COOKIE
 
PAUSA-ENERGIA
 
Idrogeno rinnovabile, tra arcobaleni e letti di Procuste Stampa E-mail

Idrogeno rinnovabile,
tra arcobaleni e letti di Procuste

di Marta Sacchi

OLTRE A FISSARE AMBIZIOSI OBIETTIVI DI PRODUZIONE INTERNA DI H2 AL 2030, L’UNIONE EUROPEA È CHIAMATA AD AGIRE SULLA CREAZIONE DELLA DOMANDA E SULLE CONSEGUENTI SCELTE DEL DISEGNO DI MERCATO.
CHIACCHIERATA CON FILIPPO DEL GROSSO,  RICERCATORE SENIOR PRESSO LA FONDAZIONE ENI ENRICO MATTEI (FEEM)


Il 13 febbraio 2023 la Commissione Europea ha approvato due dei tanto attesi atti delegati alla nuova Renewable Energy Directive (RED II) in materia di idrogeno. Nelle intenzioni di Bruxelles, come spiega la Commissione in una nota, questi provvedimenti intendono da un lato definire con chiarezza che cosa si debba intendere con il termine «idrogeno rinnovabile» all’interno dell’Unione Europea, e dall’altro fornire la certezza normativa necessaria a favorire gli investimenti nella filiera dell’H
2.

I due atti, pur non definitivi, fanno dunque chiarezza sull’impostazione perseguita dalla Commissione nel promuovere l’integrazione dell’idrogeno nel sistema energetico europeo. Nuova Energia ha chiesto a Filippo Del Grossoeconomista e ricercatore senior presso la Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM) – una rapida analisi degli atti delegati della Commissione e qualche considerazione a margine. Partendo da un distinguo.

Tra i due atti delegati c’è una differenza sostanziale. Ce la illustra?
Mentre il primo fissa i criteri per cui l’H
2 e gli altri vettori energetici a base di idrogeno possano essere considerati rinnovabili, il secondo atto delegato tocca il tema dell’idrogeno solo lateralmente. Più in generale, infatti, punta l’attenzione sui combustibili per il trasporto, liquidi e gassosi, rinnovabili di origine non biologica (RFNBO, Renewable Fuels of Non-Biological Origin)
o derivanti da carbonio riciclato, per garantire che siano prodotti utilizzando energia elettrica generata da FER. Tra questi, c’è certamente l’idrogeno ma anche l’ammoniaca e i carburanti di sintesi.

Il piano REPowerEU prevede al 2030 una produzione interna di 10 milioni di tonnellate annue di idrogeno verde. Alla luce dei due provvedimenti approvati, i princìpi UE sono sufficientemente realistici per raggiungere gli obiettivi stabiliti?
Fissare obiettivi via via più ambiziosi può servire a farci star bene con noi stessi nel breve periodo, ma non aiuta a risolvere i problemi legati all’introduzione del vettore idrogeno, che deve essere graduale e guidata da dinamiche di mercato. La UE è partita con i 40 GW installati della Strategia 2020, diventati 44 GW nel pacchetto Fit for 55 e 65 GW con il REPowerEU, per un totale di 10 milioni di tonnellate di idrogeno verde prodotte e altrettante importate.
Stando alle singole strategie nazionali, alcuni Paesi si vedono esportatori di idrogeno, altri importatori, altri ancora hanno poche idee, ma confuse.
Ora, questi atti delegati sembrano imporre un letto di Procuste ai singoli Stati, una misura unica che, come racconta il mito, generalmente risultava poco confortevole.

Com’è la situazione sul fronte dell’utilizzo dell’idrogeno negli sforzi italiani di decarbonizzazione?
Ci sono tante idee, ma non ancora declinate in un approccio coerente.
La strategia nazionale italiana per l’idrogeno risale al 2020 e ha natura solo programmatica e preliminare. Si menzionano obiettivi generici, come una capacità di elettrolisi di 5 GW per il 2030, per un totale di circa 10 miliardi di euro di investimenti nella filiera, e una partecipazione del vettore idrogeno al 2 per cento della domanda energetica italiana.
Più tangibili gli stanziamenti sull’H2 da spendere nel breve termine, introdotti nel 2021 dal PNRR e pari a 3,64 miliardi di euro, come pure le iniziative a tema Hydrogen Valley, trainate dalle Regioni. Forse meno concreti, al momento, i più ambiziosi progetti infrastrutturali internazionali, come il SoutH2 che dovrebbe collegare Germania, Austria e Italia al Nord Africa (possibili reminiscenze del defunto Desertec?). La fantasia può anche andare più lontano e viaggiare dagli Appennini alle Ande come nel libro Cuore, e trovare progetti di export di idrogeno verde dalla Patagonia cilena.
Forse prudenza e concretezza sarebbero di aiuto in questa fase di entusiasmo... [...]

PER LEGGERE L'ARTICOLO COMPLETO ABBONATI ALLA RIVISTA

© nuova-energia | RIPRODUZIONE RISERVATA

 
© 2005 – 2024 www.nuova-energia.com