generale: andiamo verso una generazione sempre più distribuita – la taglia media di questi impianti è minore – e oltretutto lontana dai centri di consumo. Questo crea l’esigenza di moltiplicare la capacità di trasmissione.

Rispetto ad altri Paesi, una peculiarità italiana è forse data dalla mancanza della quota dei grandi impianti rinnovabili.
Secondo i dati resi disponibili da Terna, nel 2023 considerando tutte le fonti rinnovabili c’è stato un incremento di circa 5,8 GW di nuove attivazioni.
Un quantitativo rilevante - superiore di circa 2,7 GW rispetto al 2022 e che sottolinea l’accelerazione nello sviluppo delle rinnovabili (erano 1 GW nel 2021) - ma con una taglia media degli impianti molto inferiore a quella di altri Paesi come Spagna e Francia. Questo è figlio di politiche degli anni passati e di un sistema autorizzativo che rende più facile (o maggiormente possibile) la realizzazione di impianti relativamente piccoli. Quando si sale di taglia, aumentano le complessità. Manca la capacità di realizzare impianti utility scale; nel 2023 ne sono stati fatti una ventina, tra eolici e solari. Un numero bassissimo che incide poco sulla nuova potenza installata ed è soprattutto inadeguato se confrontato con altri Paesi europei con condizioni simili alle nostre.
Se vogliamo traguardare gli obiettivi europei, da qui al 2030 dobbiamo installare oltre 9 GW di nuova capacità ogni anno; farlo con questo mix - moltissimi impianti medi e piccoli - difficilmente ci consentirà di riuscire nell’impresa. L’Italia in questi ultimi anni ha fatto più di qualsiasi altro Paese sul lato impianti piccoli e meno di qualsiasi altro Paese, in proporzione, sul lato utility scale.

Qualcosa però si sta muovendo, anche sul fronte autorizzativo.
Le procedure autorizzative coinvolgevano un numero di enti eccessivo e su questo aspetto si sta lavorando ed effettivamente qualche miglioramento c’è stato. Difficile dire se è si è fatto abbastanza. Abbiamo ancora tempi più lunghi degli altri ma quantomeno ci stiamo muovendo nella direzione giusta.
In termini obiettivi e analitici, il risultato di una semplificazione autorizzativa lo si vede sostanzialmente attraverso un dato: gli impianti di grossa taglia che vengono allacciati in rete. Piccolo corollario a questa regola: questo risultato è percepibile con un certo ritardo. Mi spiego con un esempio: se nel 2024 l’iter autorizzativo fosse diventato ipoteticamente così snello da poter essere completato in sei mesi, nella migliore delle ipotesi la messa in servizio degli impianti autorizzati avverrebbe dopo almeno due anni. Questo significa che l’efficacia di una misura di semplificazione è verificabile in modo oggettivo due anni più tardi.

Oltre a realizzare gli impianti, questi vanno poi connessi alla rete.
Qui siamo un pochino più avanti. Sia per la rete di trasmissione sia per quella di distribuzione, di fatto gli investimenti sono in crescita già da anni. Stiamo già pensando l’infrastruttura per quello che servirà nell’ipotesi di andare ad aumentare la base installata. C’è un ulteriore elemento, essenziale per fare in modo che il sistema si regga: serve una capacità di storage coperta da varie tecnologie oggi disponibili, tra cui spicca l’accumulo elettrochimico.
Anche su questo fronte servono investimenti massicci, se l’ipotesi è aggiungere 70 GWh di capacità di generazione. Le rinnovabili non sono regolabili, da qui la necessità di un polmone che compensi le differenze tra la domanda istantanea e l’offerta. Rinnovabili, reti e accumuli sono a mio avviso i tre segmenti del sistema elettrico sui quali concentrare gli sforzi. Quello che leggiamo, come operatori, è una vitalità del settore senza precedenti.[...]

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