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L’Italia tra sicurezza energetica e transizione ecologica Stampa E-mail

L’Italia tra sicurezza energetica
e transizione ecologica

di Guido Bortoni / Presidente CESI

SICUREZZA E TRANSIZIONE POSSONO PROCEDERE DI PARI PASSO, SENZA ECCESSI NÉ STRAPPI AL TESSUTO ECONOMICO-SOCIALE DELL’ITALIA. STA ALLE POLICY E AL MERCATO TROVARE NON TANTO OBIETTIVI AMBIZIOSI, QUANTO PERCORSI CREDIBILI E REALIZZABILI

Per diversi anni, sino alla crisi energetica iniziata nel settembre 2021, la decarbonizzazione ha rappresentato l’obiettivo largamente prevalente tra quelli primari indicati dall’Unione Europea per il settore energetico del nostro continente. Ricordiamo i numerosi pacchetti legislativi e di policy europee.
Da ultimo, spicca il Fit for 55, del luglio 2021, in cui, nel percorso verso le emissioni zero nel 2050, la sicurezza delle forniture e l’affordability (prezzi dell’energia sostenibili per i consumatori e anche competitivi per le imprese) sono perseguite facendo leva, in gran parte, sulle risorse rinnovabili. Ciò perché disponibili sul territorio europeo e visti anche i loro bassi costi di investimento crollati del 70-80 per cento nel 2019.

Semplificando, il trilemma europeo dell’energia appare risolto secondo un paradigma in cui il target della sostenibilità climatico-ambientale tira la volata per tutti, trainando i due gregari a ruota: sicurezza e affordability. Sempre al 2050, l’UE ipotizza che in Europa la parte molecolare degli usi finali diverrà minoritaria a vantaggio del vettore elettrico, con quest’ultimo al 55 per cento rispetto al 22 per cento di oggi. Mentre nel 2030 il vettore elettrico arriverà fino al 30 per cento dei consumi finali e verrà prodotto per il 70 per cento da rinnovabili, oggi siamo al 35 per cento.

Con l’invasione russa dell’Ucraina ci si è accorti, però, che in Europa la situazione è ben più complessa. L’aggettivo più utilizzato a Bruxelles per rappresentare questa situazione è unprecedented - senza precedenti, una complessità senza precedenti. In effetti, il punto di partenza della roadmap verso la completa decarbonizzazione, collocato nei nostri giorni, è troppo lontano dall’obiettivo finale al 2050. Anche la tappa intermedia al 2030 non
è facile da raggiungere perché le economie dei Paesi membri della UE sono ancora basate principalmente sulle risorse molecolari fossili, in gran parte importate purtroppo per noi. L’Italia non fa davvero eccezione, infatti:

    • importiamo il 93 per cento del petrolio che consumiamo;
    • importiamo oltre il 95 per cento del gas naturale che ci serve;
    • non abbiamo energia nucleare;
    • l’idroelettrico è la prima vittima della siccità causata proprio dal climate change;
• il tasso di crescita delle rinnovabili (sole e vento in primis) aumenta di certo ma, da solo, a questi ritmi non permette di rimpiazzare le fonti fossili nei tempi auspicati.

Per fronteggiare questa situazione, la UE ha emanato a maggio 2022 il pacchetto REPowerEU in cui è stato rivisto il paradigma al 2030 con i primi effetti già al 2026, non in contraddizione con i piani già definiti bensì immaginando un riorientamento tempestivo delle policy su tre pilastri.
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