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Transizione ecologica, rischi di rigetto Stampa E-mail

Transizione ecologica, rischi di rigetto

di Giuseppe Gatti

SIN DAI SUOI INIZI LA COMMISSIONE VON DER LEYEN SI È CARATTERIZZATA PER LO STRETTO INTRECCIO STABILITO TRA IL GREEN DEAL E LO SVILUPPO DI UNA CRESCENTE EVOLUZIONE IN SENSO FEDERALE DELLA COSTRUZIONE EUROPEA. PER QUESTA RAGIONE LA TRANSIZIONE ECOLOGICA STA ACQUISENDO UNA VALENZA CHE TRAVALICA GLI ASPETTI ENERGETICI E AMBIENTALI E DIVENTA UNA PARTITA IN CUI SI GIOCA IL FUTURO DELL’EUROPA

La capacità divisiva della transizione energetica incomincia a manifestarsi
con una ampiezza e una forza per molti versi inaspettate. I segnali si stanno moltiplicando. Una profonda divisione sta attraversando il Consiglio Europeo, espressione dei governi, sulla messa al bando, a partire dal 2035, dei motori endotermici per l’autotrazione, cioè dei tradizionali motori a scoppio alimentati a benzina, gasolio, GPL e metano (CNG o LNG). Il fronte del no vede in prima linea i Paesi dell’Est, che con l’ingresso nell’Unione Europea hanno visto un sostenuto sviluppo della loro industria automobilistica, e pezzi importanti della filiera dell’automotive come del sindacato.

Il governo tedesco ha condizionato la sua approvazione all’introduzione di
una deroga a favore dei carburanti sintetici (e-fuel), che presentano un bilancio neutro quanto a emissioni di CO
2, mentre il governo italiano insiste per ampliare la deroga ai biocarburanti, appellandosi al principio della neutralità tecnologica. È questa un’argomentazione ricorrente e usata per lo più per contrastare quella che pare un’elettrificazione forzata imposta dal Parlamento Europeo e dalla Commissione.

Il richiamo alla neutralità tecnologica ha una sua logica e un serio fondamento, soprattutto quando si ragiona su scenari di lungo periodo con molte incognite sull’evoluzione delle tecnologie disponibili e soprattutto sui portati dell’evoluzione tecnologica. È assurdo, ad esempio, ritenere che la neutralità climatica assunta come obiettivo per l’Europa al 2050 passi soltanto attraverso una generazione elettrica al 100 per cento da rinnovabili. A prescindere dalla non banale circostanza che posto in questi termini l’obiettivo non è
(a condizioni date) raggiungibile, qui si impone il rispetto della neutralità tecnologica.

Questo sacrosanto principio presenta però un non secondario punto debole: nell’immediato e nel breve-medio periodo non sono disponibili tecnologie alternative, su larga scala e con costi sostenibili. Giusto allora non pregiudicare e non ingessare il futuro, ma senza rinunciare ai passi avanti già possibili.
In ogni modo, nel caso specifico, non ha molto senso richiamarsi alla neutralità tecnologica, perché i biocarburanti possono essere utilissimi per gestire la transizione, dal momento che comunque riducono il livello di emissioni, ma non sono il punto d’arrivo, non presentando un bilancio neutro per la CO
2.

Anche se il tema della mobilità sostenibile costituisce una dei capitoli più rilevanti del Green Deal per i risvolti economici e sociali, le controversie sulla sua definizione rimangono al momento confinate nel perimetro delle istituzioni comunitarie, senza coinvolgere più che tanto l’opinione pubblica.
Questo perché il 2035 appare ancora lontano ed è convinzione diffusa
(e probabilmente non del tutto infondata) che siccome non sarà possibile disporre per quella data della infrastrutturazione necessaria, si dovrà fare di necessità virtù e rinviare di qualche anno la morte del motore endotermico.
Quando però le scadenze si fanno incombenti, gli interessi colpiti vengono allo scoperto e acquistano dimensioni di massa.[...]


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