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Il nodo dei rifi uti e della democrazia Stampa E-mail

Il nodo dei rifiuti e della democrazia

di Massimiliano Iervolino / segretario di Radicali Italiani

IL PNRR PREVEDE ENTRO IL 2030 LA COSTRUZIONE DI IMPIANTI RINNOVABILI PER UN TOTALE DI 70 GW, LA DIMINUIZIONE DEL DEFICIT IMPIANTISTICO DELLE REGIONI DEL CENTRO-SUD PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI E LA REALIZZAZIONE DI DEPURATORI IN CIRCA IL 30 PER CENTO DEI COMUNI ITALIANI. COME FAREMO?

Secondo l’ultima edizione del dossier Ecomafia di Legambiente, il Lazio ha i dati peggiori nel ciclo dei rifiuti e dello smaltimento illecito: 736 reati legati allo smaltimento dei rifiuti accertati nel 2020, 942 denunce, 36 arresti e 391 sequestri. Dati con i quali la Regione si piazza in seconda posizione dopo la Campania per reati nel ciclo dei rifiuti (era al terzo posto nell’edizione precedente). La gestione dei rifiuti in alcune Regioni è una questione spinosa all’ordine del giorno ma, potremmo dire, ormai all’ordine di anni e anni.
I Radicali sono stati i primi a parlare di debito ecologico, poiché oltre all’enorme debito pubblico l’Italia ha un altrettanto pesante fardello costituito dalla sommatoria di tutte quelle questioni ambientali che non riusciamo a risolvere da decenni: dalla bonifica dei siti di interesse nazionale alla mancata depurazione delle acque reflue, passando per il dissesto idrogeologico e per la pessima qualità dell’aria di innumerevoli zone del Paese, e finendo con la immonda gestione dei rifiuti del Centro e del Sud Italia.
Prendiamo allora il caso di Roma e del Lazio - che è sulle pagine di tutti i quotidiani - e quello di Napoli e della Campania che, sebbene dimenticato dalle cronache, è tutt’altro che risolto.

A Roma, ciclicamente, ci troviamo di fronte a un’emergenza rifiuti. I problemi maggiori sono legati al trattamento dei rifiuti indifferenziati, in esubero rispetto alle capacità degli impianti, e che non accennano a diminuire visto che contestualmente non si riesce a determinare una crescita reale e sostanziale della raccolta differenziata.
I rifiuti indifferenziati vengono trattati nei tre impianti TMB (trattamento meccanico-biologico) della Capitale e smaltiti nei termovalorizzatori e nelle discariche in giro per l’Italia. Ma il sistema impiantistico che serve Roma Capitale presenta fragilità, rigidità e precarietà che danno luogo a frequenti interruzioni di servizio e lasciano incombenti minacce di crisi nel ciclo di trattamento e smaltimento.
Il sistema è fragile, poiché si lavora sempre al limite delle capacità degli impianti, cosicché, alla rottura o alla momentanea indisponibilità anche di una sola linea di TMB, o stante l’impossibilità di avviare a termotrattamento per circostanze extraterritoriali (fermo impianti di incenerimento, di recupero o di smaltimento ubicati in altre Regioni e utilizzati dagli operatori della Capitale), il ciclo dei rifiuti di Roma può arrivare al collasso.

L’impossibilità di utilizzare le poche linee di trattamento e recupero disponibili, o di gestire in tranquillità gli accessi agli smaltimenti, hanno come immediata conseguenza l’impossibilità di svolgere ordinatamente i servizi di rimozione e raccolta dei rifiuti urbani dalle aree pubbliche.
In poche parole, le problematiche che sorgono ciclicamente legate al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti indifferenziati determinano il fatto che nessuno raccoglie la monnezza per strada perché, tecnicamente, non c’è posto per trattarla o non si sa dove smaltirla. Il 1° ottobre 2013, quando venne chiusa (giustamente) la discarica di Malagrotta, come Radicali denunciammo immediatamente che da quel momento in poi i romani avrebbero pagato costi elevatissimi poiché chi era stato al governo della città non aveva saputo e né voluto costruire un ciclo virtuoso dei rifiuti, affidandosi quasi esclusivamente alla grande buca. [...]


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