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La caduta dei miti e la scoperta dell’energy security Stampa E-mail

La caduta dei miti e la scoperta
dell’energy security

di Monica Tommasi / presidente Amici della Terra

L’IMPATTO CON LA GUERRA HA COSTRETTO L’OPINIONE PUBBLICA EUROPEA AD UN BAGNO DI REALISMO, A FARE I CONTI CON L’INCERTEZZA DEGLI APPROVVIGIONAMENTI E L’AUMENTO DEI PREZZI. SERVONO NUOVE POLITICHE PER GARANTIRE SICUREZZA ENERGETICA E DECARBONIZZAZIONE

Scopriamo improvvisamente, e in situazione di emergenza, che accanto agli obiettivi di decarbonizzazione occorre garantire la sicurezza energetica per tutto il periodo di transizione e che esso non sarà breve. Siamo costretti a prendere atto che alla base della sicurezza energetica ci devono essere fonti di energia costante, certa, di utilizzo flessibile.

Che, in assenza di nucleare, queste caratteristiche sono ancora oggi quelle dei combustibili fossili e che, non a caso, la corsa ad assicurare nuove forniture di gas in sostituzione di quelle russe è stata, comprensibilmente, la prima preoccupazione dei governi. Che, in Italia, 15 anni di sussidi e di attenzione quasi esclusiva allo sviluppo di fonti rinnovabili intermittenti hanno consentito, nel 2021, di coprire solo il 3,4 per cento dei consumi finali di energia (1,79 Mtep di eolico e 2,14 Mtep di fotovoltaico) e che questo sforzo si è rivelato inutile di fronte all’emergenza.

Che, anche in Germania, il programma Energiewende, con i maggiori investimenti in Europa nello sviluppo di nuove rinnovabili, rivela ora la propria incapacità di alimentare in modo adeguato l’economia tedesca, tanto da rendere indispensabile l’ampliamento di nuove estese miniere di lignite a cielo aperto e di un conseguente rialzo di emissioni, anche quelle dannose per il clima.
Tutto ciò non emerge affatto in un dibattito esplicito, meno che mai a livello politico. Anche considerando che nel nostro Paese la politica energetica e quella climatica sono sostanzialmente dettate dall’Europa che, su questi temi, nonostante le vistose contraddizioni, sembra soffrire delle stesse infatuazioni ideologiche di cui è affetta l’Italia.

Tuttavia, cominciano a manifestarsi alcuni segnali di consapevolezza che le politiche emergenzialiste, basate su forzature, ottengano sistematicamente il risultato opposto rispetto agli obiettivi dichiarati. Anche la COP27 in Egitto ha registrato un calo di massimalismo e un progresso degli impegni migliorativi. L’andamento contraddittorio è stato espresso con efficacia dalla delusione del Commissario europeo Timmermans che non ha trovato terreno favorevole all’ennesimo tentativo di alzare l’asticella degli obiettivi di decarbonizzazione in modo velleitario e ha dovuto prendere atto di una leadership europea in affanno difronte alla volontà delle potenze emergenti di dettare le proprie scadenze e i propri interessi di sviluppo.

Fortunatamente, il bilancio finale è stato segnato dai passi positivi verso la costituzione di un fondo di intervento che offrirà supporto finanziario ai Paesi maggiormente colpiti da disastri climatici e ambientali, aiutandone la ripresa. Ma è ancora più importante che a Sharm el Sheik, al di fuori dell’ingessatura delle procedure dell’IPCC, abbia continuato a crescere l’impegno per abbassare le emissioni dirette di metano da parte dei Paesi che un anno fa avevano lanciato il Global Methane Pledge (GMP) con l’impegno alla riduzione del 30 per cento rispetto al 2020 di tutte le emissioni di metano. [...]

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