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Istruzione, Università e Ricerca: non siamo proprio messi bene Stampa E-mail

Istruzione, Università e Ricerca:
non siamo proprio messi bene

di Roberto Napoli / professore emerito Politecnico di Torino


LO STILE DEL GOVERNO DRAGHI HA SEGNATO UNA SVOLTA, ANCHE SE NON MANCANO LE OMBRE. FRA LE ZONE OSCURE RIENTRANO L’ISTRUZIONE E LA RICERCA. I DUE MINISTERI NON MOSTRANO PARTICOLARE EFFICACIA REALIZZATIVA E COMUNICATIVA

Manca ormai poco al primo compleanno del governo Draghi, insediatosi il 13 febbraio 2021 e da allora sostanzialmente in ottima salute. Il Paese aveva proprio bisogno di sentirsi confortato da una guida autorevole, a cui affidare le speranze di una vita normale contro le ammaccature di un sistema politico ridotto all’insipienza e all’inutile chiacchiericcio. I successi reali non sono mancati, dalla campagna di vaccinazione allo straordinario recupero economico. C’è però ancora tanto da fare.
Lo stile di lavoro (poche parole, molti fatti) ha segnato una svolta. Sembra che a ogni CdM ciascun ministro si veda consegnata una cartella con i compiti da svolgere entro la prossima riunione. Non è dato sapere se ciò sia vero o se sia la solita sviolinatura al potente di turno, ma il fatto stesso che se ne parli titilla i desideri onirici di chi vorrebbe un Paese finalmente funzionante secondo regole comprensibili e condivisibili.

Non siamo abituati a scadenze temporali. I finanziamenti europei sono invece legati al rispetto di deadline precise, alle quali non si possono opporre (speriamo) le solite geremiadi giustificatrici dei ritardi. Di conseguenza, al sistema italico vengono applicate delle sferzate di concretezza di cui si era perso il ricordo. Non mancano però le ombre, che richiederebbero interventi efficaci, con un maggior senso dell’urgenza. Fra le zone più oscure rientrano il sistema dell’istruzione e della ricerca, rimasti sin qui sottotono.
Può darsi che l’assillo dei tempi non abbia ancora consentito l’emergere di una chiara visione innovatrice. È però un fatto che i due Ministeri (dell’Istruzione da una parte e dell’Università e Ricerca dall’altro) non sembrano dimostrare particolare efficacia realizzativa e comunicativa. Al contrario, si nota qualche stecca fastidiosa.

Finalmente, grazie al Pnrr, si può mettere in cantiere l’ammodernamento delle strutture edili e informatiche. Ogni tanto arriva anche l’eco della solita infornata di posti, a tamponamento della inspiegabilmente cronica insufficienza del personale. Permane sempre il rischio dei concorsi burletta (alias sanatorie generose di precari, che tanto già insegnano e quindi perché disturbarli con verifiche fastidiose?) e degli esami burletta (perché affliggere i ragazzi già penalizzati da tante disgrazie, didattica a distanza inclusa?). Sono due cancri micidiali che insidiano ogni seria prospettiva futura. Per una strana distorsione mentale affiancata da un buonismo di facciata, parlare di valutazioni meritocratiche e di verifiche serie è diventato una sorta di estremismo intollerante. Tutto viene annacquato.

Prendiamo ad esempio il recente atto di indirizzo 2022 del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, per la promozione e il potenziamento dell’attività di valutazione delle scuole, dei dirigenti scolastici e del personale docente. Il documento è una lista di buone intenzioni, al limite dell’ovvietà. Manca però ogni riferimento allo stato pietoso del sistema. L’unico dato offerto alla riflessione è la necessità di ridurre il tasso di dispersione scolastico. Per il resto è tutta una linea guida di simpatiche promesse, che non parte dalla evidenziazione esplicita di ciò che non funziona e dei motivi del non funzionamento. Se non si parte dagli aspetti negativi o se ci sono reticenze nel riconoscerli, le azioni correttive rischiano di diventare pie aspirazioni. [...]


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