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Ricerca universitaria, attenzione alla sindrome valutatoria Stampa E-mail

Ricerca universitaria, attenzione
alla sindrome valutatoria

di Roberto Napoli / professore emerito Politecnico di Torino, consigliere Ordine Ingegneri Provincia di Torino

IL SISTEMA EDUCATIVO, OLTRE A FORNIRE UNA PREPARAZIONE CULTURALE DI BASE, DOVREBBE PUNTARE ANCHE (O FORSE SOPRATTUTTO) A FORMARE CITTADINI COSCIENTI. LO STATO DEVE PERÒ GUADAGNARSI FIDUCIA E RISPETTO FRA I GIOVANI. ABBIAMO ESTREMO BISOGNO DI
UNA GRANDE OPERAZIONE VERITÀ, GUARDANDO IN FACCIA LA REALTÀ E LE MANCATE RESPONSABILITÀ DEL PASSATO

Fatti di cronaca impietosi hanno evidenziato lo stato penoso di una parte rilevante della società e delle nostre istituzioni. Si sente parlare sempre più spesso di fallimento educativo. Si invoca il ricorso all’istruzione come rimedio ai mali di tanti giovani scombinati, figli di situazioni familiari difficili e vittime di contesti spaventosi. In troppe situazioni ci sono giovani vittime di droga, alcool, modelli sbagliati che debordano in atteggiamenti violenti e criminali.

Il nostro sistema di istruzione è veramente fallimentare? Certamente non c’è da stare allegri. Le statistiche sono impietose. Benché l’Italia sia membro del G7 (tra i sette Paesi più sviluppati), la classifica mondiale dei risultati dell’istruzione del World Economic Forum (2018) ci vede al 25° posto.
La classifica PISA (Program for International Student Assessment) dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ci vede al 35° posto per la lettura e al 34° per matematica e scienze.

La situazione non cambia se dall’alto delle classifiche internazionali scendiamo alle indagini nazionali. Più di 11.000 allievi hanno partecipato alle prove Invalsi (2018), in rappresentanza dei 521.000 studenti italiani. I risultati impietosi dicono che solo uno studente su 20 padroneggia compiti di lettura complessi, come ad esempio distinguere fra fatti e opinioni quando ci si avvicina ad argomenti non familiari.

Uno su quattro ha difficoltà con gli aspetti di base della lettura, come ad esempio identificare l’idea principale in un testo di media lunghezza o collegare informazioni provenienti da fonti diverse. Uno studente su quattro (il 15 per cento nel Nord Italia e il 30 al Sud) non raggiunge il livello base di competenze in matematica e in scienze. Sono risultati molto negativi ma non estemporanei, che arrivano dopo decenni nei quali l’istruzione è stata tanto invocata nei media quanto abbandonata nei fatti. È vero: ci sono stati tanti interventi legislativi, ma partendo da visioni distorte.

La maggiore preoccupazione è sempre stata di tipo corporativo, con attenzione concentrata sulle istanze sindacali dei docenti, che certamente sono un corpo elettorale molto importante. Il numero di studenti cala da tempo, ma le assunzioni crescono implacabilmente, soprattutto in vicinanza delle elezioni e magari inventandosi nuovi compiti sulla carta. Nei confronti dei docenti la logica italiana nel sistema dell’istruzione è sempre stata «ti do poco, pretendo poco», per cui ogni tentativo di introdurre valutazioni di qualità, magari comparative, sprofonda nel buio delle rivendicazioni di categoria.[...]


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