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ETS, la strada per la decarbonizzazione passa (anche) da qui Stampa E-mail

La strada della decarbonizzazione
passa (anche) da qui

di Stefano Moscarelli, Marco Borgarello, / RSE

EU ETS: UNA RIFLESSIONE SU COME SI È SVILUPPATO NEL CORSO DEGLI ANNI E COME EVOLVERÀ IL MECCANISMO, NATO NEL 2005, DA TEMPO NELL’OMBRA E CHE ORA STA DANDO SEGNALI DI VITA, STIMOLANDO L’INTERESSE DELLA FINANZA

Gli incontri internazionali di Roma (G20) e di Glasgow (COP26) hanno posto al centro delle loro agende il tema dei cambiamenti climatici e aperto la discussione su quali siano gli strumenti di policy più opportuni per contrastarli.
La considerazione di fondo è che la mancanza di un accordo internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra porti a politiche climatiche asimmetriche che non solo aumentano il costo della riduzione delle emissioni, ma diminuiscono anche l’efficacia della politica climatica, stimolando il carbon leakage, ovvero la tendenza a spostare la produzione ad alta intensità di CO2 in aree senza costi ambientali.
Tali politiche, infatti, possono avere conseguenze importanti per la competitività o la redditività delle imprese, specialmente all’interno dell’Unione Europea in cui, dal 2005 è a regime l’Emissions Trading System (EU ETS), che costituisce la risposta europea agli obiettivi fissati col Protocollo di Kyoto del 1997. In estrema sintesi il sistema si basa sull’idea di Cap&Trade, ovvero di imporre un Cap totale, un tetto alle emissioni di CO2 per i principali settori energivori, destinato a ridursi progressivamente nel tempo, le cui quote sono ripartite fra gli stakeholder sul principio del mercato Trade, che definisce un segnale di prezzo sulla convenienza ad agire come buyer o seller.

L’EU ETS, come noto, ha subito negli anni successive modifiche per aggiornare i propri obiettivi di riduzione della CO2 alle politiche europee, sempre più stringenti in ottica di decarbonizzazione ed emissioni. Tale scelta è stata ancora confermata dall’ambizioso programma Fit for 55 che pone l’EU ETS come strumento per raggiungere, entro il 2030, una riduzione di almeno il 55 per cento delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990 (il precedente Quadro per il clima e l’energia 2030 fissava tale percentuale al 40 per cento), fino a raggiungere un livello di emissioni nette pari a zero entro il 2050.

Alla luce dunque di questa scelta, merita una riflessione l’analisi di come si sia sviluppato tale meccanismo nel corso degli anni. A tal proposito RSE ha ripercorso l’analisi dell’andamento del prezzo dei permessi di emissione dal 2005 ad oggi per ricostruire la narrazione del meccanismo.
Dal 2005 al 2008 il prezzo della CO2 è stato accompagnato da una serie di criticità legate all’allora funzionamento del meccanismo (grandfathering nell’allocazione dei permessi gratuiti, assegnazione quote ai produttori di energia elettrica, utilizzo dei crediti internazionali di carbonio generati nell’ambito del Protocollo di Kyoto) che ha generato negli anni un notevole surplus di quote disponibili sul mercato e che raggiunge il suo massimo nel 2014, comportando una forte depressione del prezzo, con valori inferiori a 10 euro/tonnellataCO2.
Le correzioni al sistema, introdotte con la fase 3 del meccanismo partita nel 2013 (passaggio dal grandfathering al benchmarking nella distribuzione delle quote gratuite e fine dell’assegnazione di quest’ultime ai produttori di energia elettrica) e l’applicazione del cosiddetto backloading (posticipazione della messa all’asta di 900 milioni di quote relative agli anni 2014-2016 al biennio 2019-2020), hanno contribuito a una prima leggera ripresa del valore delle European Union Allowances (EUA).

L’obiettivo del backloading, ossia la riduzione del numero di quote in circolazione così da stimolare una ripresa della domanda, è stato perseguito nuovamente, ma in maniera molto più rilevante, con l’introduzione della Market Stability Reserve (MSR). Tale risorsa, nata per aumentare la stabilità del sistema, consente infatti di adeguare l’offerta di quote da mettere all’asta al numero totale di permessi in circolazione. In caso di elevato surplus di quote disponibili, una quantità fissata in base a determinate soglie viene ritirata dal mercato, viceversa in caso di deficit iniziale. L’annuncio dell’introduzione della MSR, prima ancora dell’effettivo avvio nel gennaio 2019, e della fine dei negoziati sulla riforma dell’ETS con la fase 4 (periodo 2021÷2030), hanno spinto progressivamente il prezzo verso l’alto fino a circa 30 euro/tonnellataCO2.
Tornando a un più recente passato, si può notare l’effetto della pandemia sul prezzo della CO2. Il calo del valore nel 2020 - dovuto alla situazione critica dal punto di vista sanitario e, di riflesso, sul piano economico e industriale - è sicuramente visibile. Il sistema però è stato in grado di assorbire e superare in breve tempo questo momento di shock e, sia le politiche messe in atto negli anni precedenti (vedi Market Stability Reserve), sia le previsioni sul futuro del meccanismo, hanno sostenuto il valore delle EUA, non facendolo precipitare nuovamente verso i minimi storici.

Tuttavia, la fase più interessante da investigare e cercare di comprendere risulta essere quella successiva al marzo 2020. Superato infatti un primo momento di incertezza legato all’esplosione della pandemia, il prezzo delle EUA è progressivamente cresciuto fino ad arrivare ai massimi storici delle recenti settimane, superando gli 80 euro/tonnellataCO2. Le motivazioni che hanno portato a questa notevole crescita sono molteplici e note, ma risulta difficile quantificare quanto ciascuna possa aver contribuito rispetto alle altre.
In primo luogo, ancora una volta, le evoluzioni normative già definite e quelle in discussione hanno avuto e avranno un ruolo fondamentale nell’andamento del prezzo. Da pochi mesi, infatti, è partita la fase 4 del meccanismo che durerà fino al 2030 e prevede una serie di modifiche tecniche volte ad abbassare progressivamente il tetto massimo di emissioni consentite sul territorio europeo, così da raggiungere gli obiettivi prefissati e ridurre il numero di quote gratuite distribuite ai soggetti coinvolti, al fine di stimolare le imprese e i grandi emettitori a realizzare interventi di decarbonizzazione sui propri impianti. In tal senso vanno quindi letti l’incremento del Linear Reduction Factor (LRF) passato da 1,74 per cento a 2,2 per cento, il rafforzamento della percentuale di quote destinate alla MSR (dal 12 al 24 per cento fino al 2023), la revisione periodica dei benchmark di riferimento, l’assegnazione di quote gratuite più allineata ai livelli di produzione effettivi e la riduzione dei settori considerati a rischio carbon leakage.

Iniziativa quest’ultima il cui effetto resta comunque da valutare, dato che - come segnalato dalla Relazione della Corte dei conti Europea del 2020 - nonostante sia prevista l’esclusione di più di 100 tra settori e sottosettori dal cosiddetto rischio di carbon leakage, la percentuale di emissioni industriali dell’UE coperta dall’elenco di rilocalizzazione resterà comunque del 94 per cento (alla fine della fase 3 era pari al 98 per cento).
Come anticipato, molte delle modifiche elencate potrebbero essere inoltre inasprite se venissero approvate le riforme proposte dalla Commissione a luglio 2021 per raggiungere gli obiettivi della Legge sul Clima. Come accaduto in passato, le previsioni basate su obiettivi sempre più stringenti lasciano ipotizzare un mercato futuro caratterizzato da una riduzione dell’offerta a fronte di un aumento della domanda, spingendo verso l’alto la quotazione delle EUA. In tale contesto, è probabile che molti operatori, in particolar modo i produttori di energia elettrica, si stiano coprendo acquistando oggi un quantitativo di permessi tale da soddisfare i propri obblighi futuri, come ad esempio ha annunciato la compagnia elettrica tedesca RWE, contribuendo al clima di percepita scarsità.

L’attenzione e l’attesa rivolte agli sviluppi futuri del meccanismo non bastano però, da sole, a spiegare la recente impennata del valore dei prezzi dei permessi. A tale situazione si aggiunge infatti il crescente interesse della finanza al mercato della CO2. Come evidenziato in un’analisi effettuata da Nomisma Energia (Dinamiche dei prezzi dell’EUA, contrasto alla speculazione, efficienza del mercato e costi per l’industria italiana, 2021), ad esempio, il numero di fondi di investimento presenti sul mercato delle EUA è passato, da metà 2020 ad aprile 2021, da 150 a circa 250. Le recenti politiche dell’UE legate agli obiettivi del Green Deal hanno attirato un notevole numero di investitori, pronti a scommettere su futuri rialzi dei prezzi della CO2 e sulla volatilità dei prezzi stessi. Un meccanismo troppo sbilanciato verso logiche di speculazioni ad opera di trader esperti ridurrebbe sempre più il ruolo e l’influenza dei soggetti obbligati (produttori di energia elettrica e grandi emettitori industriali), tradendo il fine ultimo per cui il sistema era nato, ossia il raggiungimento dei target di decarbonizzazione.

Allo stesso tempo, un sistema soggetto a forte volatilità e svincolato da valori di riferimento energetici e tecnologici rischia di essere facilmente esposto alle critiche, come avvenuto di recente, in occasione del dibattito nato in seguito alle previsioni sui rincari delle bollette di energia elettrica e gas per l’ultimo trimestre 2021. In tale contesto, i risultati contrastanti raggiunti al G20 di Roma testimoniano la difficoltà nel trovare un accordo su obiettivi climatici condivisi a livello mondiale, col rischio di vedere depotenziata la politica europea nell’ambito della transizione ecologica e i relativi strumenti, tra cui l’ETS.

Quest’ultimo è sicuramente un meccanismo complesso che coinvolge una molteplicità di soggetti, sistemi e interessi, ragion per cui gli effetti e gli sviluppi non sono prevedibili con esattezza a priori. Tuttavia, tali effetti ricadono in vario modo sulla vita di tutti i cittadini e le imprese europee. Per questo motivo, l’auspicio è che i futuri lavori in sede di Consiglio ed Europarlamento per arrivare all’approvazione del pacchetto Fit for 55 siano l’occasione per migliorare gli aspetti critici del meccanismo, senza cedere alle pressioni interne e giungendo a un accordo condiviso che possa permettere di realizzare obiettivi di decarbonizzazione realisticamente sostenibili dal punto di vista tecnologico ed economico.

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