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Meno slanci, più concretezza ed efficacia normativa Stampa E-mail

Meno slanci, più concretezza
ed efficacia normativa

di Roberto Napoli / professore emerito Politecnico di Torino

NELL’INCERTEZZA DI PIANI TANTO AMBIZIOSI QUANTO SEMPRE PIÙ IRREALISTICI, NON MANCANO SIA SUL LATO DELL’OFFERTA CHE SU QUELLO DELLA DOMANDA IMPRENDITORI CORAGGIOSI E VISIONARI E DISPONIBILITÀ
DI FONDI. MA SONO LE NORME AD ARRANCARE

Tempi duri per la transizione energetica, principalmente basata su fotovoltaico ed eolico. Ambedue i tipi di energia transitano attraverso l’aria. Per curiosa analogia, anche i piani di realizzazione della transizione sono per una consistente parte campati per aria. Prevale il furore ideologico e l’ansia (comprensibile) di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione il più presto possibile. Nascono così piani irrealistici, con tempistiche velleitarie che non tengono conto di ciò che è davvero possibile.

Nella teoria appaiono continue accelerazioni, inesorabilmente seguite da una pratica che procede in direzione contraria. Lo scostamento fra i programmi e la realtà è impressionante. Il grosso guaio è che nessuno sa come trasformare in concretezza i piani per frenare tempestivamente l’aumento del riscaldamento globale almeno a 1,5 °C entro il 2050.

Con il trend attuale, le emissioni di CO2 in ambiente, oggi pari a 34 miliardi di tonnellate (Gt), resteranno sostanzialmente costanti sino al 2050, periodo nel quale, secondo i piani, dovrebbero invece scendere a 9,5 Gt. Analogamente l’uso delle fonti fossili, attualmente pari a circa 480 Exajoule (EJ), 480 miliardi di miliardi (trilioni) di J, con il trend attuale scenderebbero a 440 EJ nel 2050, mentre per quel periodo i piani prevedono invece non più di 130 EJ (IRENA Global Renewables Outlook 2020). Le riduzioni globali ipotizzate sono imponenti e in tempi più che rapidi, ma interessano sistemi nazionali diversissimi per caratteristiche, esigenze e conseguenti sacrifici.

A complicare le cose è sopraggiunto il fatto che l’energia da fonte fossile è diventata un’arma bellica, di fronte alla quale non vale andare tanto per il sottile, alla faccia della decarbonizzazione. Si sono riaccese le centrali a carbone. Si riattivano le centrali nucleari. Si va a caccia di gas naturale dappertutto. Si appannano le sensibilità ambientalistiche.

Rimane tanta nebbia sulla problematica energetica, ma comincia a esserci qualche segno di resipiscenza realistica. L’Unione Europea ha fatto chiarezza sulla tassonomia praticabile, inserendo a pieno titolo il gas (pulito) e il nucleare fra le fonti considerate green. La questione del nucleare è particolarmente delicata, soprattutto per il nostro Paese dove ormai si qualifica sempre più non come un’opzione ma come una necessità, per non cadere nella trappola di una indipendenza energetica altrimenti impossibile.

Si sente parlare spesso a vanvera del nucleare a fusione, per il quale è attivo il costoso progetto internazionale ITER, che punta a costruire la macchina per la fusione più grande al mondo (anche perché non ne esistono di piccole).
Il progetto è giustamente irrinunciabile, ma qualche perplessità sui costi e sui risultati raggiunti comincia a rumoreggiare in sottofondo. I segnali di compiacimento per alcuni traguardi (il raggiungimento di temperature del plasma addirittura superiori a quella del sole) offrono un riscontro mediatico molto utile per la prosecuzione del progetto, ma rimaniamo molto lontani dalla prospettiva a medio termine di una centrale nucleare a fusione.[...]

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