COOKIE
 
PAUSA-ENERGIA
 
Formazione e ricerca: coesione sociale, o sarà la fine Stampa E-mail

Formazione e ricerca:
coesione sociale, o sarà la fine

di Roberto Napoli / professore emerito Politecnico di Torino

L’UNIVERSITÀ E LA RICERCA RAPPRESENTANO ELEMENTI CHIAVE PER IL FUTURO DEL PAESE. BISOGNA FARE MOLTA ATTENZIONE, PERÒ, A NON FRAMMENTARE ULTERIORMENTE L’ITALIA, DIFFERENZIANDO LE OPPORTUNITÀ FORMATIVE SOLO SULLA BASE DI CONTINGENZE TERRITORIALI

Il nostro Paese è davanti a un bivio: o prosegue lungo la strada di una lenta e avvilente discesa oppure imbocca un percorso di rinascita, sfruttando l’occasione storica fornita dalle risorse del PNRR. Sembra sempre vicino a toccare il fondo e poi, come un gatto dalle sette vite, riesce in qualche modo a rimbalzare, guadagnandosi qualche scampolo di sopravvivenza.
C’è una sorta di pericoloso fatalismo, come se si desse per scontata l’inutilità di ogni sforzo, per cui tanto vale adagiarsi in una rassegnata attesa degli eventi.

È sorprendente che - nonostante la pandemia, i furori militari ai confini europei e le difficoltà energetiche - si sia riusciti a barcamenarsi e, quasi incredibilmente, ad ampliare all’estero il raggio d’azione delle nostre capacità industriali. È il segno che si può ancora sperare. Impazza la nenia che sarebbe delittuoso sprecare le opportunità del PNRR. La tiritera è però accompagnata da troppi silenzi, mentre sarebbe quanto mai necessario guardare in faccia le crude verità: non per avvilirsi, ma per mettersi alla stanga, come si usa dire adesso.

Coesione sociale, pragmatismo e competenza sono tra i fili più importanti nel percorso verso gli obiettivi. Il loro stato deficitario è il più grosso ostacolo che dobbiamo rimuovere. Da sempre il Paese vive diviso e non è mai riuscito a raggiungere una piena coesione sociale. La tradizione di guelfi e ghibellini in lotta perenne è rimasta invariata, sino ad arrivare ai postumi della guerra civile dopo il Secondo conflitto mondiale.
Il battibecco da cortile impazza nel dibattito pubblico, suscitando acrimonie
ed esagerazioni che poi sprofondano nella noia e nell’indifferenza.

Dev’essere per forza così? Non è facile cambiare un DNA consolidato nei secoli. Forse bisogna rassegnarsi a una quieta e disincantata attesa, aspettando che la crisi demografica e la trasformazione multietnica cambino i caratteri ereditari. Il conflitto sociale diventerà particolarmente incandescente quando nuove etnie, sempre più numerose, reclameranno l’inevitabile presenza strutturata nell’agone politico. L’incapacità di guidare gli eventi è cronica.
Adesso si sono create circostanze per le quali bisogna rispettare progetti e scadenze. Non si può aspettare: occorrono riforme sensate, possibilmente condivise, e pragmatismo lontano dalle vuote declamazioni parolaie.
[...]

PER LEGGERE L'ARTICOLO COMPLETO ABBONATI ALLA RIVISTA

© nuova-energia | RIPRODUZIONE RISERVATA

 
© 2005 – 2024 www.nuova-energia.com