COOKIE
 
PAUSA-ENERGIA
 
Grandi invasi e piccoli salti: l’energia scritta nell’acqua Stampa E-mail

Grandi invasi e piccoli salti:
l’energia scritta nell’acqua

di Fabio Terni

TRA CONCESSIONI IN SCADENZA E AUTORIZZAZIONI PER NUOVE DERIVAZIONI, CANONI REGIONALI E PROVVEDIMENTI SUGLI EXTRAPROFITTI, PECULIARITÀ E SVILUPPI FUTURI DEL COMPARTO IDROELETTRICO IN ITALIA. IL PUNTO DI VISTA DELL’AVVOCATO GIOVANNI BATTISTA CONTE

Nel 2022, secondo i dati del gestore di rete di trasmissione nazionale, il fabbisogno di energia elettrica in Italia è stato pari a 316,8 miliardi di kWh.
Le FER hanno coperto complessivamente il 31,1 per cento della domanda, registrando una marcata diminuzione della generazione idroelettrica – meno 37,7 per cento, imputabile ai lunghi periodi siccitosi – parzialmente compensata dall’aumento di quella termoelettrica (più 6,1 per cento), in particolare a carbone.

L’idroelettrico lo conoscono tutti. Gli ultimi anni, tuttavia, sono stati davvero particolari per questa fonte rinnovabile. Nella chiacchierata con Giovanni Battista Conte, avvocato ed “editorialista della prima ora” di Nuova Energia, abbiamo cercato di cogliere le peculiarità dell’idroelettrico rispetto alle altre FER e di porre l’accento su alcuni passaggi – le gare per gli affidamenti delle concessioni – che potrebbero pregiudicare gli sviluppi futuri del comparto.

“Prima di guardare al futuro – esordisce Conte – partiamo dal presente e dagli impianti esistenti. Quelli di grandi dimensioni hanno un’età piuttosto elevata e necessitano chiaramente di una serie di investimenti. Per esempio, ci sono bacini che hanno perso una buona parte della capacità di invaso perché contengono molti detriti. Sghiaiare e pulire un invaso è un’attività costosa e
che richiede una serie di attenzioni dal punto di vista ambientale, così come altre manutenzioni straordinarie che il settore sta cercando di rinviare il più possibile”.

Perché?
Con il fatto che questi sono tra i pochi impianti, forse gli unici, che saranno messi a gara in tutta Europa, gli imprenditori idroelettrici si stanno preparando e sono quindi attenti a massimizzare i propri utili; non possono fare investimenti di lungo periodo perché non sanno per quanto tempo potranno gestire gli impianti. E questa è solo la questione più semplice. In realtà, molti impianti presentano una vetustà strutturale. Pensi, in un contesto montano, a quanto ammonta l’investimento per realizzare una nuova condotta forzata: chi ragionevolmente può affrontare la spesa senza avere il tempo di ammortizzarla e non sapendo – perché non c’è esperienza – che cosa succederà in fase di affidamento?

Facciamo un passo indietro: perché il nostro Paese è l’unico che a livello europeo ha adeguato la propria normativa?
Una procedura di infrazione riguardante questa materia è rimasta aperta per lungo tempo nei soli confronti dell’Italia. A un certo punto, probabilmente su sollecitazione di un operatore italiano, la Commissione ne ha aperte altre anche nei confronti di altri Stati membri. Ma tutte oggi risultano chiuse.
Quando la Commissione Europea chiude una procedura d’infrazione non emette un vero e proprio provvedimento con una motivazione, bensì dirama un comunicato stampa molto stringato. Nel nostro caso, sostanzialmente nel documento si legge che il settore idroelettrico ha un grande bisogno di investimenti e sottoporlo a gare porterebbe a una riduzione di questi ultimi. Nonostante, quindi, non sia più necessario dal punto di vista dell’applicazione del diritto europeo – almeno a giudizio della Commissione – procedere con le gare, l’Italia è l’unica ad essere andata avanti.[...]

PER LEGGERE L'ARTICOLO COMPLETO ABBONATI ALLA RIVISTA

© nuova-energia | RIPRODUZIONE RISERVATA

 
© 2005 – 2024 www.nuova-energia.com