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“Con i rimpianti non si costruisce il futuro”

di Paola Sesti

IL NOSTRO MAGAZINE CELEBRA UN VIAGGIO LUNGO VENT’ANNI: UN TEMPO LUNGO PER UN SINGOLO, BREVE PER LA STORIA DI UN PAESE. IN QUESTE PAGINE DI RITORNO AL FUTURO, MOLTE LE ASSONANZE CON IL PASSATO, ANCORA TROPPI GLI OSTACOLI CHE CI SEPARANO DALL’ENERGIA CHE VORREMMO. TRA BILANCI E PREVISIONI, TANTI I MESSAGGI. UNO FRA TUTTI: NELLA VITA COME NELL’ENERGIA, CIÒ CHE È FATTO È FATTO ED È DA LÌ CHE SI DEVE RIPARTIRE. CON REALISMO, DIALOGO, PIANIFICAZIONE E UNITÀ D’INTENTI


Era il 2003. Sembrava finire di colpo una guerra guerreggiata, mentre altre si combattevano nei tribunali. Si temevano virus di provenienza esotica, iniziava un’affollata stagione di concertoni rock, una squadra italiana si giocava un prestigioso trofeo. E nasceva Nuova Energia. «Forse non c’è nulla di nuovo», scriveva nell’editoriale il direttore di allora, Giuliano Agnolini.

La prima intervista apriva con questo cappello: «Quando si parla di tutela ambientale, anche alla luce dei sempre più frequenti episodi drammatici, si parla ormai di cambiamenti climatici». Proprio dal climate change partiamo, ripercorrendo questi 20 anni per raccontare il mondo dell’energia come è oggi.

Lo facciamo interpellando un testimone autorevole - voce monodica e corale insieme - la cui identità non sarà rivelata a pagina 46 (citazione enigmistica). Chiediamo al lettore di dar fondo alle proprie riserve di talento investigativo per giungere da solo allo svelamento. Ogni risposta è un indizio...

«La progressiva decarbonizzazione di tutti i processi produttivi ed economici è necessaria alla luce dei cambiamenti climatici»: è questo l’esordio dell’intervista - a suo modo unica - concessa a Nuova Energia.
«Se si vuole contenere l’innalzamento della temperatura globale, il mix delle fonti deve indirizzarsi verso le rinnovabili e deve aumentare l’efficienza energetica. Tuttavia, l’evoluzione del mix tecnologico di generazione elettrica richiede il suo tempo».



La dimensione temporale è connaturata alla transizione...
Come noto, gli obiettivi di sviluppo delle rinnovabili sono ambiziosi. Ma il raggiungimento di target così sfidanti è possibile - e sostenibile - solo con il necessario mantenimento di un adeguato ed efficiente parco produttivo termoelettrico, il cui ruolo nei prossimi anni rimarrà fondamentale, sia per coprire la parte di domanda residua, sia per garantire la sicurezza e l’adeguatezza del sistema, nei picchi di carico e quando le risorse rinnovabili non programmabili non sono disponibili e sufficienti. Sistemi di storage, gestione attiva della domanda e interventi di efficienza vanno intesi come complementari.

C’è il rischio di un’Europa isolata nell’affrontare il cambiamento climatico?
L’Europa è isolata nel suo ambientalismo estremista. Le emissioni di CO2 dell’EU sono meno del 10 per cento di quelle globali e la loro riduzione, costosissima per il nostro apparato produttivo, diminuirebbe solo di un 3 per cento quelle del Pianeta. In ogni caso, credo che a livello globale le politiche di contrasto alla CO2 proseguiranno - anche se con maggior realismo e con un approccio più pragmatico rispetto all’impostazione europea - perché ormai rappresentano un elemento vitale - nel senso letterale del termine - per la Cina e per l’India.
Per la UE, inoltre, attendere un accordo globale prima di pensare a target più ambiziosi vorrebbe dire vanificare gli sforzi che numerosi settori industriali europei hanno già fatto proprio per diventare un punto di riferimento nel contrasto ai cambiamenti climatici. Non dimentichiamoci che il mercato, per poter crescere, necessita di un quadro legislativo e regolatorio stabile, con prospettive di lungo periodo.

Qual è lo stato di salute della politica energetica europea?
L’UE non potrà mai raggiungere i traguardi che si è posta se non operando massicci investimenti a tutto campo in nuove tecnologie e in un mix energetico più sostenibile, che guardi con preferenza alle fonti interne e alle soluzioni emission free, nucleare compreso.
La vision di un carbon-free energy and transport system entro il 2050 è obiettivamente ambiziosa, ma allo stesso tempo del tutto realistica se parliamo di un futuro energy mix dominato dalle rinnovabili e dal nucleare, affiancati dai fossil fuel con CCS. E in questa direzione la UE dovrà operare, assicurando un adeguato substrato di stimoli e incentivi. Sicurezza delle forniture, efficienza energetica, rinnovabili, reti: questi sono i temi sui quali impostare le priorità della politica comunitaria; assieme a un’adeguata politica estera dell’Unione, che anche nel settore energetico non può certo mancare.

Troppi elementi. Se dovesse sceglierne solo due?
Lo sviluppo delle infrastrutture e un nuovo modello di mercato sono le priorità.
Lato infrastrutture, l’adeguamento del sistema di circolazione dell’energia all’interno del mercato europeo è legato intrinsecamente alla sicurezza degli approvvigionamenti ed è un elemento vitale per una politica di decarbonizzazione, in particolare per quanto riguarda una migliore integrazione delle rinnovabili e della generazione distribuita.

E a proposito di mix delle fonti, quale suggerisce per l’Europa?
Non c’è un mix prestabilito ottimale, una torta le cui fette sono già rigidamente ripartite. Se prendiamo i singoli Stati membri, chi più chi meno, in qualche modo sono tutti sbilanciati. Se, invece, guardiamo all’UE nel suo complesso, il mix è migliore almeno in termini di costo: carbone, rinnovabili, nucleare, oil quasi assente, il resto gas. Servirebbe però il fatidico mercato unico. Ripeto, è in questa direzione che occorrerebbe investire: reti, interconnessioni e regole.

Stante la debolezza delle interconnessioni, i mercati nazionali – caratterizzati da mix diversi di fonti e di tecnologie – continuano a rappresentare realtà separate.
Con il varo della prima direttiva del 1996 sul mercato elettrico si pensava che fosse sufficiente smantellare i monopoli nazionali per dar vita al mercato interno dell’energia elettrica, dimenticando che non basta una norma per creare un mercato...
Soprattutto un mercato che richiede condizioni strutturali sul lato non solo della domanda, ma anche dell’offerta e della logistica.

In politica energetica la UE non è certo una controparte unita... [...] È possibile parlare con una voce sola anche ora che in alcuni movimenti populisti si è fatta strada l’idea che l’Europa sia troppo lontana dai suoi cittadini?
Il fatto che l’Europa sia una scelta è dimostrato dalla possibilità di separarsene... Ma l’Europa è il nostro futuro comune e resta comunque la scelta migliore: andare in ordine sparso sarebbe un suicidio. Considerazione che vale, naturalmente, anche per le politiche energetiche, ambientali e climatiche.
Siamo molto più di un mercato o di una moneta. Siamo una cultura, cioè una visione comune e un insieme di valori che sono il nostro segno distintivo. Il futuro dell’Europa dipende dalla capacità di confrontarci con sfide senza precedenti, sia a livello mondiale sia all’interno dell’Unione. Abbiamo bisogno di una Europa sicura, prospera, sostenibile, che generi crescita e occupazione, forte sulla scena globale. Ma per questo dobbiamo essere uniti. [...]


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