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Il dilemma delle scarpe col tacco Stampa E-mail

Il dilemma delle scarpe col tacco

di Carolina Gambino

IL MULTIFORME IDROGENO, TRASVERSALMENTE IMPIEGABILE DAI PROCESSI INDUSTRIALI AI TRASPORTI, NELLA STAGIONE 2020-2050 DEL GREEN DEAL SI PROPONE COME IL TUBINO NERO DI COCO CHANEL: IL SALVA-SITUAZIONE ADATTO DA MATTINA A SERA

Qualche anno fa, Vanity Fair prendeva in prestito il principio della chimica più famoso per commentare le tendenze delle passerelle milanesi. Non era certo la prima volta che la moda scomodava Lavoisier per spiegare i trend del momento, dal ritorno (oddio, no!) delle spallone imbottite al riciclo creativo-ambientalista di vecchi abiti.
Non se ne avranno quindi a male i fashionisti se per una volta è l’energia che attinge al frasario di costume: Green is the new black, titolano quotidiani e riviste, e l’idrogeno è uno dei capispalla nella vasta collezione di priorità a tinte verdi.
Come certi dettagli di stile, l’idrogeno l’abbiamo già visto. Nella mole impressionante di articoli, analisi, aneddoti, fatti scientifici e citazioni fantascientifiche, sulla storia dell’H2 c’è davvero l’imbarazzo della scelta. Ma è diventato trendy per una serie di ragioni. Tra le altre, dover fare di necessità virtù. O si cambia o si muore, sostiene una larga fetta di mondo. Cambiare pagina, ci ripetono, è necessario per alimentare il Pianeta con un’energia che non rischi di soffocarlo. Molto è stato fatto, troppo è ancora da fare. Servono soluzioni.
Il multiforme idrogeno, impiegabile trasversalmente dai processi industriali ai trasporti, nella stagione 2020-2050 del Green Deal si propone un po’ come il tubino nero di Coco Chanel: il salva-situazione versatile e adatto da mattina a sera, dall’ufficio al teatro.

Il salto di qualità
L’Unione europea ne è convinta. La neonata EU Strategy afferma che l’H2 può essere la carta vincente per colmare alcune delle lacune nella strada verso la decarbonizzazione: ripulire alcuni dei settori hard to abate, affiancare l’elettrico e gli e-Fuel nei trasporti. Una carta che ha attirato notevole attenzione in passato, ma non ha mai fatto il salto di qualità. I tempi però sembrano maturi e neppure l’orizzonte temporale quasi trentennale del domani a idrogeno scoraggia le aspirazioni europee.
L’allure futuristica dell’H2 sembra non sia stata scalfita nemmeno dalla catastrofe Covid. Hydrogen Europe - consesso di 260 aziende e 27 associazioni nazionali del settore idrogeno e fuel cell - esprimeva preoccupazioni nel rapporto di maggio 2020 Post-covid 19 and the hydrogen sector: era in pericolo lo sviluppo di un settore - quello dell’idrogeno pulito - giunto finalmente alla fase di pre-commercializzazione. L’onda pandemica minacciava di sommergere progetti in programma per un valore di 130 milioni di euro, con una perdita di ricavi di oltre 13 milioni in 10 anni solo per i produttori di elettrolizzatori europei. Tre i rischi evidenziati nel report: mancanza di liquidità dei technology provider, possibile accantonamento degli impegni ambientali da parte di un’Europa concentrata sulla gestione del virus, conseguente riluttanza degli investitori a puntare sulla tecnologia.
Ma così come, tra lungimiranza e ottimismo, non abbiamo smesso di comprare abiti eleganti nemmeno nella quotidianità di un lockdown in tuta da ginnastica, allo stesso modo l’Europa non ha accantonato il futuro a idrogeno nell’impellenza della pandemia. [...]

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