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GNL, il nuovo signore del mercato Stampa E-mail

GNL, il nuovo signore del mercato

di Giuseppe Gatti

PER INERZIA E CONFORMISMO SI CONTINUA A PROCLAMARE LA PRIORITÀ ASSOLUTA DELLE RINNOVABILI, MA SAPPIAMO BENE CHE IL SUPERAMENTO DELLA BARRIERA DELLO STOCCAGGIO È ANCORA LONTANO E CHE LA STABILITÀ DEL SISTEMA ELETTRICO PER DIVERSI ANNI ANCORA RIMANE AFFIDATA AL TERMOELETTRICO, CIOÈ AL GAS

Sul finire del 2022, in non casuale concomitanza con il Consiglio Europeo dell’energia del 19 dicembre che ha posto un tetto al gas (di così macchinosa applicazione che probabilmente non scatterà mai, ma che è stato un efficace messaggio ai mercati), si è innescata un’inversione nel ciclo dei prezzi delle commodity energetiche.

Dopo quasi due anni in cui una infernale spirale al rialzo aveva portato a quotazioni insostenibili per la tenuta non solo delle economie, ma delle società europee, con il gas naturale giunto nell’estate scorsa a 350 euro/MWh e l’energia elettrica oltre gli 800 euro/MWh, nell’ultimo mese abbiamo avuto un improvviso raffreddamento dei prezzi che, stando ai futures, sembrano stabilizzarsi nei prossimi mesi sui livelli attuali, con un gas tra i 55 e i 65 euro/MWh.

Da più parti si incomincia quindi a pensare che la crisi energetica che ha caratterizzato gli ultimi anni sia avviata alla sua conclusione e che sia prossimo un ritorno alla normalità, intendendo come tale il ben conosciuto mondo di ieri. Insomma, una sorta di crociano heri dicebamus applicato alla globalità del sistema energetico.

Questa interpretazione parentetica della tempesta globale che abbiamo attraversato è un vistoso errore concettuale (analogo per l’appunto a quello di Croce) che dimostra la necessità di rielaborare le nostre mappe mentali e di saper guardare con occhi nuovi una realtà profondamente mutata nei suoi elementi strutturali, economici e geopolitici.

Mettiamo intanto in chiaro che, pur ridimensionati, i prezzi attesi per il 2023 e il 2024 non ci riportano comunque allo stato precedente alle due crisi vissute negli ultimi tre anni, quella della pandemia da Covid-19 prima, con una profonda caduta della domanda e dei prezzi e quella dell’aggressione russa all’Ucraina poi. Sul piano militare il conflitto inizia il 24 febbraio del 2022, ma viene preparato (come aveva giustamente visto l’intelligence americana) dalla primavera-estate del 2021, quando incominciano a lievitare i prezzi del metano, che Gazprom fa salire con progressive restrizioni nell’offerta dai 20 euro/ MWh di aprile ai 110 euro/MWh di dicembre.

Il Cremlino accumula così le risorse per finanziarie «l’operazione militare speciale» da scatenare contro l’Ucraina. Per avere un punto di riferimento, ricordiamo che al 16 gennaio 2020 la quotazione spot del gas sul TTF era a 11 euro/MWh, con il PUN a 52 euro/MWh e oggi siamo con il gas sui 60 euro/ MWh e il PUN tra i 160 e i 180 euro/MWh, livello analogo a quello di settembre 2021 ed è difficile che nei prossimi anni i prezzi possano scendere sotto i 40 euro/MWh, a cui corrisponde un costo dell’energia elettrica sui 100 euro/MWh.

Questa è la prima conseguenza del cambiamento strutturale che le scelte di Putin hanno prodotto sui mercati dell’energia, e in particolare su quello del gas, rompendo la tradizionale distinzione che ha sempre retto i rapporti tra la Russia e l’Occidente, tra la dimensione commerciale e quella politica.

Anche negli anni della Guerra Fredda, quando più aspra era la confrontation, l’URSS ha sempre rispettato i contratti e non ha mai usato a fini politici le sue esportazioni di gas e petrolio, come di derrate agricole. Con Putin invece abbiamo avuto un ripetuto utilizzo delle forniture energetiche, prima in termini di pressione politica, poi facendo del gas un vero e proprio strumento bellico, a complemento dell’arsenale militare tradizionale.[...]


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