COOKIE
 
PAUSA-ENERGIA
 
Il protezionismo energetico, una tentazione da respingere Stampa E-mail

Il protezionismo energetico,
una tentazione da respingere

di Giuseppe Gatti

I PASSI AVANTI COMPIUTI NELLA COSTRUZIONE DI UNA POLITICA ENERGETICA COMUNE RISCHIANO DI VACILLARE SOTTO LA DIROMPENTE SPINTA DELL’INIZIATIVA TEDESCA:
UN PACCHETTO DI AIUTI PER PLAFONARE IL PREZZO DELL’ENERGIA ELETTRICA PER LE IMPRESE ENERGIVORE, AL FINE DI SALVAGUARDARE LA COMPETITIVITÀ DELL’INDUSTRIA LOCALE. MA SULLA SCENA EUROPEA IL PROBLEMA È ASSAI PIÙ ITALIANO CHE TEDESCO…

Furono necessari cinque anni di serrate discussioni e faticosi compromessi.
Nel dicembre 1991, in un Consiglio Energia informale, il Commissario europeo Antonio Cardoso e Cunha presentò un no-paper (cioè un documento non ufficiale, che non impegnava la Commissione) sulla costruzione del mercato interno dell’energia elettrica, primo passo per dare attuazione all’Atto Unico del 1986 che prevedeva che entro il 31 dicembre 1992 entrasse in vigore il mercato interno europeo, con la libera circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone, le quattro libertà fondamentali dell’Unione Europea.

Solo il 19 dicembre 1996 venne finalmente varata la relativa Direttiva, la 96/92/CE che ha segnato una tappa fondamentale nel processo di integrazione politica e non solo economica dell’Europa. Con quella direttiva - come con la successiva, analoga, sul gas - si sono poste le basi per sviluppare via via una politica energetica europea che ha iniziato a definirsi in termini sempre più precisi e penetranti con i successivi Pacchetti Energia, sino al Quinto sulle cui misure attuative è ancora in corso il cosiddetto trilogo tra Commissione, Consiglio e Parlamento europeo.

Su poche altre materie come sull’energia tutti gli Stati si sono mostrati così riluttanti a cessioni di sovranità, per le implicazioni strategiche attribuite all’energia, sul piano geopolitico anzitutto e insieme su quello industriale e dello stesso welfare sociale. Non è un caso, del resto, che nella maggior parte dei Paesi europei le imprese energetiche siano rimaste sotto il controllo diretto o indiretto dello Stato o, come nel caso tedesco, dei poteri locali, Länder e Comuni.

Nonostante la continua resistenza dei Governi nazionali, su poche altre materie la definizione dell’indirizzo politico è passata nella stessa misura nelle mani della Commissione Europea. Si è così giunti ad una situazione per certi versi paradossale: la realizzazione di un reale mercato interno dell’energia nella sua interezza è un obiettivo ancora da raggiungere, perché al momento sono largamente insufficienti le infrastrutture di rete, le interconnessioni transnazionali, e i mercati rimangono quindi segmentati su base nazionale.

Per contro, sono significativi i passi avanti compiuti nella costruzione di una politica energetica comune, che si è espressa non solo nel tracciare la traiettoria della transizione energetica, ma che ha dato una prima prova operativa nella gestione dello sganciamento dal gas russo. Gestione coordinata degli stoccaggi, tetto al prezzo del gas, piattaforma di acquisto comune, insieme con la rapida installazione dei rigassificatori galleggianti da parte di Olanda, Germania ed Italia, hanno contribuito non poco a superare la potenziale crisi energetica del 2022-2023.[...]


PER LEGGERE L'ARTICOLO COMPLETO ABBONATI ALLA RIVISTA

© nuova-energia | RIPRODUZIONE RISERVATA

 
© 2005 – 2024 www.nuova-energia.com