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Comunità energetiche: tecnologia, economia, paradossi Stampa E-mail

Comunità energetiche: tecnologia,
economia, paradossi

di Gianguido Piani

IL PRINCIPIO DELLE COMUNITÀ ENERGETICHE È SEMPLICE, COSÌ COME I PRINCIPALI OBIETTIVI DICHIARATI: AUMENTARE LA GENERAZIONE DISTRIBUITA E FORNIRE BENEFICI AMBIENTALI, ECONOMICI E SOCIALI ALLA COMUNITÀ.
LE BUONE INTENZIONI SI SCONTRANO PERÒ CON ASPETTI TECNOLOGICI, ECONOMICI E ORGANIZZATIVI


La Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti conta 1.338 parole, 8.083 caratteri spazi inclusi. Su Nuova Energia sarebbero due pagine e mezza, lasciando spazio alle illustrazioni. Le 95 tesi di Martin Lutero prendono nell’originale tedesco 15.541 caratteri mentre è molto più sintetico il Cantico delle creature, 259 parole, 1.518 caratteri. Testi brevi, con un messaggio chiaro, che hanno orientato per secoli e continuano a indirizzare la storia mondiale.

La legge tedesca sull’energia Energiewirtschaftsgesetz del 1935, in vigore fino agli anni ‘90, contiene 19.145 caratteri. La legge sulla formazione dell’Enel del 1962 occupa sei pagine di Gazzetta Ufficiale, 15 articoli per un totale di 5.434 parole e 36.453 caratteri. La resilienza di sistemi elettrici sviluppati con queste leggi di riferimento e funzionanti ancora oggi testimonia la bontà della loro impostazione iniziale.

Veniamo ai nostri giorni. La Direttiva UE 2018/2001 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili RED II, che serve da riferimento anche per le comunità energetiche, conta 42.033 parole e 282.781 caratteri senza considerare gli allegati. L’equivalente di otto leggi Enel, 35 Dichiarazioni di Indipendenza o 1.729 tesi di Lutero - e parla solo di rinnovabili! Con gli allegati fanno 128 pagine di Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, in caratteri minuscoli.
In confronto è più conciso il Decreto legislativo nazionale di attuazione n. 199/2021, 27.640 parole e 183.289 caratteri senza allegati. Una direttiva UE sulla semplificazione del linguaggio quasi certamente richiederebbe almeno centomila parole e ottocentomila caratteri.

Se quantità verbale fosse uguale a qualità sostanziale l’Europa avrebbe raggiunto da un pezzo l’indipendenza energetica a emissioni zero, gratis.
Ma la realtà è ben diversa: questa è la Direttiva che ci ritroviamo e sulla base della quale occorre agire. Nel testo che segue le comunità energetiche definite nella RED II e nella legge italiana di recepimento sono esaminate alla luce della loro fattibilità tecnologica e utilità pratica, a maggior ragione nell’attuale situazione di crisi.

Comunità per l’energia
Il principio delle comunità energetiche è semplice. Due o più cittadini, aziende o altre organizzazioni, anche enti locali, possono unirsi per costruire impianti a energia rinnovabile e sfruttare questa energia per coprire almeno in parte i propri consumi direttamente e al di fuori di transazioni di mercato.
Dalle comunità sono escluse solo società che operano principalmente nel settore energetico. Lo scambio di energia tra i partecipanti ha luogo sfruttando la rete pubblica di distribuzione.

La Direttiva RED II definisce due tipi di comunità energetiche: gli autoconsumatori di energia da fonti rinnovabili (articolo 21) e le comunità di energia rinnovabile (articolo 22). La Direttiva 2019/944 sui mercati elettrici nell’articolo 16, recepito dal Dlgs. 210/2021 articolo 14, introduce inoltre le comunità energetiche dei cittadini, quasi delle società elettriche in piccola scala che possono anche possedere e gestire autonomamente reti di distribuzione.[...]

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