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Il nucleare che verrà Stampa E-mail

Il nucleare che verrà

di Alessandro Clerici

LA TRANSIZIONE ECOLOGICA SARÀ DOMINATA DAI PAESI NON OCSE CON GRANDE FABBISOGNO DI ENERGIA PER IL LORO SVILUPPO. SE NON SI CAMBIA STRATEGIA, IL PUR IMPORTANTE IMPEGNO DELLA COMUNITÀ EUROPEA – ANCHE IN VISTA DI UNA COMPLETA DECARBONIZZAZIONE AL 2050 – PORTERÀ UN CONTRIBUTO MINIMALE A LIVELLO GLOBALE

Il 2 febbraio 2022 la Commissione europea ha presentato la sua proposta per inserire il gas naturale e il nucleare nella tassonomia UE, la classificazione degli investimenti sostenibili che dovrebbero contribuire a realizzare gli obiettivi del Green Deal. Proposta che è il frutto di un grande scambio tra Francia e Germania: Parigi ha avuto il nucleare, Berlino ha ottenuto il gas.

Il presidente francese Emmanuel Macron non ha esitato a rimbrottare le critiche provenienti da alcuni Paesi europei, sottolineando la dimensione strategica dell’atomo. “Il riconoscimento del nucleare come fonte a basse emissioni è importante ed è coerente in termini di durabilità e di sovranità. Per uscire dal carbone, si utilizza il gas o il nucleare. E l’Europa non ha gas”. A questa evidenza – l’Europa non ha gas – fanno eco i dati pubblicati da Eurostat secondo cui il 25 per cento dell’elettricità in UE è prodotta da fonte nucleare.

Nel 2020 le centrali presenti in 13 Stati membri – 109 reattori operativi – hanno generato 683.512 GWh di elettricità. La Francia è il primo produttore, con il 52 per cento del totale, seguita dalla Germania e dalla Spagna (entrambe al 9 per cento) e dalla Svezia, che sale sul terzo gradino del podio con uno share del 7 per cento.Il 67 per cento dell’elettricità prodotta in Francia nel 2020 proviene da fonte nucleare. In Slovacchia non sono da meno (con il 54 per cento), così come in Ungheria (46 per cento) e Bulgaria (41 per cento).
Segue poi una serie di Paesi in cui l’atomo soddisfa il 30-40 per cento della produzione elettrica: Belgio (39 per cento), Slovenia (38 per cento), Repubblica ceca (37 per cento), Finlandia (34 per cento), Svezia (30 per cento). Chiudono la classifica dei 13 la Spagna e la Romania (rispettivamente al 22 e 21 per cento), con Germania (11 per cento) e Paesi Bassi (3 per cento) fanalino di coda.

Rinascimento nucleare?
Una possibile ripresa degli investimenti elettronucleari deve essere vista all’interno di scenari tecnologicamente neutrali e qualitativamente rilevanti, per una transizione ecologica ed energetica che consenta di costruire una società carbon free. All’interno dell’Unione Europea va quindi posta la questione di come i reattori ora in servizio – e con una estensione sicura della vita operativa – e possibili nuovi reattori possano fornire validi contributi per raggiungere gli obiettivi sfidanti al 2030 e 2050.[...]

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