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Nuove energie: il problema del chicken and egg Stampa E-mail

Nuove energie: il problema del chicken and egg

di Guido Bortoni / Presidente CESI

QUANDO SI VERIFICA UNA SITUAZIONE DI STALLO CHICKEN AND EGG NEL SETTORE ENERGETICO, CARATTERIZZATA DA UN CIRCOLO VIZIOSO CHE IMPEDISCE GLI INVESTIMENTI NECESSARI PER LA DECARBONIZZAZIONE, LA SICUREZZA E L’EFFICIENZA, È ESSENZIALE INTERVENIRE CON DETERMINAZIONE. QUESTO SIGNIFICA SPEZZARE IL CIRCOLO INCENTIVANDO LA NASCITA E LO SVILUPPO DI UN SINGOLO ELEMENTO DELLA FILIERA. GLI ALTRI SEGUIRANNO

Stiamo vivendo una fase storica in cui stanno maturando nuove tecnologie e meccanismi che potrebbero contribuire in maniera concreta alla soluzione del trilemma europeo per un’energia «sicura, pulita e a costi ragionevoli».

Preferisco non riproporre esempi troppo noti di tecnologie ormai di moda nel settore energetico. Meglio dare spessore al dibattito rimanendo lontano dal glamour. Dunque, porto tre esempi poco trattati nel dibattito attuale: uno nel campo delle nuove energie molecolari, il secondo sui gas climalteranti e l’ultimo relativo agli strumenti contrattuali per le fonti rinnovabili.

In particolare, per le nuove energie molecolari, mi riferisco alla nascita di una filiera dell’idrogeno sostenibile come nuovo vettore energetico collegato e complementare a quelli classici come l’elettricità e il gas naturale.
Per quanto riguarda l’esempio relativo ai gas climalteranti, mi riferisco alla filiera della Carbon Capture and Storage della CO
2 di origine antropica, che consentirà di abbattere le emissioni di CO2 in atmosfera sia in alcuni settori industriali sia nel termoelettrico.

In merito, infine, agli strumenti contrattuali per le rinnovabili, pongo l’accento sia sulla proliferazione di contratti alle differenze con controparte pubblica per il supporto degli investimenti in FER-E, sia sul rilancio dei contratti PPA tra privati sulle rinnovabili.

Per tutti e tre gli esempi - in maniera più o meno evidente - vale il problema del chicken and egg che è il primo ostacolo da rimuovere per lo sviluppo degli investimenti in quelle filiere. L’essenza del problema risiede nell’inefficacia dell’aspettarsi che un elemento della filiera preceda gli altri o si realizzi anche in loro assenza. Questo approccio porta all’arresto degli investimenti.

Per esempio, negli impianti industriali hard-to-abate il passaggio dall’uso del gas naturale all’idrogeno è complesso e non avverrà spontaneamente. Questo perché ci sono incertezze significative riguardo alla produzione e al trasporto di idrogeno decarbonizzato nei volumi necessari. È essenziale che questi siano disponibili in modo continuo nei siti industriali e a prezzi ragionevoli. Inoltre, la situazione è complicata dalla mancanza di meccanismi di incentivo ben definiti, che sono fondamentali per la fase iniziale di questa transizione.

Analogamente, nel settore della CCS gli operatori coinvolti nel trasporto e
nello stoccaggio della CO
2 si trovano in una situazione di incertezza riguardo agli investimenti nelle infrastrutture necessarie. Questa incertezza deriva dalla mancanza di impegni precisi, compresi quelli economico-finanziari, da parte dei soggetti emettitori di CO2, i quali devono occuparsi della cattura dell’anidride carbonica. A ciò si aggiunge l’assenza di idee chiare sui sistemi
di supporto e incentivo.

La situazione nel mercato elettrico per i PPA (Power Purchase Agreements) rinnovabili è simile: i consumatori privati non dispongono di riferimenti significativi per i prezzi a lungo termine, che sono fondamentali per negoziare le forniture ESG (Environmental, Social, and Governance) con i produttori di energia rinnovabile. Inoltre, i CfD (Contracts for Difference) con controparte pubblica per i nuovi impianti FER-E, che potrebbero fornire questi riferimenti di prezzo a lungo termine e stimolare i PPA, stanno funzionando al minimo da anni.
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