COOKIE
 
PAUSA-ENERGIA
 
Europa: non bastano gli obiettivi, occorrono anche i percorsi Stampa E-mail

Europa: non bastano gli obiettivi,
occorrono anche i percorsi

di Giuseppe Gatti

NEL DISCORSO PUBBLICO L’EUROPA VIENE TIRATA IN BALLO OGNI GIORNO. L’ESPRESSIONE “CE LO CHIEDE L’EUROPA” È ORMAI DIVENTATA COMUNE. COSA POI SI INTENDA PER EUROPA È UNA BELLA DOMANDA, PERCHÉ NON CREDO DI SBAGLIARE SE DICO CHE 9 ITALIANI SU 10 - CETO POLITICO INCLUSO - NON CONOSCONO MINIMAMENTE L’ARCHITETTURA ISTITUZIONALE DELL’UNIONE EUROPEA, RUOLI E POTERI DELLA COMMISSIONE, DEL CONSIGLIO E DEL PARLAMENTO

È alquanto sconfortante dover constatare come, ormai a ridosso delle elezioni per il Parlamento Europeo, il dibattito politico sull’Europa, sulla sua struttura e sui suoi indirizzi, sia praticamente assente dal discorso pubblico. Unico tema che occupa le pagine dei giornali, ma credo assai meno i pensieri degli elettori, è l’eventuale canditura delle due leader della maggioranza e dell’opposizione, Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Al riguardo credo che valgano a chiudere l’argomento le parole di Romano Prodi: «Candidarsi dove tu sai che non andrai svilisce la democrazia», ma intanto che si continui a discutere sull’utilità elettorale di questo specchietto per le allodole mette allo scoperto la povertà di pensiero e di proposta delle nostre forze politiche sui temi specifici dell’Europa.

Per carità, l’Europa viene tirata in ballo ogni giorno, a proposito e ancor più a sproposito. L’espressione “Ce lo chiede l’Europa” è ormai diventata comune, alibi a cui sono ricorsi e ricorrono Governi di ogni colore per giustificare riforme che sappiamo necessarie, ma intorno alle quali non si riesce a costruire il consenso necessario. Quando poi entrano in gioco mercato e concorrenza, espressioni blasfeme nel nostro Paese, anche se ci viene chiesto cerchiamo di resistere e l’Europa diventa la matrigna deprecata da ambulanti, balneari, tassisti e corporazioni varie, ciascuna delle quali trova forze politiche tra sovranisti e populisti in gara per intestarsi la protesta contro Bruxelles.

Cosa poi si intenda per Europa è una bella domanda, perché non credo di sbagliare se dico che 9 italiani su 10, ceto politico incluso, non conoscono minimamente l’architettura istituzionale dell’Unione Europea, ruoli e poteri della Commissione, del Consiglio e del Parlamento.
Nella percezione comune l’Europa è identificata in una tecnostruttura burocratica di dubbia legittimazione politica e priva di connessione con la realtà sociale ed economica. Una sorte di Spectre, sadicamente volta a complicare la vita ai poveri produttori e non meno ai consumatori, disciplinando il diametro delle vongole come il calibro delle pere e dei peperoni, le modalità degli imballaggi e altre (apparenti) sciocchezze di questo genere.

Che in passato ci sia stata una qualche ipertrofia regolatoria è indubbio, anche perché i Governi nazionali hanno sempre cercato di limitare il campo d’azione della Commissione, che si rifugiava così nella minutaglia. È però dal 2008, quando venne abrogato il regolamento sulla curvatura dei cetrioli, che la musica è cambiata e la Commissione, su impulso del Parlamento, ha incominciato a volare più alto. Con la presidenza von der Leyen, in particolare, l’Unione Europea si è caratterizzata per aver posto al centro della propria iniziativa politica (e dell’allocazione dei suoi fondi) la transizione ecologica, il Green Deal, che si sostanzia nella transizione energetica.

Solo a poche ingenue e candide anime belle poteva sfuggire che questa transizione comportasse passaggi complicati e irti di difficoltà, con costi sociali ed economici da compensare, strategie di mercato e produttive da ripensare, innovazioni tecnologiche da implementare e da gestire; il tutto in un contesto segnato dal travolgente precipitare della digitalizzazione e dall’entrata in scena dell’Intelligenza Artificiale.[...]


PER LEGGERE L'ARTICOLO COMPLETO ABBONATI ALLA RIVISTA

© nuova-energia | RIPRODUZIONE RISERVATA

 
© 2005 – 2024 www.nuova-energia.com