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Murphy: "Fondi UE e cultura della performance,servono obiettivi chiari" Stampa E-mail

Murphy: “Fondi europei e cultura
della performance, servono obiettivi chiari”

di Carolina Gambino

LA CRISI HA INSEGNATO ALL’EUROPA CHE LE COSE SI POSSONO FARE IN MODO DIVERSO. MA NEL CAMBIO DI ROTTA IMPOSTO DAGLI AVVENIMENTI, OPPORTUNITÀ RIMA CON DIFFICOLTÀ E COMPLESSITÀ. PER RIPARTIRE, L’UE DEVE SPENDERE; ALLA CORTE DEI CONTI IL COMPITO DI VERIFICARE CHE LO FACCIA BENE. ARMA SEGRETA? LA DIGITALIZZAZIONE. INGREDIENTE IMPRESCINDIBILE? LA TRASPARENZA


Tra le sette sorelle istituzionali (o meglio, quattro sorelle e tre fratelli) alla guida dell’Europa unita, la Corte dei Conti Europea (ECA) è probabilmente – per aperta ammissione del suo stesso Presidente - quella che gode di minore popolarità. Eppure, è proprio quella che può contribuire a rendere realtà quel cambio di rotta auspicato prima e imposto poi dalla catena di crisi degli ultimi tempi. Chiamata a fare i conti in tasca alla Commissione - ma non solo - l’ECA si assicura che L’Europa spenda bene i propri soldi.

L’operazione è complessa, le nuove filosofie di spesa non sempre di facile recepimento; il passaggio a un sistema di allocazione delle risorse orientato alla performance richiede oggettività, precisione, indicatori chiari e risultati misurabili. Per sua stessa natura delicato, il ruolo dell’auditor lo diventa ancor di più se amplificato dalla cassa di risonanza di un’informazione fatta solo di titoli. A rischio la fiducia dei cittadini.

Per il presidente Tony Murphy, al timone dell’ECA da fine 2022, il ruolo della Corte dei Conti, è, al contrario, decisivo nel ripristinare e rafforzare la fiducia nelle istituzioni. Precisa, dettagliata e to the point - come si addice a chi fa dell’accuratezza il proprio pane quotidiano professionale l’intervista concessa a Nuova Energia offre una carrellata sul ruolo e la missione dell’ECA, dei rapporti con altri enti e istituzioni, dei nuovi strumenti che possono facilitare la vita piuttosto complessa dei funzionari incaricati della gestione dei fondi UE. Con una rassicurazione: nel valutare - e far valutare - il proprio operato, la Corte dei Conti applica lo stesso rigore che esige dai propri auditee. Forse persino di più.

In una intervista ha dichiarato: “Siamo una delle sette istituzioni dell’UE, ma sfortunatamente non siamo così conosciuti come dovremmo essere”. Nel nostro piccolo, proviamo a colmare questa lacuna: che cosa è la Corte dei Conti Europea e qual è la sua missione?
La Corte dei Conti Europea (ECA) è, per l’appunto, una delle sette istituzioni della UE, con sede a Lussemburgo. In parole povere, siamo i revisori esterni indipendenti dell’Unione Europea e in quanto tali abbiamo il compito di procedere all’audit delle finanze e delle politiche dell’Unione stessa. Ecco perché spesso ci si riferisce a noi come ai custodi delle finanze o anche ai controllori della spesa pubblica europea. A volte si parla persino dell’ECA come del garante delle norme UE.

Al di là delle sfumature delle diverse denominazioni, che cosa fate concretamente?
Essenzialmente ci occupiamo di esaminare entrate e uscite sull’intera gamma di programmi di spesa degli Stati Membri finanziati dal bilancio UE, da quelli per la crescita e l’occupazione fino a quelli attinenti alle politiche ambientali e agli interventi relativi al clima. Il nostro lavoro prevede la verifica di un campione statisticamente significativo di transazioni e la valutazione dei relativi sistemi di supervisione e controllo, per appurare che attivi e passivi siano calcolati correttamente e in conformità a leggi e regolamenti applicabili. Inoltre, produciamo le cosiddette relazioni sulla performance. Questa parte del nostro lavoro consiste nel valutare se gli obiettivi delle politiche e dei programmi europei selezionati siano stati raggiunti, se i risultati siano stati conseguiti in modo efficace ed efficiente, e se gli interventi abbiano prodotto un valore aggiunto. Gli audit di performance coprono un ampio ventaglio di ambiti, dalla sicurezza energetica alle batterie, passando per la produzione alimentare sostenibile e l’intelligenza artificiale.

A chi serve il vostro lavoro?
Il nostro lavoro aiuta le altre istituzioni europee e gli Stati Membri a gestire e supervisionare meglio l’utilizzo dei fondi UE. Ma serve anche a supportare il lavoro del Parlamento e del Consiglio Europei nell’ambito della cosiddetta procedura di discarico, con la quale si decide se i conti UE relativi all’esercizio precedente siano esatti e se i fondi siano stati spesi in maniera appropriata. Con la continua espansione degli ambiti coperti dal bilancio UE, il ruolo di auditor esterno indipendente che l’ECA svolge per l’Unione è di cruciale importanza, ora più che mai. La nostra missione è rafforzare la fiducia, migliorando l’affidabilità e la trasparenza dell’UE in tutti i campi in cui è attiva.

Dalla sua istituzione nel 1975 l’ECA è cresciuta, così come la portata e la complessità dei meccanismi su cui è chiamata a esprimersi. Nell’intervista concessa a Nuova Energia Stephen Quest, direttore del JRC, ha dichiarato che per l’EU fare di più con le stesse risorse – o persino con meno – diventa un dovere in tempi di crisi. Pensa che ci sia margine di miglioramento anche per l’ECA in questo senso?
Se parliamo di efficienza, credo che data la volatilità dell’attuale clima economico - sommata alla lista di crisi che abbiamo dovuto affrontare - è fondamentale che tutti cerchiamo di ottimizzare l’utilizzo delle risorse. All’ECA, nello specifico, man mano che il nostro carico di lavoro aumenta in ragione della crescita nelle dimensioni del bilancio UE, è importante guardare ai nostri stessi processi e metodologie per vedere se si possa lavorare in maniera più efficiente.

Come snellire ed efficientare il lavoro di audit senza compromettere profondità e rigore di analisi?
La strada che l’ECA prenderà in futuro è tracciata dalla nostra strategia 2021-2025, nell’ambito della quale migliorare l’efficienza delle risorse utilizzate nel nostro lavoro è un punto centrale. Abbiamo già avviato diverse misure per porre al vaglio i nostri attuali processi di audit e l’impiego delle risorse per renderli più efficienti, velocizzando inoltre l’assolvimento dei vari compiti mantenendo però, o persino migliorando, l’attuale livello qualitativo.
Una cosa è già molto chiara: dobbiamo accogliere la digitalizzazione, poiché potenzialmente può migliorare l’efficienza non solo della gestione, ma anche della revisione dei fondi UE; per fare un esempio, poter accedere ai sistemi informatici velocizza la raccolta e l’analisi delle prove documentali in essi contenute. Con la pandemia abbiamo adattato i nostri metodi lavorativi utilizzando maggiormente strumenti digitali come l’accesso ai sistemi da remoto, le videoconferenze con i soggetti sottoposti a revisione e le conferenze stampa virtuali.

Siete a buon punto, dunque?
Anche se da parte nostra abbiamo fatto grandi passi avanti nella digitalizzazione del nostro lavoro di auditor, dobbiamo operare nei limiti imposti dal livello di digitalizzazione dei nostri interlocutori: spesso chi è sottoposto all’audit ci fornisce dati che per livello di completezza o qualità non sono in linea con il format richiesto; se lo fossero, digitalizzare la nostra parte di lavoro sarebbe più semplice. Vorrei anche menzionare la recente ottimizzazione dei processi per la pianificazione degli audit: abbiamo introdotto un sistema di programmazione biennale, aggiornato con cadenza annuale, così da affrontare le sfide urgenti in maniera più agile e assicurarsi che l’ECA concentri la propria attenzione solamente sulle questioni più importanti.

Una maggiore digitalizzazione può aiutare anche nella gestione dei fondi UE (oltre a rendere più efficiente il lavoro di audit ad essi correlato)?
Le tecnologie digitali possono rafforzare aspetti come la trasparenza, l’efficienza e l’accountability nell’allocazione e nell’impiego dei fondi. L’automazione di processi, l’analisi dei dati, e le piattaforme digitali possono snellire le attività amministrative, ridurre gli errori, e fornire monitoraggio in tempo reale, migliorando l’efficacia complessiva della gestione dei fondi dell’Unione. Tuttavia, l’ostacolo più grande è il vasto numero di sistemi informatici diversi e la mancanza di interoperabilità tra essi. Anche se la Commissione ha lavorato molto sulla semplificazione dei propri sistemi informatici, le attività in questo senso hanno subito considerevoli ritardi e limitazioni del budget.[...]

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